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Nel bene e nel male

Sguardi, gesti, cuori, gol e tanto amore. La partita di ieri è stata un nuovo abbraccio tra Lorenzo Pellegrini e la Roma. 

Un capitano che guarda la sua gente, la indica, le manda un gol, le chiede scusa. Un capitano difeso come uno di famiglia, protetto, perdonato, coccolato. C'è tanto amore e tanta poesia nella partita di ieri sera di Lorenzo Pellegrini, nel Roma Udinese 3 a 0 che porta i giallorossi a +3 dal Milan e a +5 dall'Inter. C'è tutta la storia di un rapporto tra una fascia, una maglia e la sua gente, tutta la bellezza e la difficoltà, il peso e la leggerezza di un ruolo.

C'è tutto l'amore di Pellegrini verso questa squadra innanzitutto. E visto che l'amore è una questione di attrazione e di contatto, la partita di ieri sera è stata un continuo cercarsi e un nuovo ritrovarsi. È iniziata con un gioco di sguardi, come quello del numero 7 mentre entra in campo e guarda la Curva Sud, dove dominava lo striscione "Nel bene o nel male, il Capitano rimane tale". Anzi, era iniziata addirittura prima, con il boato di tutto lo Stadio Olimpico al momento del suo nome durante la lettura delle formazioni. Un abbraccio collettivo, fortissimo, della sua gente verso il suo capitano. Un capitano maltrattato come e più dei suoi compagni, con gli stessi toni e lo stesso rancore che ha investito in passato anche Totti e De Rossi. Un capitano che anche con la squadra in vantaggio, dopo la fine del primo tempo, veniva criticato per la scelta (senza sapere di chi) di non aver tirato il rigore, sbagliato di nuovo da Cristante e ribadito in rete da Bove.

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Tra Salerno e Castellabate, sulle tracce di Agostino Di Bartolomei - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Sulla Salerno Reggio Calabria, la strada che mi riporta a Roma dal mare, il navigatore segna una deviazione poco dopo essere entrati in Campania. È una tappa obbligata, studiata cartina alla mano, che non ha a che fare con la prima di campionato, Salernitana Roma, almeno apparentemente. Mi fermo a sessanta chilometri dal capoluogo: si va a Castellabate, a salutare Agostino Di Bartolomei.

Il rigore, era questo il peso sul cuore di Pellegrini. Un peso a cui si aggiungeva il macigno di una stagione sottotono, con un gol su azione lontano più di un anno. Un peso che si è tolto, almeno in parte, al decimo minuto del secondo tempo, mandando in rete la palla d'oro servita da Belotti. Un gol che sa di liberazione, di leggerezza, di rinascita. "Come mi sono sentito? Libero. Era da un po' che non segnavo, mi mancava. Le persone che mi vogliono bene mi hanno detto di ritrovare un po' di serenità e leggerezza e oggi ci sono riuscito".Un gol che sa d'amore. Lo sa bene Pellegrini, che per festeggiare prima manda un cuore in tribuna poi va sotto la Curva Sud, la sua curva. "È un'esultanza che viene da mia figlia, ma è anche per questo stadio. Lo sapevo, ma oggi è stata una conferma: nel bene o nel male posso sempre contare su qualcuno e loro sanno che possono sempre contare su di me. Io faccio il mio meglio in campo per loro".

È stata una partita di contatti, di sguardi, di gesti, di gol. Una partita di abbracci, come quello di José Mourinho che si prende il suo capitano dopo avergli concesso la giusta standing ovation. "Ha fatto prestazioni non troppo fantastiche ultimamente, ma è un giocatore che ha la nostra fiducia. Oggi ho deciso di non fargli tirare il rigore perché lui non aveva bisogno di questa pressione extra. L'avrebbe tirato sul 2-0, ma quello decisivo no. Ha fatto un'ottima partita e un bel gol. Se c'è stato qualche commento negativo dopo il Feyenoord non è un problema. La realtà è questa, lottiamo tutti insieme con i nostri tifosi". Insieme, nel bene e nel male. È successo ieri, accadrà ancora giovedì sera, quando arriverà il Feyenoord. E a guidare la squadra ci sarà ancora lui, Lorenzo Pellegrini, il Capitano. Uno di casa. 


Foto in copertina: As Roma

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