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La fiaba del Derthona Basket, dai campi all’aperto alla finale di Coppa Italia

La Frecciarossa Final eight di Pesaro va all'AX Olimpia Milano di Armani, ma la Bertram Derthona si regala il sogno di una finale che parte da lontano. Ripercorriamone la storia 

 Chi si fosse collegato intorno alle 19.00 per vedere la Coppa Italia di basket, si sarebbe stupito di vedere come la sfidante dell'AX Olimpia Milano fosse una squadra bianconera diversa dalla Virtus Bologna. In campo c'era la Bertram Derthona Basket, che addirittura finiva il terzo quarto sotto di sei punti, giocandosi una partita che sembrava scontata. Ma le Final eight regalano sempre sorprese, e l'edizione del 2022 non ha di certo tradito le attese. Alla fine, la squadra guidata da Ettore Messina ha preso il largo, chiudendo con il punteggio di 78 a 61 una partita insidiosa, per festeggiare la sua ottava coppa nazionale sotto gli applausi del patron Giorgio Armani.

Il risultato finale poteva essere prevedibile vista la disparità delle forze in campo. Eppure quella di Tortona è stata una fiaba quasi perfetta, che ha visto il suo apice nella semifinale del giorno prima contro la Virtus. Un sogno che parte da lontano, in una società di un piccolo comune piemontese di meno di 30mila abitanti. Una storia che attraversa la gioventù dei nostri genitori, dai campetti in cemento alle sfide tra Varese e Cantù, sognando di fronte alle immagini di Magic Johnson e Larry Bird.

 Il Derthona Basket, dagli oratori ai campionati nazionali: 1946-2008

L'origine della pallacanestro Derthona risale al 1946, ci parla di una nuova opportunità per Istriani e Dalmati, costretti a fuggire dopo la violenta occupazione della Jugoslavia di Tito. Quando il basket era la "palla al cesto", lo sport si faceva all'aperto e le società nascevano negli oratori. Era il sogno dell'America, portatrice di pace e di abitudini di vita: «gli americani sono forti», diceva Alberto Sordi nel 1954 in Un americano a Roma. Nel 1958 arriva l'affiliazione della Polisportiva alla Federazione Italiana Pallacanestro, insieme al primo campionato vinto, con gli Allievi.

Nascono i miti della Cantù di Charlie Recalcati e dell'Ignis Varese di Rusconi, e tutto il movimento del Nord Italia comincia ad appassionarsi a questo strano sport tutto calore e intensità, in cui attacco e difesa non si escludono uno con l'altra. A Tortona, dopo uno scioglimento del 1962, l'entusiasmo cresce e la palestra comunale non basta più, mentre la squadra nel 1971 approda in serie D.

Quando in Italia arriva la febbre dell'NBA, negli anni '80 dominati dalla rivalità Lakers-Celtics, la piccola realtà piemontese vince il suo primo campionato per approdare in C Nazionale: le leghe erano meno di oggi, e il livello troppo alto per mantenersi costantemente tra i professionisti. Il Derthona Basket (che intanto continua a portare avanti il settore femminile) ci riuscirà nuovamente nel 1996, quando ormai il basket è diventato il secondo sport nazionale e le regole diventano quelle di oggi.

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Quando la programmazione funziona: al via la Coppa Italia di basket - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Mentre nel calcio si discute sul format della Coppa Italia, nel basket arriva la Frecciarossa Final eight di Pesaro: si ferma il campionato, inizia lo spettacolo

Il Derthona Basket. Fonte foto: Telecity News.

Naumoski e il nuovo corso di Tortona 

Come può una semplice realtà sportiva di provincia salire agli onori della cronaca nel nuovo millennio? Spesso accade che un un campione scelga di chiudere la carriera nelle serie minori, regalando una notizia per i giornali nazionali, ma soprattutto uno stimolo per le realtà locali. È la stagione 2008/09 quando il campionissimo macedone Petar Naumoski approda in serie C2 per giocare il suo ultimo anno, vincendo il campionato regionale. L'onda lunga di questo evento apre una nuova via nella pallacanestro tortonese, che in poco più di dieci anni riuscirà a raggiungere la massima serie, sognando sempre più grande.

Una scalata rapida e inesorabile: promossa in B nel 2011/12, in Legadue nel 2013/14, vincitrice della Coppa Italia LNP nel 2017/18, quando un mix di giovani e veterani (come Sorokas e Garri) porta il primo titolo nazionale nella casa dei Leoni (il simbolo raffigurato nello stemma della società). È l'anno della svolta economica del club, grazie all'entrata in società del costruttore Beniamino Gavio, prima con lo sponsor Bertram Yachts poi con l'acquisto, nell'estate 2021, del 51% della società. Il primo obiettivo? Costruire un palazzetto nel piccolo comune di Tortona, senza bisogno di chiedere ospitalità a Voghera o a Casale Monferrato: perché le strutture comunali non hanno mai retto al calore del pubblico tortonese, sin dai tempi del campionato di Promozione.

In questo nuovo ciclo, la nuova dirigenza ha il merito di scegliere la persona giusta: a ottobre del 2018 arriva Marco Ramondino, giovane coach dal carattere bonario, capace di parlare in napoletano ai giocatori statunitensi. La scalata, da inesorabile, diventa vertiginosa con le vittorie in Supercoppa LNP nel 2019 e la conquista della massima serie lo scorso anno, nel derby piemontese contro Torino.

In questa stagione, conquistare i primi otto posti sembrava già un miracolo sportivo; ma, si sa, sognare non costa nulla e la Coppa Italia è una competizione imprevedibile. Tortona non è solo una bella favola, gioca un'ottima pallacanestro e, soprattutto, sa fare canestro: 94 punti contro Trieste nei quarti di finale, altrettanti contro i campioni d'Italia della Virtus Bologna, in un'impresa che rimarrà nella storia. La garra e la regia degli italiani Filloy (18 punti) e Mascolo (15), la leadership di Sanders (16) e il talento cristallino di Macura (18), in una prestazione corale che rappresenta l'apice di una storia iniziata nel dopoguerra, con l'America negli occhi.

Marco Ramondino, coach della Bertram Derthona. Fonte Legabasket.

 «Sii cuntent'»

Anche le fiabe più belle hanno una fine. Che il sogno di una coppa da neopromossa si sia infranto di fronte alla miglior difesa d'Europa, è semplicemente normale. Milano è una squadra profonda nelle rotazioni e varia nelle soluzioni, ha campioni come Delaney (votato MVP della competizione), Rodriguez e Hines, che spesso vengono persino risparmiati nel campionato italiano.

Anche in questa finale, la squadra di Ramondino ha dimostrato carattere e soluzioni tecniche interessanti, soprattutto nel primo tempo. A dimostrazione che nel mondo dei professionisti i sogni non nascono per caso, ma si fondano su progetti ambiziosi, basi economiche solide e sul calore di una comunità: lo stesso che assiepava i campetti all'aperto della Tortona degli anni '40 e '50.

A fine partita, il coach avellinese è andato dal figlio per consolarlo della sconfitta: con la bontà di un padre lo ha accarezzato, gli ha detto una frase in dialetto che è, nella sua semplicità, un inno allo spirito sportivo. Due sole parole, un imperativo: «sii cuntent'».

Andrea Sciretti

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