Finisce la storia d'amore tra Antonio Conte e il Tottenham. Un amore forse mai sbocciato, finito tra interviste e conferenze stampa al veleno.
Alla fine Antonio Conte ce l'ha fatta: è riuscito a farsi esonerare dal Tottenham. Le dimissioni sarebbero state un gesto troppo elegante per il personaggio e soprattutto l'avrebbero costretto a rinunciare alla restante parte del cospicuo ingaggio percepito dal club londinese. Sono servite, però, una serie d'interviste dove l'allenatore salentino ha scaricato tutte le colpe dell'annata negativa sui suoi uomini, definiti impietosamente "non abituati a giocare per qualcosa di importante". Peccato che nel 2019 sotto la guida di Pochettino molti di loro abbiano sfiorato la Champions League, persa in finale contro il Liverpool, dopo un cammino esaltante. Ma Conte è fatto così: quando le cose vanno bene si prende tutti i meriti, quando vanno male la colpa è sempre degli altri e quando dopo essere andate bene annusa nell'aria che potrebbero peggiorare scappa subito, non prima di lanciare frecciate velenose. Il personaggio è questo, prendere o lasciare. Gode in Italia di ottima stampa che esaltò il suo lavoro con la nazionale, con un quarto di finale in un Europeo celebrato come la vittoria di un Mondiale.

La manita di Erling Haaland nella notte di Champions - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
C'è un mostro che si aggira dalle parti di Manchester. Il suo nome è Erling Haaland ed è il terzo giocatore della storia della Champions League a mettere a segno cinque reti in una sola partita.
Oltremanica, però, hanno imparato a conoscerlo. Il suo periodo al Tottenham è stato giudicato fallimentare, soprattutto se rapportato alla ricca campagna acquisti del suo amico e mentore Paratici. Quest'ultimo forse avrà altro a cui pensare visto che il suo nome è uno dei più gettonati nell'inchiesta Prisma che ha costretto Andrea Agnelli e tutti i vertici della Juventus alle dimissioni. Proprio i bianconeri sembrano una delle destinazioni più probabili di Conte, a meno che la giustizia sportiva non li faccia sprofondare negli abissi. Ma come sarebbe visto un ritorno di Conte alla Juventus dopo l'addio al cianuro dell'estate del 2014? In molti ancora ricordano la conferenza stampa d'addio ai bianconeri dove annunciava che chi voleva vincere la Champions non poteva sedersi al tavolo di un ristorante da 100 euro a cranio se ne aveva solo 10 in saccoccia. Una dichiarazione offensiva per la storia della Vecchia Signora e che poi gettò lo stesso allenatore nel ridicolo perché Allegri vinse molto più di lui, senza tanti proclami, e raggiunse due finali della coppa dalle grandi orecchie. Ma soprattutto la tifoseria juventina non gli ha ancora perdonato il passaggio all'odiatissima Inter.
Stimato da molti, simpatico a pochi, odiato da tanti per i suoi tradimenti sportivi. Da leccese andò ad allenare i nemici del Bari, e fin qui nulla di male per un professionista, ma dopo aver espugnato con i galletti lo stadio di Via del Mare esultò in modo plateale nei confronti della tifoseria salentina. Un gesto che ancora paga con cori e offese quando torna nello stadio dove iniziò la sua carriera.
Anche all'Inter il suo addio fu considerato un tradimento. Quella nerazzurra è un'altra spiaggia dove potrebbe approdare il mister il prossimo anno. Neppure qui si è lasciato bene, con un finale dell'ultima stagione dove sottolineava giorno dopo giorno che ci volevano campagne acquisti faraoniche per continuare a vincere e che lui, vincente nato, dovendo continuare a vincere non poteva rimanere. Che poi a Londra sia andato in un altro modo non è, a sentir lui, colpa sua ma dei giocatori. Per Conte la colpa è sempre degli altri. Per molti è il prototipo del vincente ed in effetti ha vinto tanto, anche se a livello internazionale, parafrasando il suo grande nemico Mourinho, "zeru titoli".
Non ride mai perché dice di pensare solo al lavoro. Nel suo vocabolario la parola sconfitta non è contemplata, del resto è famosa la sua dichiarazione "la sconfitta mi fa stare male".
Forse, dovrebbe prendersi meno sul serio ma non lo farà mai. E se la sua fosse solo un'abile strategia, figlia dell'antico motto napoletano chiagni e fotti?
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