Il 26 febbraio Kazu Miura compie 55 anni e non ha smesso di segnare in Giappone. E di gol ne ha fatti tanti, in giro per il mondo. Anche qui da noi
4 dicembre 1994, a Genova fa un freddo cane. Il prato di Marassi è un polmone che sputa fuori aria rovente che il gelo rivela nella sua forma più fragile e umana senza il cappotto dell'invisibilità addosso.
Si gioca il derby e pare una partita già scritta. Da una parte Platt, Mancini e Zenga, dall'altra Manicone, Ruotolo e Caricola. Manca una vita alla fine del campionato eppure la 'Zena rossoblu' è già con l'acqua alla gola. Alla decima per tutti ha pagato Franco Scoglio: per lo staff, per i giocatori, per una società che sul mercato si è mossa con la stessa grazia di un bulldozer nella foresta pluviale.
In panchina, per quel derby verità, ci va Giuseppe Marchioro occhi piccoli e naso importante. Fiuta, Marchioro, che una vittoria può cambiare il corso di una stagione difficile. Eriksson si copre. Lui no, mette dentro due punte e mezzo: Onorati, Skuhravy e Kazuyoshi Miura che Scoglio vedeva come tornante ma che nel sangue sente la porta come pochi.
Pronti via: 13'di accademia fino a quando Kazu alza la gamba, tocca il pallone con l'esterno destro e la butta alle spalle di Zenga, 0 – 1. Di quello che succederà dopo, della vittoria della Samp, poco importa perché in quel gol c'è tutto e di più.
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Kazu Miura tra Baresi e Pelé
C'è la fuga in Brasile a 15 anni e l'avventura nel Santos di Pelè. Ci sono 3 miliardi scaricati nel cesso e il vestito da semidio chiuso nel cassetto pur di venire in Italia. C'è la risposta a chi diceva che un giapponese non avrebbe mai potuto giocare in Europa. C'è un grazie a Franco Scoglio, alfiere della lotta al calcio business, che aveva deciso di credere in Miura pure dietro alle polemiche di un ingaggio pagato per tre quarti da sponsor nipponici.
C'è una carezza sulla faccia che Franco Baresi gli aveva frantumato con una testata alla prima in Italia. Un gol pesante che sarà l'unico nella sua carriera italiana. Perché dopo quel giorno Kazu finirà ai margini. Il tramonto della sua parabola la scrive Claudio Maselli, terzo tecnico della stagione che lo considera poco adatto al suo gioco muscolare.
Non ci sarà, Kazu, neppure quel giorno a Firenze quando prima Kreek poi Galante falliscono i rigori che mettono fino allo spareggio con il Padova di Alexis Lasas, chitarrista capellone all'occorrenza difensore, e mandano il Genoa in serie B. C'era, invece, il giorno in cui Genova piangeva in una chiesa Claudio Spagnolo, ucciso a 18 anni da una coltellata, vittima del calcio sporco prima della partita con il Milan.
Della sua parentesi italiana Kazu parla ancora oggi. Oggi che a 55 anni continua a giocare in un campionato professionistico ha i capelli neri e nessuna intenzione di smettere dopo 35 stagioni, 708 partite e 6 gol contro Macao nelle qualificazioni per la coppa del mondo del 1998. "Sto bene e faccio quello che amo. Sono felice e non sono pronto a rinunciare a tutto questo".
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