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La storia di Bruno Neri, dal campo da calcio alla lotta partigiana

Calciatore partigiano, mediano intellettuale, passato alla storia per il rifiuto al saluto romano. La storia di Bruno Neri, che sfidò il regime fascista e abbracciò la Resistenza, sacrificando la sua vita per la libertà.

Il Bruno Neri calciatore

È il 12 ottobre del 1910, un mercoledì, quando a Faenza venne al mondo Bruno Neri. Figlio di Giovanni Neri e Giuseppina Minguzzi, fratello minore di Gaetano, nato nel 1908.

Bruno Neri non sapeva ancora che sarebbe diventato un'icona per la storia d'Italia.

Ma procediamo con ordine.

Bruno iniziò a frequentare l'istituto agrario a Imola, ma nel frattempo scoprì di essere bravo a calcio, molto bravo. A 14 anni pestava i campi dell'Atletico Faenza con suo fratello Gaetano e a 16 arrivò per lui il primo grande passo: Bruno diventò una pedina fondamentale per la prima squadra. Partì terzino, ma, per via dei suoi piedi educati, venne avanzato sulla linea mediana del campo. Fu la svolta per lui.

Il mediano ha il compito di raccordare la difesa con l'attacco, di impostare, di correre e recuperare, e quindi di resistere: il mediano, insomma, fa un lavoro immane per la squadra, che spesso, purtroppo, passa in sordina. Questo ruolo, come vedremo più avanti, ben ha rispecchiato il modo con cui Bruno decise di vivere la sua vita.

Dopo tre anni con la maglia del Faenza e dopo una breve comparsa con quella del Livorno, nel 1929 Bruno Neri venne acquistato dalla Fiorentina per ben diecimila lire, una cifra considerevole per quegli anni.

Il marchese Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano, che nel 1926 aveva fondato la Fiorentina, voleva portare in alto la sua squadra, e in Bruno Neri vide una figura adatta a farlo. Rimase a lungo sulle sponde dell'Arno in maglia viola – fino alla stagione 1935-1936 –, con la quale riuscì a ottenere anche la promozione in Serie A, tanto bramata dal marchese Ridolfi.

Nella stagione 1936-1937, Bruno Neri si trasferì alla Lucchese, allenata dall'ungherese Ernest Erbstein, sempre in Serie A.

Per le successive tre stagioni, Bruno si trasferì all'ombra della Mole Antonelliana, sponda Torino.

Il talento del calciatore di Faenza non passò inosservato, a tal punto che nel corso della sua carriera riuscì a conquistarsi il suo spazio nella Nazionale italiana. Uno spazio non troppo ampio, a dir la verità, ma in ogni caso ci riuscì. Esordì con la Nazionale B, guidata da Vittorio Pozzo, il 5 maggio 1932 nella sfida Italia-Austria. Fino al 1936, di fatto, Neri bazzicò la Nazionale B, fin quando il 25 ottobre 1936 arrivò l'esordio in quella maggiore, guidata dal solito Pozzo, contro la Svizzera. Successivamente avrebbe raccolto un altro paio di presenze in maglia azzurra.

La carriera calcistica di Neri si chiuse nel 1940, all'età di soli trent'anni. Probabilmente, lo scoppio della guerra incise molto sulla sua decisione. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Bruno tornò a Faenza, allenò la squadra della sua città tra il 1940 e il 1941, utilizzò poi una parte dei suoi risparmi per comprare un'officina metalmeccanica nei pressi di Milano e allacciò i rapporti con il suo cugino milanese, Virgilio Neri.

Il cugino Virgilio avrebbe avuto un ruolo importante nella vita di Bruno.

Bruno Neri. Fonte Foto: BuonsensoFaenza
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 Il Bruno Neri appassionato di cultura

Bruno Neri, come detto in apertura di articolo, iniziò le superiori frequentando l'istituto agrario di Imola, poi però le terminò durante il suo periodo fiorentino. Successivamente, decise di proseguire gli studi iscrivendosi all'Istituto di Lingue Orientali di Napoli.

La cultura permeò la vita extra campo di Bruno Neri. Amava l'arte e la poesia, visitava mostre e musei e durante la sua permanenza a Firenze fu un assiduo frequentatore del caffè letterario delle Giubbe Rosse in Piazza della Repubblica. In quello storico caffè fiorentino, capitavano spesso personalità importanti del panorama culturale novecentesco italiano, tra cui: Eugenio Montale, Mario Luzi, Carlo Bo e Antonio Delfini. Pure durante il suo periodo torinese, Neri continuò a circondarsi di cultura, dialogando con artisti, scrittori e giornalisti.

