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44 Gatti tra zebre e tori

 La magica storia di Federico Gatti

Il calcio è meraviglioso. Tra dolci ricordi e drammatiche memorie, tra stelle e meteore, tra terra e cielo, questo sport si permette anche il lusso dell'ironia. Cosa c'entra l'irriverenza del calcio con una canzone del 1968, vincitrice del decimo Zecchino d'oro e intrisa di valore sociale e politico, seppur ben dissimulato? La risposta è svelata dalla storia di Federico Gatti, difensore italiano classe 1998, nato un trentennio dopo il maggio parigino e la favola musicale intonata da Barbara Ferigo e dal Piccolo coro dell'Antoniano. Federico, a differenza dei gattini della canzone e delle anime della protesta sessantottina, la sua storia l'ha cambiata.

Il difensore del Frosinone, cresciuto calcisticamente nel vivaio dell'Alessandria, ha compiuto il sesto salto di categoria di fila in altrettanti anni e non è ancora ventiquattrenne (compirà gli anni il 24 giugno: niente male il rapporto tra questo ragazzo e la numerologia vero?). Per lui, domenica sera, si è spalancato un portone, non una semplice porta: è arrivata la chiamata della Juve. Il dato entusiasmante è che Federico ha fatto il suo esordio nel calcio professionistico solo un anno fa. La chiamata della Vecchia signora arriva dopo soli sei mesi di serie b nel frusinate. Eppure, Gatti è arrivato in Ciociaria solo a giugno, dopo che la Juve U23 aveva eliminato la sua Pro Patria nei play off di Lega Pro validi per l'accesso al campionato cadetto. Si può escludere che i dirigenti bianconeri lo abbiano già visionato allora? Non è un mistero che il club di Busto Arsizio avesse basato le sue fortune proprio sulla solidità difensiva, anche grazie alla personalità, alla prestanza, e all'intelligenza calcistica di Gatti. 

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Gatti e il giallo di mercato con il Torino

Gatti alla Juventus. Fonte: Corriere dello Sport.

Difficile chiamare "favola" una storia simile, forgiata nel sacrificio e nel sudore, nella costanza, nell'umiltà e soprattutto nel lavoro. Quella di Federico non è una favola, ma una storia favolosa. Anche la modalità in cui è arrivata la chiamata dei bianconeri contribuisce a rendere elettrizzante questo racconto. Domenica 30 gennaio, i dirigenti del Frosinone si stavano recando a cena con quelli del Torino per vendere loro il difensore. C'era l'accordo di massima tra le due società, eccetto per un aspetto. I ciociari avrebbero voluto trattenere Federico almeno fino a giugno, pur vendendo da subito il cartellino. Anche grazie al suo contributo, infatti, la difesa del Frosinone è la terza meno battuta della serie B. Questa ipotesi, però, non scaldava il cuore dei dirigenti granata (visto l'esborso notevole per il cartellino da versare quanto prima) e si è aperta qualche prima crepa nella trattativa. Il problema è che la Juve, la quale ha saggiamente fatto propria la lezione politica dell'antica Roma (divide et impera) come dimostrato anche dai casi Chiesa e Vlahovic, da una crepa sa ottenere un'autostrada.

Quella di domenica sera è stata la cosiddetta cena con delitto. La prova del reato è stata trovata nella borsa della Vecchia signora. Il trasferimento last minute di Gatti si è svolto secondo un copione che ricorda le dinamiche narrative del romanzo giallo. Il difensore originario di Rivolo (TO) si è trovato protagonista (e "refurtiva") di uno scippo spettacolare, alla Ocean's Eleven per intendersi. E non tra due club qualsiasi, ma tra Torino e Juve. Si sa che ogni Derby è una dimensione temporale, piuttosto che un avvenimento, un flusso piuttosto che un frammento, e non è combattuto solo in campo ma anche e soprattutto fuori.

I granata hanno commesso il classico degli errori: quello sanzionato nella cultura popolare con la massima non dire gatto finché non l'hai nel sacco! Lo spirito animale della zebra ha avuto la meglio su quello taurino, grazie alla virtù della rapidità. Non solo più veloce della rampata del Toro, la zebra, ma anche del biscione, o della lupa e dell'aquila romane.

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L'accordo lampo tra Juve e Frosinone per Gatti

La cena tra Angelozzi e Bagnati, i DS incaricati di chiudere la trattativa tra gialloblù e granata non è andata di traverso a nessuno: non c'è proprio stata. La dirigenza frusinate ha cenato infatti con esponenti di quella bianconera. Pietanza principale? Gatti. È bastata una telefonata per deviare un'operazione che si apprestava ad andare in porto. I bianconeri, oltre a esaudire le richieste economiche dei ciociari, hanno soddisfatto quella più importante: la permanenza di Federico in terra laziale fino a giugno. 

