Se si pensa al ricordo, in casa Roma, non si può non pensare ad Antonio De Falchi. Ecco la sua storia
Ogni volta che la Roma gioca con il Milan il mio pensiero va ad Antonio De Falchi, il tifoso romanista ucciso in un agguato fuori San Siro, nel giugno 1989. Antonio è diventato maggiorenne da pochi mesi, vive a via di Torre Maura, quartiere popolare. Papà Enrico, che lavorava come ascensorista alla Rinascente di via del Corso, si era suicidato dopo una crisi di nervi, lanciandosi dal quarto piano del suo appartamento. Mamma Esperia, casalinga, doveva badare da sola ai suoi 8 figli. Per questo Antonio, dopo le medie, aveva lasciato la scuola ed era andato a lavorare prima come tappezziere poi come fabbro, in un'officina di infissi in Borgata Finocchio. Era innamorato della Roma.
L'agguato ad Antonio De Falchi
La seguiva sempre, in casa e in trasferta. Per questo quel sabato 3 giugno del 1989, Antonio non ha dubbi: si deve andare a Milano. "Noi gliel'avevamo detto che era pericoloso! Ma alla Roma non rinunciava - racconta la sorella, Anna, al Corriere della Sera - Pensi che la sera prima, quando passò il suo amico per andare alla stazione Termini, io attaccai il citofono, ma lui aveva sentito lo squillo e scappò giù. Mia madre gli aveva preparato la parmigiana di melanzane, però non ha fatto in tempo a mangiarla...".
Dalla stazione Termini partono in un centinaio. Arrivano la mattina dopo, alle 9. Antonio, insieme a tre amici, Angelo, Alfredo e Fabrizio, fanno un giro della città. Adriano Stabile, sul sito storiadellaroma.it, ricostruisce gli istanti di quella mattina: "i ragazzi passeggiano nel centro di Milano, visitano piazza del Duomo, Antonio compra una cartolina della celebre cattedrale meneghina e la spedisce alla mamma. Poi, con il tram numero 24, i quattro giovani arrivano in zona San Siro poco prima delle 11.45. Lo Stadio Giuseppe Meazza, all'epoca, è un cantiere per i lavori di ristrutturazione in vista dei Mondiali di Italia '90".
Antonio e i tre amici si isolano dal gruppo dei tifosi in trasferta. Camminano da soli, le sciarpette nascoste sotto i giacchetti. All'altezza dell'ingresso 16 del Meazza, i quattro vengono notati da una ventina di milanisti. Si avvicina uno, maglietta bianca, capelli rasati. Chiede una sigaretta, Antonio capisce che è una trappola. Poi domanda l'ora. L'accento romano tradisce i quattro ragazzi. Dalla costruzione in cemento escono fuori in trenta. "Prendilo! Sono romani!". Inizia la caccia. Alfredo salta una recinzione, Angelo riesce a scappare, Fabrizio pure. Antonio resta indietro, cade a terra, viene raggiunto. Calci e pugni, su tutto il corpo. Antonio si rialza, cade di nuovo. È un'aggressione veloce, finisce tutto nel giro di un minuto, quando arriva la mobile e trova il ragazzo sull'asfalto. Antonio non respira, è cianotico, ha un infarto in corso. Il poliziotto prova a fargli un massaggio cardiaco ma niente. Arriva l'ambulanza, lo porta all'Ospedale San Carlo. Antonio De Falchi è morto.
I fatti di Milano e la morte di Antonio De Falchi
"Era mezzogiorno passato, la tv non l'aveva ancora detto - racconta ancora la sorella - Come sempre per le cose brutte, vennero le guardie a casa. Mamma strillava "se siete qui significa che Antonio è morto!", e loro negavano, dicevano che era in ospedale, ma solo per consolarci".
Dei criminali che l'hanno ucciso vengono presi in tre: Antonio Lamiranda, 21 anni, Daniele Formaggia, 28 anni, e Luca Bonalda. I primi due vengono assolti, il terzo condannato a 7 anni di reclusione e 50 milioni di lire di risarcimento, di cui 3 anni e mezzo in libertà provvisoria. La motivazione della sentenza, secondo il giudice Guido Piffer, è questa: "la causa della sua morte può essere identificata nella condotta del gruppo di milanisti, che sottopose il ragazzo a un'eccezionale sollecitazione cardiaca, con la quale agì come fattore concorrente l'anomalia cardiaca della quale il ragazzo soffriva".
I funerali, a Roma, si tengono il 7 giugno 1989. Ci sono Angelo Peruzzi, Giuseppe Giannini e Sebastiano Nela, insieme al Presidente Dino Viola, che paga le spese per la cerimonia e la sepoltura.
Il volto di Antonio De Falchi sventola sempre in Curva Sud, in ogni partita. "A difesa del tuo ricordo: Antonio romanista attivo per sempre". Ricordo vuol dire proprio questo: ripassare dalle parti del cuore. Per gli antichi, infatti, era questo l'organo sede della memoria. Per noi, oggi, è il luogo del sentimento. Quel core grosso, mezzo giallo e mezzo rosso. Quel cuore di Antonio che le botte criminali fecero smettere di battere. Quel cuore infangato e profanato ancora nel 2009, quando le Brigate Rossonere srotolarono uno striscione che diceva: "Il nostro arresto è in flagranza, il vostro arresto è cardiaco".
C'ha pensato la Curva Sud a rispondere, con una delle sue coreografie più belle: il volto di Antonio De Falchi moltiplicato per tutto il settore. Anche stasera il suo nome riecheggerà ancora. E così il 2 novembre, giorno del suo compleanno. Per ripassare, sempre, insieme, dalle parti del cuore.
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