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Bobo Gori, la spalla ideale

Qualche giorno fa ci ha lasciato Sergio Gori, storica spalla di Gigi Riva e uno dei pochi calciatori a vincere il campionato con tre diverse squadre: Inter, Cagliari e Juventus. 

Nel calcio due più due non fa mai fa quattro. Infatti, se ho due dei migliori attaccanti del mondo e li faccio giocare insieme non è detto che abbia il migliore degli attacchi possibili. Nel calcio, insieme ai campioni, esistono gli equilibratori. Si tratta di quei giocatori che diventano fondamentali per far funzionare al meglio una squadra. Sergio Gori, per tutti Bobo, che ci ha lasciato in questi giorni, era un grandissimo equilibratore. All'inizio dell'estate del 1969 l'allenatore del Cagliari Manlio Scopigno si stava scervellando per capire come far compiere il definitivo salto di qualità alla sua squadra. I sardi erano arrivati secondi in campionato dietro alla Fiorentina e sembravano maturi per vincere lo scudetto. Mancava, però, ancora qualcosina. Sulla carta l'attacco era formidabile. Una coppia composta da Riva e Boninsegna non ce l'aveva nessuno, nemmeno le milanesi e la Juventus o la Fiorentina campione uscente. A un certo punto, Scopigno ebbe un'illuminazione e ne rese subito partecipe Andrea Arrica, che di quella squadra era non solo vice presidente ma soprattutto l'uomo che decideva il mercato e che, meglio di ogni altro in Italia, sapeva portare a termine trattive impossibili. Scopigno espose al dirigente la sua folle idea: vendere Boninsegna, richiestissimo sul mercato, e trovare una spalla meno ingombrante a Riva. 

Anche per quest'ultimo erano arrivate offerte mostruose ma Riva non si poteva vendere, era troppo forte e in più era il simbolo di quella squadra. A Vicenza Scopigno, dove aveva allenato negli anni passati, aveva notato Gori, un giovane centravanti cresciuto nell'Inter, dove era stato svezzato da un certo Meazza. In più, gli amici vicentini dell'allenatore avevano tessuto le lodi di Gori, definito una pasta di ragazzo (all'epoca si diceva così). Il giovane centravanti da Vicenza, dov'era parcheggiato in prestito per maturare, era tornato all'Inter, ma a Milano sarebbe stato chiuso. A quel punto entrò in azione il genio di Arrica che concluse un'operazione passata alla storia del calciomercato: Boninsegna all'Inter in cambio di Gori, Poli e Domenghini più un assegno di ottocento milioni di lire (una cifra pazzesca per i tempi) con beneficiario il Cagliari e una promessa non scritta ma sancita da una stretta di mano tra Moratti e Arrica: non vendere Riva all'odiata Juventus. 

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In un colpo solo il Cagliari rimpinguò le casse, trovò uno dei primi jolly del calcio italiano (Poli) e mise nel motore i cavalli di Domenghini che Scopigno trasformò definitivamente in ala (nell'Inter spesso era usato come centravanti), consegnandolo alla storia come uno dei più grandi interpreti del ruolo. Il numero 9 sarebbe stato il giovane Gori. A molti sembrò una follia. Fu, invece, un colpo di genio. Facendo un paragone con le camere d'albergo, i grandi attaccanti sono come quei clienti che amano prenotare un letto matrimoniale uso singolo. Ecco, Riva voleva tutto il letto (lo spazio) per sé e Gori era la spalla ideale: non gli avrebbe pestato i piedi e avrebbe fatto i movimenti giusti per mandarlo più facilmente in porta. Bobo era un falso nueve ante litteram, anche se all'epoca (nel calcio alla fine non s'inventa mai nulla, al massimo si rielabora) chi giocava come lui era definito un centravanti alla Hidegkuti (dal nome del leggendario attaccante ungherese che interpretava il ruolo arretrando di parecchio il raggio d'azione per partecipare alla manovra).

Gori fu così l'innesto giusto che fece funzionare a meraviglia quell'attacco. Giocò così bene in quella stagione da meritarsi la convocazione per i mondiali in Messico, dove il Cagliari si vestì d'azzurro con ben sei giocatori (oltre a lui, Albertosi, Cera, Niccolai, Domenghini e Riva). Saranno sei i campionati di Gori in Sardegna che lo faranno entrare nella galleria degli immortali del Cagliari, da dove salpò per approdare a Torino, sponda Juventus. In bianconero vinse un altro scudetto, raggiungendo il record di quattro titoli con tre maglie diverse (due con l'Inter ed uno con Cagliari e Juventus).

Smesso di giocare si dedicò al mestiere che era scritto nel suo DNA: il ristoratore. Gori, infatti, era figlio di Pietro, proprietario e fondatore del ristorante "Alla Collina pistoiese"', storico locale di Milano, covo di giocatori e dirigenti della grande Inter.

Gigi Riva nel salutare con le lacrime agli occhi il suo vecchio amico ha detto: "Ciao Bobo, devo solo ringraziarti. E tu sai perché».


Foto in copertina: Cagliari Calcio

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