In ricordo di Davide Astori, nato il 7 gennaio del 1987. Sarà sempre un 7 gennaio il giorno del suo unico gol con la Roma.
I giornali, quel 7 gennaio di tanti anni fa, titolarono: "Udinese Roma deciso da un gol fantasma". Un colpo di testa in area, la palla che sbatte sulla traversa, torna verso terra e supera la linea quel tanto che basta per portare in vantaggio i giallorossi. Furono tre punti, vittoria in trasferta e polemiche sull'arbitro.
Quel gol-fantasma, adesso, è un gol-angelo. Angelo come lui che l'ha realizzato. Davide Astori, che con la maglia della Roma, in 30 presenze, ha segnato solo quel gol.
È strano come di alcuni calciatori ti restino impresse nella mente tante fotografie. Di Astori, ad esempio, ricordo il messaggio che mi arrivò sul cellulare la sera che si sparse la notizia del suo arrivo a Roma: "Sabatini j'ha fregato pure questo alla Lazio". Ricordo la palla di Totti, e chi se no, per la sua zuccata ad Udine. Ricordo quel 4 marzo, giornata di urne e di elezioni, quando fuori dai seggi si iniziò a parlare della sua morte. Poi la pioggia che ha avvolto Firenze, l'ultimo approdo della sua carriera. I fumogeni viola davanti al Duomo. Giorgio Chiellini che piange tra le braccia di un ultras della Fiesole.
Ed è proprio un amico tifoso della Fiorentina a regalarmi un'ultima fotografia di Astori. Scattata nelle partite viste in Curva, quando guardando verso il campo, l'ultimo uomo a difesa della porta era Astori, capitan Astori. Condottiero di una squadra smantellata e riconvertita, pietra fondante di un nuovo progetto tecnico. Calciatore silenzioso, che quando doveva urlare preferiva parlare sottovoce.
Quell'immagine di Astori, solo davanti alla porta, a gridare alla squadra di salire, di alzare la linea, non l'ho mai vista dal vivo ma è come se ce l'avessi davanti agli occhi. Sarà che quel gesto chi ha giocato in difesa lo conosce bene. Sarà che quel gesto, visto dalla Curva, dalla gradinata o da dove volete voi, immaginato alla radio o visto in televisione, prende tutto un altro sapore. Sarà che essere ultimo uomo è "qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro", per dirla alla Paul Ashworth. L'ultimo baluardo non solo davanti alla porta, ma davanti alla tifoseria stessa, davanti alle sciarpe e alle bandiere, davanti ai cuori e al portiere. Vedere l'ultimo uomo che tiene in ordine il reparto con le braccia larghe e vedere sul braccio sinistro la fascia da capitano ti dà forza, ti fa sentire sicuro, tranquillo. Ma allo stesso tempo, a quell'ultimo uomo, dà forza il soffio della Curva, il suo calore, la sua spinta. Si fa albero maestro, gonfia le vele, spinge la squadra in avanti, verso il gol e verso la vittoria.
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L'esordio in giallorosso, Davide Astori, l'ha fatto proprio a Firenze. Il suo unico gol in giallorosso, Davide Astori, l'ha fatto proprio a Udine. E a Udine, Davide Astori, è morto. "Morte cardiaca improvvisa seguita a fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena silente", ha detto l'autopsia. Morto nel sonno, come fanno solo i sognatori. Per "seguire ogni battito del mio cuore / Per capire cosa succede dentro e cos'è che lo muove / Da dove viene ogni tanto questo strano dolore". Parole di Lucio Dalla, Le Rondini, canzone che fu scelta per risuonare in tutti campi di Serie A dopo l'interruzione per la sua scomparsa.
Oggi la sua Fiorentina avrebbe dovuto giocare a Udine, ma il Covid 19 ha fermato tutto. La "sua" Roma invece giocherà contro il Milan. Quello che è certo è che i gol-fantasma non esistono più. Ci sono solo gol-angelo.
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