Bruno Neri era quindi una sorta di 'mosca bianca' nel mondo del calcio, che abbinava l'impegno sportivo a quello culturale.

13 settembre 1931: il "non saluto" di Bruno Neri

Sappiamo bene come calcio e politica spesso abbiano incrociato le proprie strade, e continuino tuttora a farlo. Il calcio è nel tempo sempre più divenuto uno sport di massa, e quindi cassa di risonanza per messaggi sociali e politici. Oggi più che mai. Ma già nel 1931, quando ormai il fascismo stava consolidando la propria posizione in Italia, lo sport diventò un importante mezzo di propaganda per il regime. Negli anni Venti e Trenta del Novecento, infatti, il fascismo controllava i principali organi sportivi e la stampa sportiva.

Per il regime, ogni occasione era buona per farsi propaganda. Per esempio, prima dell'inizio di ogni manifestazione sportiva, gli atleti dovevano rivolgere il saluto romano verso la rappresentanza politica fascista di turno presente in tribuna.

Arriviamo quindi al 13 settembre 1931, una data in cui il protagonista fu Bruno Neri.

In quel giorno, la Fiorentina del marchese Ridolfi inaugurò il suo nuovo stadio disputando un'amichevole contro gli austriaci dell'Admira Vienna. Lo stadio fu progettato dall'architetto Pier Luigi Nervi, su richiesta del presidente Ridolfi e con l'evidente zampino del regime fascista. Com'è noto, infatti, il marchese Ridolfi era un importante esponente del Partito Nazionale Fascista (PNF). Non a caso, la forma del nuovo stadio della Fiorentina riproduceva la lettera "D" di Dux, duce. Non a caso, lo stadio venne intitolato a Giovanni Berta, fascista fiorentino ucciso nel 1921 da esponenti social-comunisti. Tale stadio, dopo la fine della Seconda guerra mondiale avrebbe prima assunto il nome di Comunale e poi di Artemio Franchi.

Lo stadio, quel giorno, poteva accogliere soltanto dodici dei quarantacinquemila spettatori possibili a capienza completa, perché alcune zone dovevano ancora essere finite di costruire. Sugli spalti erano presenti alcuni gerarchi fascisti e persino il podestà Giuseppe Della Gherardesca. Quando arrivò il momento del saluto romano, tutti i giocatori alzarono il braccio verso la tribuna. Tutti meno uno: Bruno Neri, che tenne le braccia distese lungo il corpo.

In realtà, Bruno Neri, con il suo gesto, un saluto lo fece. Salutò quella parte d'Italia che si era schierata contro il fascismo. Salutò coloro che avevano paura di manifestare il proprio dissenso a quella dittatura, esortandoli ad avere il coraggio di non piegarsi e quindi di reagire.

Bruno Neri mandò un messaggio silente, ma di una forza inaudita.

Neri non fu arrestato per quella sua presa di posizione pubblica.

La targa per Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. Fonte Foto: Minuto Settantotto

 Il Bruno Neri partigiano

Bruno Neri. Fonte Foto: Patria Indipendente

Dopo la breve esperienza da allenatore del Faenza e l'apertura dell'officina milanese, Bruno Neri si avvicinò sempre più al già citato cugino milanese, Virgilio Neri. Costui faceva il notaio a Milano e parlò a suo cugino dei nascenti movimenti antifascisti. Probabilmente, Virgilio non fu così decisivo per la scelta di campo di Bruno, perché lui la scelta l'aveva già resa pubblica nel settembre 1931, ma sicuramente contribuì a rafforzare la sua posizione.

Nel frattempo, la guerra si stava inasprendo sempre di più, fin quando nel 1943 Bruno venne richiamato alle armi. L'armistizio di Cassibile con gli Alleati del 3 settembre 1943, reso poi pubblico soltanto l'8 settembre, portò allo sfaldamento dell'esercito italiano. Bruno Neri tornò quindi a Faenza e a quel punto decise di prendere attivamente parte alla Resistenza italiana, vestendo quindi i panni del partigiano.

Bruno entrò a far parte dell'Organizzazione Resistenza Italiana (ORI). L'ORI, sorta il 15 novembre 1943, era in stretta connessione con l'Office of Strategic Service (OSS) americano e il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).

Neri entrò a far parte del Battaglione Ravenna, che agiva nelle vicinanze della Linea Gotica, col nome di battaglia "Berni", divenendo vicecomandante. A capo di questo vi era l'amico e cestista Vittorio Bellenghi, conosciuto col nome di battaglia "Nico".

