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Pasolini e Bertolucci, dal set cinematografico al campo da calcio

Parma, 1975. Da una parte c'è Pier Paolo Pasolini, dall'altra Bernardo Bertolucci. Due registi uniti dal cinema, ovviamente, dall'amicizia e infine anche dal calcio. 

La domenica mattina del 16 marzo 1975, intorno alle 9.30, al campo della Cittadella di Parma andò in scena una partita decisamente singolare, poiché a sfidarsi non furono dei calciatori professionisti bensì due troupe cinematografiche: la prima era quella di Pier Paolo Pasolini, regista del film Salò o le 120 giornate di Sodoma; la seconda quella guidata da Bernardo Bertolucci, alle prese con Novecento. Entrambi i film, peraltro, avevano la stessa casa produttrice, ovvero la PEA (Produzioni europee associate) di Alberto Grimaldi.

I due cineasti italiani, in quel momento, stavano girando alcune scene dei rispettivi film a pochi chilometri di distanza (Bertolucci si trovava in Emilia mentre Pasolini vicino Mantova) e, vista la loro passione per il gioco del calcio, decisero di organizzare una partita amichevole. La sede prescelta per quell'incontro fu il campo presente all'interno della Cittadella (solitamente libero la domenica mattina, a maggior ragione in un periodo dell'anno ancora distante dal bel tempo e dalle temperature miti), dove lo stesso Parma Calcio era solito svolgere alcuni allenamenti di rifinitura prima delle partite casalinghe. Ma che cos'è la Cittadella? Quest'ultima è una fortificazione a pianta pentagonale fatta costruire da Alessandro Farnese, duca di Parma e Piacenza, sul finire del XVI secolo per proteggere la città di Parma da attacchi esterni. Nel corso dei decenni e dei secoli, tuttavia, ha perso la sua originaria funzione militare per diventare un parco pubblico vero e proprio, all'interno del quale le persone possono passeggiare o praticare sport in tranquillità.

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Le cinque poesie per il gioco del calcio di Umberto Saba - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

L'amore tra Umberto Poli – da tutti conosciuto con il nome di Umberto Saba (1883-1957) – e il calcio giunse all'improvviso, quasi casualmente ed in modo inaspettato, ma soprattutto quando il poeta triestino era abbondantemente in età adulta. Quella per il calcio non fu, pertanto, una passione sbocciata nella giovinezza, ma diventò ugualmente radicata e viscerale

Per certi versi, Bertolucci avrebbe giocato in casa vista la sua origine parmigiana; mentre Pasolini sarebbe stato ospite dato che era nato a Bologna. Intorno a quella partita, alquanto speciale e affascinante, aleggiava quindi anche l'aria di una sorta di derby emiliano. La data scelta per quell'evento, inoltre, non fu casuale: il 16 marzo, infatti, era il giorno del compleanno di Bernardo, e quell'anno avrebbe compiuto 34 anni.

Bertolucci e Pasolini erano amici di lunga data. Pier Paolo aveva addirittura dato l'opportunità a Bernardo di affacciarsi al mondo del cinema affidandogli il ruolo di aiuto regista nel proprio film, Accattone, del 1961, che peraltro fu anche quello d'esordio dello stesso regista bolognese. Ci fu però un momento di tensione nella loro amicizia, o quantomeno questo è quello che l'opinione pubblica e i media percepirono, che coincise con le critiche mosse da Pasolini al film di Bertolucci del 1972, ovvero Ultimo tango a Parigi. In merito alla loro amicizia, non si sa con certezza quanto peso ebbe la critica mossa da Pier Paolo al film di Bernardo, fatto sta che la stampa, comunque, interpretò quella partita come un modo adottato dai due vecchi amici per riconciliarsi. 

La partita di calcio tra Pasolini e Bertolucci. Fonte: Avvenire
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"Il mio amico Eric", un film tra amore e calcio, follia e rivalsa. - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

La pellicola di Ken Loach, "Il mio amico Eric", è un film unico nel suo genere che grazie al calcio, ovvero attraverso il calcio, riesce a parlare di vita. 

Pasolini e Bertolucci in campo

La sfida che andò in scena la domenica mattina del 16 marzo 1975 potrebbe essere definita in due modi: una partita a tutti gli effetti, oppure una "partitella", espressione che Pasolini usava frequentemente. Che cosa intendeva con questo termine? Il regista e letterato bolognese amava il calcio, e ogni qual volta aveva l'occasione di giocare non se la lasciava sfuggire. Capitava spesso che durante le pause delle riprese di un film improvvisasse una piccola partita, appunto una "partitella", tra colleghi; oppure, se vedeva dei ragazzi giocare in un campetto, Pasolini si univa a loro, quasi come se il pallone da calcio lo attraesse come una calamità. I suoi amici e i suoi collaboratori affermavano che, quando giocava a calcio, sul volto di Pier Paolo scompariva l'espressione corrucciata e seria per lasciare il posto al sorriso. La "partitella" era quindi un modo per definire una partita amichevole tra amici o conoscenti, dove il risultato non aveva alcun valore ed il solo fine era il divertimento; nonostante ciò, Pasolini detestava perdere.

Bertolucci, invece, non era un grande sportivo; tuttavia, nel corso degli anni si avvicinò sempre più al calcio e diventò un simpatizzante del Trastevere Calcio, ossia la squadra dell'omonimo quartiere romano (attualmente disputa il campionato di Serie D) della quale diventò uno dei tifosi più illustri.

