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L'altra finale

Era l'estate del 2002 e mentre noi italiani stavamo ancora maledicendo un arbitro sudamericano di nome Moreno e il mondiale nippo-coreano giungeva alla sua conclusione, non molto lontano da Tokyo, dove il Brasile stava per vincere il suo quinto mondiale ai danni della Germania, si stava disputando un'altra gara, che sarebbe passata alla storia come "The other final".

La partita in questione era un'amichevole tra quelle che allora erano le due nazionali ultime nel ranking della FIFA, la nazionale di Montserrat e quella del Bhutan. L'idea era venuta a due ragazzi olandesi che delusi dalla loro nazionale che non si era riuscita a qualificare per i mondiali, decisero di trovare qualcosa da fare nel frattempo per rendere meno amara quell'estate. Nel giro di qualche mese organizzarono il tutto, non mancarono però i problemi.

Montserrat è una piccola isola nel mar dei Caraibi, non è un vero e proprio stato ma una dipendenza britannica, la nazionale nacque nel 1996 dopo che l'eruzione del vulcano Soufrière Hills coprì di cenere l'intera isola, metà della popolazione fu costretta ad abbandonare le proprie case e l'unico campo da calcio presente diventò impraticabile. Per raccogliere i soldi necessari a ricostruire il campo il presidente della federazione, che era già affiliata alla CONCACAF dal 1991, ebbe l'idea di fare domanda di affiliazione anche alla FIFA, che accettò e donò 850.000 dollari per la ricostruzione.

Il Bhutan invece è un piccolo stato arroccato tra le montagne dell'Himalaya, una sorta di cuscinetto tra due superpotenze come India e Cina dove lo sport nazionale è il tiro con l'arco e quasi nessuno gioca a calcio, tant'è che la nazionale fino a quel momento non aveva mai neanche partecipato alle qualificazioni per il campionato mondiale.

La scelta della sede ricadde su Thimphu, la capitale del Bhutan e il viaggio da affrontare per i ragazzi di Montserrat si preannunciava faticoso. Cinque giorni di viaggio, cambiando una dozzina di aerei, con tanto di permanenza forzata a Calcutta, dovuta ai monsoni che avevano bloccato tutti i voli. Arrivati finalmente in Bhutan le sorprese non erano finite, abituati alla dieta tropicale, dopo la prima cena, molti giocatori si presero un'intossicazione alimentare.

L'avvicinamento alla partita non fu facile neanche per gli asiatici però, pochi giorni prima della partita purtroppo venne a mancare il commissario tecnico e la federazione fu costretta ad ingaggiare un allenatore tedesco per giocare l'amichevole.

Nonostante tutto "the show must go on" avranno pensato gli organizzatori e la partita si giocò lo stesso, il 30 giugno 2002, di mattina perché il pomeriggio i giocatori volevano vedere l'altra finale, quella vera.

Fu un vero e proprio successo di pubblico, c'erano 25mila persone in uno stadio che ne contiene 15mila, assiepati dove potevano, dietro le porte, tra le panchine insieme ai calciatori. A dominare la gara fu il Bhutan che vinse 4 a 0, grazie anche alla tripletta del bomber Wangyel Dorji. Segnò anche su punizione ma il più bello fu il quarto, segnato mentre tra i difensori del Montserrat c'era anche un cane, che era riuscito a entrare in campo senza che nessuno se ne accorgesse.

I monserratini così se ne dovettero tornare a casa sconfitti ma non tristi, arricchiti da un'esperienza che avrebbero ricordato per tutta la vita, poco importa se per vincere la loro prima partita ufficiale dovranno aspettare ancora 12 anni, un 1 a 0 contro le isole Vergini nel 2014.

La tradizione dell'altra finale non è più proseguita, fu quella l'unica eccezionale edizione, in un periodo in cui tra Superlega e Mondiali ogni due anni, il calcio cerca di massimizzare i ricavi e limitare i debiti, storie come questa meritano di essere conosciute per riportare il calcio ad essere lo sport più bello del mondo. 

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