Tra i compiti del Battaglione vi era quello di preparare il terreno agli aviolanci degli Alleati, mediante i quali costoro fornivano aiuti importanti alla Resistenza. Sostanzialmente, i partigiani dovevano assicurarsi che non vi fossero minacce da parte dei nazisti o dei fascisti per andare a raccogliere gli aiuti bellici che giungevano dai paesi alleati.

Nonostante Bruno Neri avesse abbracciato la causa partigiana, nel suo cuore c'era ancora spazio per il pallone, quantomeno per un'ultima partita. Il 7 maggio 1944, infatti, Neri scese in campo con il Faenza per affrontare il Bologna nella sfida valevole per il campionato Alta Italia: vinse il Bologna 3-1.

Lunedì 10 luglio 1944, Neri e Bellenghi si trovavano in perlustrazione sull'Appennino tosco-romagnolo, perché di lì a pochi giorni gli Alleati avrebbero lanciato aiuti bellici nei pressi del monte Lavane. Quel lunedì, nei pressi dell'eremo di Gamogna, situato nel comune di Marradi, "Berni" e "Nico" vennero sorpresi dal fuoco nazista. I due amici e partigiani persero la vita.

Bruno Neri perse la vita, ma lo fece lottando per la libertà, non voltandosi dall'altra parte ma affrontando a viso aperto l'imposizione dittatoriale, non chinando mai la testa di fronte alla dittatura fascista. Storie come quella di Bruno Neri devono essere tramandate per mantenere vivo il ricordo di tutte quelle persone che si sono esposte pubblicamente per la libertà, che hanno rischiato per la libertà, che sono morte per la libertà.

di Marco Fontanelli

Bruno Neri

Fonti

Campanozzi S., Il calcio tra fascismo e resistenza. La storia di Bruno Neri, da mediano a combattente antifascista, in «Novecento.org – rivista dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri», 5 aprile 2016: https://www.novecento.org/didattica-in-classe/il-calcio-tra-fascismo-e-resistenza-la-storia-di-bruno-neri-da-mediano-a-combattente-antifascista-1686/ (sito consultato il 28 agosto 2024).

Castellani M., Lo sport come gara di Resistenza, «L'Avvenire», 24 aprile 2014.

Lenzi F., Una figurina speciale per Bruno Neri il calciatore morto da partigiano, «Il Tirreno», 24 aprile 2021.

Moggia V., Il pallone del partigiano, «Pallonate in faccia», 24 aprile 2022, https://pallonateinfaccia.com/2022/04/24/bruno-neri-partigiano/ (sito consultato il 29 agosto 2024).

Nastasi S., Bruno Neri, storia del calciatore partigiano che non si piegò al Fascismo, in «Gioco Pulito», 10 luglio 2024: https://giocopulito.it/bruno-neri-il-calciatore-partigiano/

Ribaudo A., Bruno Neri, il calciatore-partigiano che rifiutò di fare il saluto fascista, «Corriere della Sera», 15 ottobre 2019, https://www.corriere.it/cronache/19_ottobre_15/bruno-neri-calciatore-partigiano-che-rifiuto-fare-saluto-fascista-b7766936-ef1b-11e9-9951-ede310167127.shtml?refresh_ce (sito consultato il 28 agosto 2024).

Schianchi A., Neri il partigiano. Storia del mediano che sfidò i fascisti, «La Gazzetta dello Sport», 25 aprile 2017.

Vergari F., Bruno Neri: il terzino partigiano, «Maremosso», 21 aprile 2023, https://maremosso.lafeltrinelli.it/news/bruno-neri-calcio-resistenza-partigiani-25-aprile (sito consultato il 29 agosto 2024).

Il 25 aprile esce la figurina di Bruno Neri. Giocò anche nel Livorno il calciatore partigiano ucciso dai nazisti, «Livornopress», 8 aprile 2021, https://livornopress.it/il-25-aprile-esce-la-figurina-di-bruno-neri-gioco-anche-nel-livorno-il-calciatore-partigiano-ucciso-dai-nazisti (sito consultato il 29 agosto 2024)

Bruno Neri calciatore partigiano della Nazionale Italiana, «Historia Faentina», http://www.historiafaentina.it/Storia%20Attuale/bruno_neri.html (sito consultato il 29 agosto 2024).

Bruno Neri, solo di cognome. Storia di un calciatore morto e vissuto partigiano, «Minuto settantotto», 5 ottobre 2015, https://www.minutosettantotto.it/bruno-neri-storia-di-un-calciatore-morto-e-vissuto-partigiano/ (sito consultato il 29 agosto 2024). 

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