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L'urlo di Pal Enger, ladro d'arte, pittore e calciatore

La vita straordinaria di Pal Enger, ladro gentiluomo e artista ma anche calciatore, nella Serie A Norvegese. 

di Giulio Giusti

Questo articolo è dedicato a Giorgio Sacchi, pittore, critico e storico d'arte, ma soprattutto uomo dal cuore infinito.

A soli 57 anni se n'è andato Pal Enger. A molti il nome non dirà nulla, ma nel 1994 ebbe dei momenti di grande popolarità. La sua è stata una vita vissuta sempre di corsa. Prima su un campo di calcio e poi per le strade per scappare dalla Polizia norvegese.

Conobbi la sua storia grazie al mio amico Giorgio Sacchi, pittore e storico dell'arte di Siena, che me ne parlò affascinato perché univa due delle sue grandi passioni: l'arte e il pallone. Enger era una giovane promessa del calcio norvegese che non salì agli onori della cronaca per le sue imprese sportive, pur avendo delle ottime qualità, ma per essere stato un ladro di opere d'arte famosissime. Di gol da calciatore ne fece pochi, mise a segno, però, un colpo clamoroso quando, il 12 febbraio del 1994 insieme a un complice, si arrampicò sulla facciata del museo della galleria nazionale di Oslo per rubare "L'urlo" di Edvard Munch. Quel giorno non era un giorno normale in Norvegia. Si teneva, a Lillehammer, la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali e la quasi totalità delle forze dell'ordine della nazione era impegnata a garantire un alto livello di sicurezza per l'inizio dei giochi.

Pal Enger, il ladro d'arte

Pal agì indisturbato e siccome era un ladro gentiluomo e anche dotato di un forte senso dell'umorismo lasciò un biglietto al posto della preziosissima tela: "grazie per la scarsa sicurezza".

Enger non rivendette l'opera a dei collezionisti privati. Tenne nascosto il capolavoro sotto un tavolino di casa sua, togliendosi lo sfizio di ammirarlo ogni tanto. Quando, solo tre mesi dopo, fu scoperto e arrestato dalla Polizia norvegese, ammise candidamente: "l'avevo preso perché affascinato da quell'opera. Volevo gustarmela a casa".

In carcere poi ebbe tempo e modo di dedicarsi alla sua più grande passione: dipingere. Tirò fuori una serie di quadri, alcuni dei quali riscossero pure un certo successo di critica. Scontata la pena continuò a dipingere, ma ricominciò, soprattutto, a rubare. Si dedicò, come sua abitudine, solo a opere di grande pregio. Del resto, era un vero esperto. Prima de "L'Urlo", Pal aveva già rubato un altro capolavoro di Munch: "Amore e dolore". Alla fine della sua carriera di ladro, a Pal Enger fu assegnata la responsabilità di almeno 17 furti di quadri. Anche se, secondo la polizia norvegese, il numero era sicuramente superiore. Dal punto di vista calcistico, invece, il suo talento si manifestò da giovanissimo nel Valerenga, in serie A norvegese, col quale fece pure un'apparizione in coppa UEFA. La passione per l'arte e il furto d'autore ebbero, però, il sopravvento.

Il dipinto di Munch, "Amore e Dolore", spesso chiamato anche "Il Vampiro", rubato da Pal Enger negli anni 80.
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Nel calcio due più due non fa mai fa quattro. Infatti, se ho due dei migliori attaccanti del mondo e li faccio giocare insieme non è detto che abbia il migliore degli attacchi possibili. Nel calcio, insieme ai campioni, esistono gli equilibratori. Si tratta di quei giocatori che diventano fondamentali per far funzionare al meglio una squadra

Parlando di Pal Enger, Giorgio Sacchi mi manifestò un'idea che gli era venuta in mente: organizzare una mostra e scrivere un libro sui calciatori artisti. Secondo lui i calciatori dotati di talento, ed Enger lo era da quello che raccontano le cronache, sono dei potenziali pittori o amanti dell'arte. Sulla scorta di questa sua convinzione, voleva coinvolgermi in questo progetto, cercando dei calciatori artisti per raccontare le loro storie. Qualcuno lo trovammo pure come Cesare Benedetti, ex calciatore della Roma negli anni '40 ed allievo di Giorgio de Chirico. Oppure Aldo Dolcetti, l'ex centrocampista di Pisa e Cesena e in seguito allenatore, pittore di un certo talento.

Pal Enger mentre dipinge

Purtroppo, il progetto non decollò mai, perché poi Giorgio fu preso da altre cose. Il mio amico era uomo dai mille interessi e dai mille talenti, ma come tutti gli uomini che hanno troppe qualità e passioni spesso si perdeva tra queste. Un giorno apriva una galleria d'arte e in breve tempo la portava all'apice del successo, dopo si stufava e si dedicava alla musica, sapeva suonare anche il piano, per poi aprire "Notizie d'Arte", una rivista culturale che ebbe un certo peso, emanazione della sua creatura più importante "Il centro delle arti" di Siena. Giorgio era un battagliero, amante delle sfide giuste anche se impossibili. Su tutte voglio ricordare la più bella che meriterebbe la sceneggiatura di un film: la disputa sul "Guidoriccio da Fogliano", l'affresco di Simone Martini che troneggia nella sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena. Giorgio e il suo amico Gordon Moran, noto critico d'arte statunitense, erano convinti che l'opera, una delle più famose della nostra storia dell'arte, non fosse di Simone Martini ma di un altro autore. Forti delle loro convinzioni e delle prove portate in sostegno di ciò pubblicarono un libro: "Il caso Guidoriccio". L'opera, scritta da Moran e pubblicata da Sacchi con la sua casa editrice "Notizie d'Arte", fu osteggiata da una grossa parte della critica e anche dalle autorità museali toscane.

Ma di Giorgio voglio ricordare soprattutto la generosità. Era un uomo che andava in soccorso di tutti. Fu tra i primi, ad esempio, ad adoperarsi per aiutare i migranti che arrivavano nel nostro Paese, quando ancora non esistevano o erano embrionali le associazioni preposte a farlo, quando scoppiò la guerra nel Balcani.

Proprio ora che Pal Enger è morto mi piace immaginarmelo insieme a Giorgio, che ci ha lasciati da sette anni, a parlare di calcio e arte. Il mio amico critico d'arte, sicuramente, si proporrà a Emger per organizzare una mostra dei suoi quadri e scrivere insieme il libro dei suoi sogni: "calcio e pittura". 

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