La mattina del 16 marzo 1975, le due troupe cinematografiche si presentarono al campo della Cittadella con le loro uniformi da gioco. I giocatori della squadra di Bertolucci indossavano una divisa cucita appositamente per quell'occasione dalla costumista del film, Gitt Magrini: la maglia era viola con la scritta gialla Novecento in diagonale, i pantaloncini arancioni, i calzettoni, invece, erano stati volutamente cuciti mischiando più colori in modo tale da confondere gli avversari durante le azioni di gioco creando una sorta di effetto psichedelico nei loro occhi. Decisamente più semplice la scelta delle maglie del cast di 120: Pasolini, infatti, seguì il proprio cuore optando per le maglie a strisce verticali rosse e blu, come i colori del suo amato Bologna; i pantaloncini erano bianchi e i calzettoni richiamavano le tinte della maglia.

In occasione di quella sfida, emerse chiaramente il diverso modo di approcciarsi al calcio da parte di Pasolini e di Bertolucci: il primo scese in campo con la fascia da capitano legata al braccio; il secondo, invece, rimase in panchina ad osservare l'incontro ed indossando i panni dell'allenatore.

Ma chi arbitrò quell'incontro? Le due squadre, per garantire il più possibile l'imparzialità di giudizio, decisero di designare due arbitri diversi, uno per il primo e uno per il secondo tempo: nel primo tempo venne scelto un arbitro tra i membri della troupe di Novecento, nel secondo uno tra quella di 120. Nonostante ciò, le polemiche non mancarono. Come si evince dal docufilm realizzato da Alessandro Di Nuzzo e da Alessandro Scillitani, Centoventi contro Novecento, dove sono intervenuti alcuni protagonisti di quella sfida, fecero discutere principalmente due decisioni, ovvero due calci di rigore assegnati alla squadra di Bertolucci, e che poi si sarebbero rivelati decisivi ai fini del risultato finale visto che Novecento si impose su 120 con il risultato di 5-2.

Pasolini e Bertolucci, registi con la passione per il calcio. Fonte: Gazzetta.
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#6 Pier Paolo Pasolini e il linguaggio del calcio - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Il 2 novembre 1975 il corpo di Pier Paolo Pasolini veniva trovato, privo di vita, sulla spiaggia di Ostia. Tra i più grandi intellettuali della storia d'Italia, poeta e scrittore, regista e giornalista, fu anche un grandissimo appassionato di calcio. Tifoso del Bologna, fantasiosa ala destra, per lui questo sport era "l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro".

Al termine dell'incontro, come testimoniano le immagini proiettate dal già citato film di Di Nuzzo e Scillitani, la squadra di Bertolucci si radunò al centro del campo per sollevare al cielo la coppa messa in palio dalla PEA per quell'occasione così speciale; inoltre, sul terreno di gioco venne portata una grande torta per festeggiare il trentaquattresimo compleanno di Bernardo. Guardando le immagini dei festeggiamenti, tuttavia, è impossibile non notare un dettaglio decisamente insolito e particolare: i membri del cast, infatti, non tagliarono la torta e non utilizzarono né piatti né posate per mangiarla, bensì fecero solo ed esclusivamente utilizzo delle proprie mani. Lo stesso Pasolini, che a detta di molti impiegò molto tempo per digerire quella sconfitta, raggiunse la squadra avversaria per unirsi ai festeggiamenti del compleanno del suo amico e, così come gli altri, non esitò ad affondare le proprie mani nella torta per prenderne un pezzo e mangiarlo a morsi. Infine, le due squadre, o meglio le due troupe cinematografiche, si recarono a mangiare insieme, entrambe nello stesso ristorante.

La vittoria di Bertolucci può essere letta come il trionfo dell'allievo (Bernardo) sul maestro (Pier Paolo), oppure quello della città di Parma su quella di Bologna, naturalmente in modo metaforico e goliardico visto che quella partita fu solo ed esclusivamente un'amichevole. Al tempo stesso, però, la squadra di Pasolini si indispettì molto quando venne a conoscenza dello stratagemma adottato da Bertolucci per vincere quella partita. La troupe di 120 poteva schierare bravi giocatori come Pasolini stesso (soprannominato Stukas per la sua velocità paragonabile a quella degli aerei tedeschi usati durante la Seconda guerra mondiale), Giovanni (conosciuto però come Ninetto) Davoli e Franco Citti; infatti, alla vigilia dell'incontro, era la favorita per la vittoria, e Bernardo lo sapeva bene. Bertolucci, pertanto, cosa fece per colmare il gap? In modo molto furbesco, assunse nel ruolo di attrezzisti alcuni giocatori delle giovanili del Parma in modo tale che, facendo parte del cast del film, potessero a tutti gli effetti scendere in campo. La presenza di questi ragazzi, infatti, sovvertì il pronostico iniziale rivelandosi così decisiva per la vittoria di Novecento.

C'è ancora un aneddoto da raccontare. Tra i ragazzi del Parma chiamati per scendere in campo con la maglia di Novecento, vi era un giovanissimo Carlo Ancelotti (non aveva ancora compiuto 16 anni). Fino a qualche tempo fa, vi erano opinioni contrastanti sul fatto che quella domenica mattina di marzo in campo vi fosse proprio "Carletto", del tipo: «ma no, non può essere! Figuriamoci se un ragazzo di belle speranze sarebbe sceso in campo rischiando di farsi male in un'amichevole di quel tipo…». E invece sì, era proprio lui. Oltre ad una foto che lo ritrae, in modo decisamente inconfondibile, con alcuni dei giocatori di quella partita, è stato lo stesso Ancelotti a confermarlo in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, curata da Andrea Schianchi, del 19 marzo 2021. «Ricordo tutto», disse Carlo; e aggiunse: «sì, feci gol. Come non lo ricordo. Però ho esultato. Ero un ragazzino, ci poteva stare anche se si trattava di una partita tra amici».

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