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Carlo Castellani, la scala della morte

Lo stadio di Empoli porta il nome di un eroe oltre che di un ex calciatore. Ecco la storia di Carlo Castellani morto da prigioniero politico a Gusen, sotto-campo di Mauthausen.

Carlo Castellani. Foto: Wikipedia

Gli stadi del mondo sono stati dedicati a santi (San Siro, San Nicola, San Paolo), calciatori e dirigenti più o meno famosi, martiri dello sport (Renato Curi e Romeo Menti), benefattori (Marco Antonio Bentegodi), addirittura a guerrieri del 200 d.c. (Amsicora) e, molto spesso, alle località o quartieri che ospitano l'impianto o a eventi per i quali sono stati edificati (Wembley e Olimpico). Oggi gli stadi di proprietà, che tutti invocano, portano il nome di un grosso sponsor e ciò, pur se necessario, è molto triste e poco romantico. Com'è più epico un Amsicora rispetto a un Allianz Stadium.

In tutto il mondo, però, c'è un solo stadio dedicato a un martire del nazifascismo e questo dovrebbe far riflettere. L'impianto è il Carlo Castellani di Empoli.

Ma chi era Castellani? Dal punto di vista sportivo è il capostipite di una lunga serie di calciatori lanciati dall'Empoli, club noto soprattutto per aver scoperto tantissimi talenti. Solo nell'attuale serie A abbiamo tre giocatori con un recente passato nella società toscana che si giocheranno le semifinali di Champions League (Asslani nell'Inter e Bennacer e Krunic nel Milan) e altri tre destinati a breve a vincere il campionato col Napoli (Di Lorenzo, Mario Rui e Zielinski). Senza contare che sulla panchina partenopea siede un pezzo importante della storia dell'Empoli: mister Spalletti e i suoi collaboratori Domenichini e Baldini. Spalletti, soprattutto, è la quintessenza dell'empolesità, anche se nativo della vicina Certaldo. Dove per empolesità intendiamo la capacità di unire varie doti che vanno dall'operosità e furbizia contadina alla genialità trasmessa dalla confinante Vinci che ha dato i natali a Leonardo. Andando nel passato, poi, vanno ricordati, su tutti, tre bomber cresciti a Empoli: Vincenzo Montella, Totò Di Natale e Luca Toni, che della cittadina toscano annusò l'aria da ragazzino molto prima di portare la mano all'orecchio per ogni gol realizzato.

Castellani è venuto molto prima di questi grandi attaccanti ma anche lui aveva doti realizzative non comuni, al punto che per oltre 80 anni, sì proprio 80 anni, ha detenuto il record di miglior bomber della squadra prima di essere superato da Ciccio Tavano, uno che poteva fare ben altra carriera e che perse la sua occasione d'oro con la maglia della Roma. Anche se Ciccio, dalla A alla D, ha realizzato, nel corso di una lunghissima carriera, 275 gol.

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Carlo Castellani si mise in luce da ragazzo nelle serie minori con l'Empoli e si guadagnò nel 1930 la chiamata nella massima serie dal Livorno. Una volta smesso di giocare, rimase così legato ai colori della squadra della sua città, era originario di Montelupo Fiorentino di fatto attaccata a Empoli, da aiutarla economicamente tutte le volte che poteva.

Carlo, quando scoppiò il secondo conflitto mondiale, aveva smesso di giocare da qualche anno e viveva ancora con i genitori. Il padre, David, era un socialista e fervente antifascista al punto da essere preso di mira dal podestà di Empoli che, la notte a cavallo tra il 7 e l'8 marzo del 1944, ordinò ai Carabinieri del luogo di inserirlo nelle liste dei soggetti da sottoporre a rastrellamento tra le famiglie antifasciste della zona. I militari giunsero a casa Castellani con l'ordine di prelevare il padre David, ritenuto erroneamente di origine ebraica per il nome. Aprì la porta Carlo, il quale, per non far prendere il padre, che stava dormendo ed era pure malato, si offrì per essere accompagnato in caserma. Non si trattava, però, di un semplice controllo. Insieme ad altri malcapitati fu caricato su un camioncino diretto alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella da dove sarebbero stati tutti deportati in Austria. Durante una sosta prima di Firenze, Carlo ebbe l'occasione di scappare in un campo, sfruttando il buio della notte e le sue doti atletiche (aveva smesso di giocare da poco) ma capì che con la sua fuga avrebbe rischiato di far fucilare i suoi compagni di viaggio. Così, compì, dopo aver salvato la via del padre, il secondo gesto di eroismo e generosità nel giro di poche ore.

Carlo arrivò a Gusan, sotto-campo del tragicamente più celebre Mauthausen. A Gusan fu sottoposto a carichi di lavoro disumani, dovendo trasportare tutti i giorni sacchi di pietre su e giù per una scala che suoi aguzzini avevano battezzato "la scala della morte". Castellani morì di dissenteria pochi mesi dopo il suo arrivo (nell'agosto del 1944), dopo aver penato "più di Gesù Cristo in croce" come confidò al suo amico e compagno di sventure Aldo Rovai, miracolosamente sopravvissuto al campo di concentramento. 

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