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Il cugino senegalese di George Weah

Will Smith ha accompagnato gli anni '90 con una serie tv che ha fatto la storia, Willy, il principe di Bel Air, e con una sigla che iniziava così:

"Questa è la maxi-storia di come la mia vita è cambiata, capovolta, sottosopra sia finita..."

In quegli stessi anni un calciatore senegalese avrebbe potuto cantare quelle stesse parole per descrivere come era riuscito a passare dal giocare tra i dilettanti alla Premier League in una sola estate.

Ali Dia, questo il suo nome, era arrivato qualche anno prima in Francia per tentare la fortuna nel calcio, ma dopo alcuni anni passati a girovagare tra le serie minori francesi, tedesche e finlandesi la sua carriera e i suoi sogni di gloria si erano arenati tra le spiagge di Blyth nel nord dell'Inghilterra, dove giocava per la locale squadra dilettantistica.

Finché un pomeriggio d'estate del 1996 successe l'incredibile: colto da un lampo di genio convinse un suo amico a spacciarsi per l'allora Pallone d'Oro George Weah e a chiamare gli allenatori di Premier League dicendo che Dia era suo cugino, che aveva una buona tecnica e che vantava un glorioso passato al PSG e ben 13 presenze con la maglia della nazionale senegalese, con la speranza che qualcuno gli credesse e gli offrisse una possibilità.

Follia pura direte voi, chi mai potrebbe credere a una storia del genere? Certamente era più difficile verificare le informazioni senza internet ma il fatto che Weah, liberiano, avesse un cugino senegalese, avrebbe quantomeno dovuto far scattare un campanello d'allarme.

Fu così per Harry Redknapp, allora allenatore del West Ham che non credette minimamente alla storia, ma Ali non era uno che si arrendeva al primo ostacolo e ci provò di nuovo, stavolta con Graeme Souness, tecnico del Southampton, che incredibilmente si fidò del finto Weah e concesse al nostro eroe un mese di contratto.

I suoi nuovi compagni vedendolo in allenamento avevano intuito che qualcosa non andava, era lento, impacciato, fuori forma, ma l'allenatore, forse per non ammettere di aver fatto un errore di valutazione, gli diede fiducia e il 23 novembre 1996 accadde l'impensabile, Ali Dia, che fino a qualche giorno prima giocava con metalmeccanici e pescatori, fece il suo esordio in Premier League.

La partita era Southampton – Leeds, Dia era in panchina, ma al trentaduesimo si fece male il centrocampista Matthew Le Tissier e Souness si girò verso la panchina e fece il segno di alzarsi ad Ali che probabilmente era ancora a bocca aperta per lo stupore di trovarsi lì. Entrato in campo fu subito chiaro che non era chi diceva di essere, non riusciva minimamente a reggere quei ritmi, vagava per il campo senza sapere cosa fare, resistette ben 53 minuti, fino a quando l'allenatore ne ebbe abbastanza e lo fece uscire. Non fece neanche in tempo a tornare a casa che il Southampton gli rescisse il contratto e lo rimandò da dove era venuto. Giocò ancora un anno tra i dilettanti prima di ritirarsi dal calcio giocato a 37 anni e di dedicarsi agli studi, si laureò nel 2001 in Business Administration all'Università di Northumbria, a Newcastle.

A ricordo di quella partita restano le parole di Le Tissier, che qualche anno dopo disse in un'intervista:

"Correva qua e là sul campo come Bambi sul ghiaccio, fu davvero imbarazzante da vedere"

Matthew Le Tissier

Non lo hanno dimenticato nemmeno i giornalisti inglesi: il Times lo ha inserito al primo posto nella lista dei 50 peggiori calciatori, il Sun in quella dei 10 peggiori bidoni e il Daily Mail al quarto posto nella lista dei 50 peggiori attaccanti, e se è quarto lui pensate i primi 3...

Ma a Dia poco importa di tutto questo, del resto lui il suo sogno lo ha realizzato; contro qualsiasi aspettativa, grazie a un colpo di genio e con un pizzico di fortuna mista a follia, è riuscito nell'impresa di giocare in Premier League, e quei 53 minuti giocati come Bambi sul ghiaccio nessuno potrà mai portarglieli via.

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