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Il fallimento non esiste, parola di Giannis Antetokounmpo

Il fallimento non esiste, è solo un passo verso il successo: una rilettura personale delle parole di Giannis Antetokounmpo cestista greco di origini nigeriane dei Milwaukee Bucks. 

Raramente le interviste degli uomini di sport riescono a far rumore. Spesso, i loro discorsi seguono degli schemi precostituiti, risultando ripetitivi, poveri di contenuto e noiosi. Capita però che questa imperante monotonia venga rotta dalle parole di qualcuno che riesce a uscire dagli schemi e a mettere l'accento su tematiche importanti, che talvolta risultano trasversali ad altri sport, o addirittura applicabili ad ambiti della vita quotidiana.

Questa volta sono state le parole di Giannis Antetokounmpo a catturare la mia attenzione, e credo che queste dovrebbero essere fatte leggere o ascoltare a tutti i ragazzi che si approcciano a un qualsiasi tipo di sport, ma volendo anche in ambito scolastico e lavorativo.

Prima di tutto, però, chi è Giannis Antetokounmpo?

Si tratta del cestista greco con cittadinanza nigeriana che dal 2013 gioca per i Milwaukee Bucks, di cui è anche attualmente il miglior marcatore della storia. Nel 2021 ha contribuito in modo decisivo a riportare la squadra di Milwaukee alla vittoria dei playoff di NBA dopo ben cinquant'anni di attesa (l'ultimo trionfo risaliva addirittura al 1971). Quest'anno Antetokounmpo e compagni erano tra i favoriti per il successo finale, e invece si sono dovuti arrendere al quinto incontro del primo turno dei playoff contro i Miami Heat.

Dopo l'inaspettata batosta, in conferenza stampa il giocatore più iconico dei Milwaukee ha risposto in questi termini al giornalista che gli ha chiesto se il brutto risultato conseguito fosse un fallimento.

«Mi hai già fatto la stessa domanda lo scorso anno... Tu ricevi una promozione ogni anno nel tuo lavoro? No, giusto? Ogni anno consideri allora il tuo lavoro un fallimento? No, vero? Ogni anno lavori per raggiungere un obiettivo, per esempio ottenere una promozione, prenderti cura della famiglia, dare loro una casa, aiutare i genitori. Non è un fallimento, ci sono sempre passi da fare per raggiungere il successo. Michael Jordan ha giocato 15 anni e ha vinto 6 campionati, gli altri 9 allora sono stati un fallimento? No, vero? Allora, perché mi fai questa domanda? È la domanda sbagliata. Non esiste fallimento nello sport: ci sono giorni buoni e altri meno buoni, giorni in cui hai successo e altri dove non riesci a ottenerlo, giorni in cui è il tuo turno e altri in cui non lo è. Questo è lo sport. Non si vince sempre. Ci sono anche gli altri, e quest'anno vincerà qualcun altro. Il prossimo anno cercheremo di fare meglio per provare a vincere il campionato. Dal 1971 al 2021 non lo abbiamo vinto, sono quindi stati cinquant'anni di fallimento? No, non lo sono stati. Sono stati passi per raggiungere il trionfo. Siamo stati in grado di vincere un campionato, proveremo a vincerlo di nuovo».

Credo che il messaggio di Giannis Antetokounmpo apra un interessante scenario di dibattito, che esce dai confini del basket per diffondersi a macchia d'olio su tutti gli altri sport, e persino sulla società di oggi. Ci troviamo in un periodo storico impregnato di ideali capitalistici, volti al costante progresso e alla continua competizione per il raggiungimento di obiettivi. Viviamo quindi in un'epoca in cui il risultato finale è indispensabile: lo raggiungi, allora sei forte; non lo raggiungi, sei scarso e quindi hai fallito. Questo pensiero porta in sé molti rischi, tra cui quello di smarrire il significato delle cose veramente importanti nella vita, come la famiglia e l'affetto per le persone care. L'ossessione per il risultato, per l'obiettivo da raggiungere a tutti i costi, tende anche a sminuire l'importanza del percorso intrapreso, costituito da programmazione, lavoro quotidiano, dedizione, errori, passi in avanti e eventuale aggiustamento della strategia iniziale.

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La frenesia, il continuo e incessante progresso, la costante necessità di far quadrare i conti, la spasmodica ricerca di un risultato positivo sono diventati alcuni dei tratti, quasi patologici, della società capitalistica di oggi. Tutto ciò ha portato a mettere in secondo piano quegli aspetti che non generano profitti immediati, e che quindi non sono così importanti per l'uomo di oggi: mi riferisco a valori positivi come una giusta moralità, il rispetto per l'altro, la cultura, l'emozione e la passione.

La società del "risultato finale", del "tutto e subito", del "progresso" ha portato anche a un pericoloso abuso del termine "fallimento". Fallire sembra non essere più ammesso al giorno d'oggi, come se non ci fosse tempo da perdere, come se dovessimo ottenere tutto e subito. Questo, però, rischia di essere un messaggio pericoloso, nei confronti di tutti e principalmente delle nuove generazioni, perché carica tutti noi di ansie e stress eccessivi e spesso inutili; perché attribuisce minor importanza al percorso rispetto al risultato raggiunto; perché ci porta a trascurare le cose veramente importanti della vita come, per esempio, la famiglia; perché provoca in noi lo smarrimento del senso della fatica e della perseveranza per il raggiungimento di un obiettivo; perché sminuisce il valore del traguardo raggiunto dato che subito dopo ce ne sarà da ottenere subito un altro, e un altro, e un altro ancora...

Se non aveste ancora sentito l'intervista, vi invito a farlo perché le parole di Giannis offrono un ottimo spunto di riflessione sul modo di affrontare lo sport e la vita: non sempre si può vincere, ci sono anche altre persone che, così come me, come te, come noi, stanno profondendo il massimo delle loro forze per raggiungere un obiettivo. A volte avrò successo io, a volte te, a volte loro. A volte sarà il mio turno per gioire, altre volte no. Il fallimento non esiste, è solo un passo in avanti verso il successo, sia nello sport sia nella vita.

Marco Fontanelli

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