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Gino Ferrer Callegari, l'anarchico della Roma che non piaceva al Duce

La storia di Gino Ferrer Callegari, calciatore della Roma e della Lucchese, centrocampista anarchico che venne bollato da Mussolini. 

Se c'è una squadra che, negli anni del fascismo, andava avanti in direzione ostinata e contraria, questa era senza dubbio la Lucchese. Tra il 1935 e il 1939 la compagine toscana milita in Serie A e si costruisce una spina dorsale fortemente antifascista. In mezzo al campo c'è Koper Bruno Scher, mediano istriano, simpatie comuniste, che dopo 124 partite e 23 gol con la maglia biancorossa venne cacciato nei bassifondi del calcio. La sua colpa? Essersi rifiutato di italianizzare il suo nome, come richiesto dal regime. In porta c'era "Il gatto magico", Aldo Olivieri, uno che diceva: "se si ama la libertà non si può essere fascisti". In panchina c'era un certo Erno Erbstein, ungherese, di origini ebraiche, che prima perde il lavoro con le leggi razziali, poi viene internato in un campo di lavoro in Ungheria. Tornerà in Italia, precisamente a Torino, dove diede inizio alla storia della più grande squadra del nostro calcio. Morì con gli altri granata, nella tragedia di Superga. Tornando in campo, poi, c'erano due anarchici. Il primo è Libero Marchini, medaglia d'oro ai Giochi di Berlino 1936, anche se la vera medaglia la vince fingendo un prurito alla gamba durante il saluto fascista, in occasione della premiazione nella capitale tedesca, davanti a una tribuna piena di camicie nere e naziste.

La formazione della Lucchese 1936 - 37. Fonte foto: Il Nobile Calcio
Gino Ferrer Calligari con la maglia della Roma

L'altro anarchico è Gino Ferrer Callegari. Classe 1991, padovano, centrocampista di belle speranze, già a 15 anni si mette in mostra col Gruppo Sportivo "Tito Fumeri" prima di passare con i grandi del Padova e fare l'esordio in Serie A nel 1928. Le origini anarchiche della famiglia si trovano già dal secondo nome. Ferrer, infatti, è un omaggio al pedagogista anarchico spagnolo Francisco Ferrer, fucilato a Barcellona nel 1909 dopo un processo farsa in cui venne accusato di essere il fomentatore di una rivolta popolare. Di mestiere controllore per le ferrovie, autodidatta, divenne insegnante e pedagogista. La sua teoria è nota come "Escuela moderna" e secondo Ferrer il "fine ultimo della civiltà è la libertà dell'individuo in una società retta da patti liberi e sempre rescindibili. Per realizzare questo fine è necessaria una educazione razionale e scientifica da impartire fin dall'infanzia, in quanto il bambino non ha idee preconcette e l'educatore dovrebbe rispettarne la volontà fisica, morale e intellettuale, anche se questo dovesse andare contro gli interessi dello stesso educatore"

Gino Ferrer Callegari, terzo da sinistra in piedi, con la maglia della Roma
Gino Callegari fra Biavati e Puricelli, in Bologna-Liguria del 1941. Fonte foto: Il Nobile Calcio.

Nome di un pedagogista, piedi da centrocampista, Gino Callegari viene apprezzato dal tecnico Burgess per la sua rapidità, per la decisione nel tiro, per la capacità di variare il gioco. Per questo nel 1933 viene acquistato dalla Roma, per quello che sembra il balzo decisivo della sua carriera. E' qui però che qualcosa si blocca per sempre. A inizio stagione, infatti, la squadra viene visitata da Mussolini (che, ironia del destino, guidava la rivolta dei socialisti italiani che, a Forlì, la sera del 14 ottobre 1909, protestarono contro la fucilazione di Francisco Ferrer abbattendo la Colonna della Madonna del Fuoco, in Piazza Duomo). Il duce passa in rassegna la squadra e quando arriva davanti a Callegari non lo saluta, anzi lo apostrofa con uno sdegnoso: "Ah, l'anarchico…". E' la parola fine sulle sue velleità sportive.

"In realtà di quest'episodio non ho trovato alcuna conferma documentale - ha raccontato in questa intervista Edoardo Molinelli, autore del famoso libro "Cuori Partigiani - La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana - dunque resta un classico "si dice" impossibile da verificare. Di certo Gino fu ceduto alla Sampierdarenese al termine della sua prima stagione alla Roma e non tornò mai più in squadre di alto livello". Resterà sempre in Liguria, tranne la parentesi in prestito nella Lucchese antifascista di cui parlavamo in apertura. Qui si conquista il soprannome di "Polegrina", ovvero il genovese varechina. Giocherà per la Liguria, per il Genova e per l'Entella, di cui sarà anche allenatore. Sempre in Liguria morirà, nel 1954, di leucemia. In disparte, ma dalla parte che voleva lui. Senza che gli altri decidessero al suo posto. 

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