Molti tifosi anti-juventini ritengono che non si sia trattato dello scatto della zebra, ma di una scorrettezza antisportiva tra colleghi, ancor prima che tra avversari. L'irruzione dei bianconeri è andata in scena all'ultimo minuto, quando il difensore era già virtualmente granata (come rivelato, dal medesimo, ai compagni di squadra). Il Torino stava completando la propria campagna acquisti ed aveva avuto il merito di arrivare ad un passo dal giovane centrale. Il mercato, però, insegna che gli affari non sono mai chiusi fino allo scambio delle firme. E tra detestati cugini è ancora più difficile indossare la maschera del gentlemen's agreement se la posta in palio è uno dei migliori giovani difensori italiani, per di più Piemontese DOC. In secondo luogo, la volontà del giocatore è stata decisiva e non può passare inosservata. Alcuni giocatori hanno detto no in passato alla Juve. Gatti non è uno di questi ed ha manifestato il suo entusiasmo fin da subito.

 Da Gatti a Torricelli

Era difficile rifiutare la chiamata di una delle squadre più blasonate e bramate al mondo tra i giocatori e gli appassionati. Soprattutto quella di un club vincente per antonomasia, fondato sulla cultura del lavoro, il cui sloganfino alla fine – si addice alla storia di Federico. Ciò vale ancora di più, se si pensa che questo ragazzo non ha lesinato fatica, abnegazione, rinunce e costanza; che ha contribuito a sostenere la famiglia nel momento in cui il padre aveva perso il lavoro, impegnandosi nei cantieri e in serramenta tra un allenamento e l'altro; che non ha disdegnato il buio e il gelo delle prime ore della mattina, la voce fumante, le impalcature ghiacciate, i duri turni di lavoro… Proprio per il suo passato duro, per quanto dignitoso e confortato dall'amore e dalla presenza della famiglia, Federico è già paragonato per la sua storia personale a Torricelli, colonna bianconera degli anni '90. Moreno inizialmente era impiegato come manovale di falegnameria in un mobilificio della Brianza e giocava solo a livello dilettantistico. Anche per lui, la chiamata della Juve arrivò quasi improvvisamente, dopo un'amichevole tra i bianconeri e la Caratese, squadra di serie D, in cui aveva impressionato Trapattoni (nume tutelare del catenaccio). L'analogia è ancora tutta da dimostrare: Gatti non è ancora mai sceso in campo con la maglia bianconera, perché fino a giugno giocherà per il Frosinone; Torricelli invece è riuscito a passare alla storia come vincitore della Coppa dei campioni con la Juve.

Tutti i pazzi numeri della Serie A 

Tutti i numeri strani della Serie A. Fonte: Goal.com

Perché allora il rapporto con lo zecchino d'oro e con uno dei motivi musicali più canticchiati da grandi e piccoli? Il numero di maglia più auspicato dai tifosi per Gatti è il 44 (a Frosinone con mister Grosso indossa la 6, ma in passato ha già indossato quella maglia). Avendo Kulusevski lasciato sguarnita la numero 44 zebrata per l'approdo al Tottenham, ed essendo già occupato da Danilo il 6, ci si aspetta che la prossima stagione Federico sfoggi proprio il 44. Oltre alla simpatia, c'è la scaramanzia alla base di questa scelta, ma anche un pizzico di Marketing. Non è l'unica combinazione alfanumerica interessante della serie A: si pensi anche al 5 (di) Sensi e al 7 (di) Nani alla Lazio (che ora al Venezia indossa la 20), per citarne alcuni. Cinque sensi e sette nani, ma soprattutto quarantaquattro gatti.

Come i felini della canzone, senza padrone, si organizzavano per

/un pasto al giorno e all'occasione

poter dormire sulle poltrone/

così anche Gatti si è impegnato profondamente per migliorare la qualità della propria vita e il corso della propria carriera. E quel 44 gli starebbe persino stretto, perché a differenza dei mici di sessantottina memoria, lui è riuscito a prendersi il futuro, a forgiare il proprio mondo, a cambiare le cose. Anche la dolce storia di Federico è rivolta ai sognatori e ai più piccoli. Non ai creduloni ma a chi crede. Da qualsiasi soffitta e palazzone si possono rovesciare i pronostici, così come da qualsiasi vicolo, rione e strada si può arrivare a calcare il più prestigioso palcoscenico possibile. Se c'è un libro di favole che racconta storie reali, e che può ancora essere aperto e sfogliato da tutti, con entusiasmo, beh, è proprio quello del calcio.

Francesco Taviani

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