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AMARCORD. Wilson: "La Lazio del 74, divisa ma vincente grazie a Maestrelli"

Il mondo dello sport e della Lazio si sveglia più triste: se n'è andato Pino Wilson, storico capitano della squadra Campione d'Italia nel 1974. Lo ricordiamo con questa nostra intervista dell'aprile 2019.  

"Provate a chiedere alla gente una formazione della Lazio rimasta nel cuore. Partiranno da Pulici, senza dubbio". C'è orgoglio e nostalgia nelle parole di Giuseppe Wilson, storico capitano della Lazio campione d'Italia nel 1974. Quasi 400 presenze con la maglia biancoceleste, con in mezzo una veloce esperienza nei New York Cosmos dove fino all'anno prima aveva giocato Pelè. Classe 1945, giocava da libero, divenne capitano per precisa volontà di Maestrelli. "A lui dobbiamo tutto, era la persona che ci sapeva ricompattare".

Pino Wilson racconta in esclusiva a il Catenaccio perché, al margine della conferenza "Pallone Bucato – il Fallimento del calcio italiano", organizzato da FARE a Campagnano di Roma. Con uno sguardo al presente, all'Europa, ai nostri settori giovanili. 

Pino Wilson alza lo scudetto con il Presidente Lenzini. Fonte foto: Ansa.

La sfida per la Champions League diventa sempre più agguerrita, ma la Lazio deve pensare anche alla Coppa Italia. Se dovesse scegliere, quale si porterebbe a casa?

Sono filosofie di pensiero, io per esempio preferisco vincere la Coppa Italia e non qualificarmi per la Champions. Perché è sempre un trofeo che tu acquisisci, ti dà la possibilità di andare in Europa League di diritto e di giocarti anche la Supercoppa. Andare in Champions, inoltre, significa fare grandi sacrifici e non fare brutta figura.

La sua Lazio la Coppa Italia non la vinse, ma alzò al cielo qualcosa di più importante: lo scudetto. Che squadra era?

Detta da me che sono di parte è facile e non posso che dire tutto il bene possibile di quella squadra. Del resto parlano i fatti, a distanza di 45 anni siamo ancora nel cuore della gente: se chiedi una formazione della Lazio degli ultimi 60-70 anni ti dicono Pulici, Wilson, Petrelli, Oddi e via dicendo. Siamo stati veramente una bella squadra, un po' atipica però allo stesso tempo innovativa, capace di far cambiare il volto del tifo a Roma.

Di quella squadra si parla sempre delle spaccature, delle divisioni che c'erano nello spogliatoio. Si è romanzato troppo?

Forse si è romanzato, è vero, ma la verità era quella. È anche vero che la domenica eravamo un gruppo ricompattato perché avevamo a guidarci una persona di un altro livello, di un altro spessore come Tommaso Maestrelli, al quale tutti noi, nessuno escluso, dobbiamo tanto. Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto per merito suo ma soprattutto abbiamo giocato per lui che è una cosa fondamentale

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ESSERE E PARARE. La condizione dell’Essere umano nel ruolo del Portiere - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Il portiere è, ed è stato senza dubbio un esule molto particolare: un capro espiatorio sempre a portata di mano, addosso al quale scaricare ogni tipo di colpa.

Sappiamo che il 10 maggio ci sarà una nuova edizione di "Di padre in figlio", quali ospiti ci saranno?

La facciamo al teatro del Massimo all'Eur, un teatro molto piccolo ma bellissimo, di 700 persone, molto elegante. Ci saremo ovviamente noi del 74, abbiamo invitato anche il presidente Lotito e ci saranno tanti artisti vicini a noi come Toni Malco, Velia Donati, Gianfranco Butinar, alias Califano (ride ndr) e il chitarrista Anelino e il comico Er Modifica.

Torniamo al presente, c'è un giocatore della Lazio di oggi in cui si rivede Pino Wilson?

Dico Luiz Felipe, anche se mi auguro che lui abbia un futuro migliore del mio, e ha tutti i presupposti per farlo.

Durante la conferenza, c'è stato spazio per le analisi sulle gestioni economiche delle squadre di calcio. Con una grande differenza rispetto al passato:

Lo stadio di proprietà garantisce un'entrata notevole per il bilancio di una società, lo dimostra il caso della Juventus. Io ho vissuto un calcio completamente diverso da quello attuale, noi avevamo a che fare con dei presidenti che hanno perso quasi tutto o tutto pur di mandare avanti una società di calcio. Noi venivamo pagati a giugno con 6-7 cambiali a 7-8 mesi, anche se devo dire che nella fattispecie il presidente Lenzini ha sempre onorato i contratti. Erano altri tempi però, sono passati 50 anni.

Nodo della questione è lo stato di salute dei settori giovanili italiani.

Abbiamo sempre avuto un bacino importante di giovani a cui attingere, ma questa non è più l'epoca di giocare negli oratori o per strada, come avevo fatto io, però nel modo di intendere il settore giovanile qualcosa è cambiato. Gli ultimi dati rivelano che c'è un giro d'affari di 110 milioni di euro per le squadre primavera della massima serie, cifra che ovviamente include stipendi dello staff, ammodernamenti delle strutture. I club non di prima fascia hanno capito che l'Accademy può essere una soluzione e non a caso Udinese, Sampdoria, Parma e quest'anno il Bologna si sono affacciate sulle scuole calcio della capitale e sembrano aver speso per il settore giovanile cifre che erano impensabili prima.

Investire nei settori giovanili però non è una mossa esclusiva delle medio-piccole, anzi.

Il Milan investe circa 5milioni l'anno e i risultati portano i nomi di Donnarumma, Calabria, Cutrone. Due sono le società che investono maggiormente: Roma e Juventus con circa 10 milioni a bilancio. In totale, ci indicano gli ultimi dati, il movimento indotto dai settori giovanili della serie include circa 290 squadre attive dai primi calci fino alla primavera con quasi 6mila atleti legati ai club della massima serie italiana.

E proprio la Juventus ha sentito sulla propria pelle quanto un settore giovanile sano, florido e competitivo come quello dell'Ajax possa aiutare al raggiungimento di determinati risultati sportivi.

Gli olandesi sono una società che nel DNA ha avuto sempre lo sviluppo di giocatori da rilanciare in prima squadra. Secondo l'Istituto di Neuchâtel, gli olandesi rimasti nella società per almeno tre anni tra 15 e i 18 ai 21 anni di età sono 77, seguono in questa graduatoria la Dinamo Kiev e il Partizan di Belgrado con 69, la Dinamo di Zagabria a 66, la Stessa Rossa a 61. Passando alle maggiori leghe europee troviamo il Real Madrid con 36 e l'Olympique Lione a 35, la prima squadra italiana è soltanto decima ed è l'Inter con 10 giocatori formati.

a cura di

Gianluca Di Mario

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