Lo sguardo sornione, sicuro, a tratti spavaldo. Josè Mourinho si presenta così alla prima conferenza stampa a Trigoria. Lo fa con il suo modo di sempre, guardando fisso negli occhi, ridendo, tornando serio, pesando le parole. Come quando dice: "I tifosi possono aiutare, però possono anche giocare. Che è un modo diverso di andare allo stadio". Con quell'accento sul verbo, "giocare", ribadito forte e chiaro, subito, per tre volte. Saranno oltre 24.000 i tifosi giallorossi presenti per Roma-Fiorentina. E il mister ha dato indicazioni anche a loro.
Quella di stamattina è stata una conferenza stampa finalmente vera, senza risposte da zero a zero, senza discorsi scontati. Si è parlato di campo, di singoli, di tifo, di tattica ("In Inghilterra dicevo sempre che mi mancavano le conferenze stampa in Italia, lì non volevano parlare di calcio. Ora che sono in Italia invece non voglio parlare di tattica"). Quasi mezz'ora di domande e risposte, 1.126 parole. Con in testa due vocaboli su tutti: "tempo" e "vincere".
Compaiono 7 volte a testa, a confermare l'importanza di questi concetti (nella conferenza a Trebisonda, invece, la parola più ricorrente fu "squadra", ripetuta 16 volte, seguita da "giocatori", 12). "Il tempo è una parola chiave in questo progetto, la parola che mi ha portato qui", spiega Mourinho, che torna a mettere l'accento sulla questione nella terzultima domanda della conferenza, quella che chiedeva se fosse cambiato il concetto di tempo per la Roma o per Mourinho: "Non c'è altro modo di cambiare la realtà se non con il tempo, con l'organizzazione, con il lavoro invisibile". Un tempo per il gioco, un tempo per il mercato ("C'è tempo per fare qualcosa di più, a gennaio o in estate"). Ma soprattutto un tempo per "vincere". È questa l'altra parola regina della prima conferenza stampa di Mourinho, ancora una volta nominata 7 volte. "Oggi quello che mi manca sono i 3 punti di domani. Quella è l'unica cosa a cui penso, vogliamo vincere". Un pensiero fisso, un'ossessione: "Domani, contro la Salernitana, contro la Juve o contro l'Inter: noi giocheremo per vincere", e poi ancora: "L'obiettivo è vincere la prossima partita. Quando giochiamo contro Juve, Inter, MIlan o Atalanta non cambieremo la nostra filosofia".
Quella di stamattina è stata una conferenza stampa finalmente vera, senza risposte da zero a zero, senza discorsi scontati. Si è parlato di campo, di singoli, di tifo, di tattica ("In Inghilterra dicevo sempre che mi mancavano le conferenze stampa in Italia, lì non volevano parlare di calcio. Ora che sono in Italia invece non voglio parlare di tattica"). Quasi mezz'ora di domande e risposte, 1.126 parole. Con in testa due vocaboli su tutti: "tempo" e "vincere".
Compaiono 7 volte a testa, a confermare l'importanza di questi concetti (nella conferenza a Trebisonda, invece, la parola più ricorrente fu "squadra", ripetuta 16 volte, seguita da "giocatori", 12). "Il tempo è una parola chiave in questo progetto, la parola che mi ha portato qui", spiega Mourinho, che torna a mettere l'accento sulla questione nella terzultima domanda della conferenza, quella che chiedeva se fosse cambiato il concetto di tempo per la Roma o per Mourinho: "Non c'è altro modo di cambiare la realtà se non con il tempo, con l'organizzazione, con il lavoro invisibile". Un tempo per il gioco, un tempo per il mercato ("C'è tempo per fare qualcosa di più, a gennaio o in estate"). Ma soprattutto un tempo per "vincere". È questa l'altra parola regina della prima conferenza stampa di Mourinho, ancora una volta nominata 7 volte. "Oggi quello che mi manca sono i 3 punti di domani. Quella è l'unica cosa a cui penso, vogliamo vincere". Un pensiero fisso, un'ossessione: "Domani, contro la Salernitana, contro la Juve o contro l'Inter: noi giocheremo per vincere", e poi ancora: "L'obiettivo è vincere la prossima partita. Quando giochiamo contro Juve, Inter, MIlan o Atalanta non cambieremo la nostra filosofia".
È tutta tra tempo e desiderio di vittorie la dialettica impostata da Mourinho. Un allenatore consapevole tanto delle richieste e dei desideri della piazza quanto del progetto che è chiamato a condurre. Servirà pazienza, ci sarà bisogno di nuovi acquisti, di sostituzioni, di invenzioni, di cambi di rotta. Servirà capire, leggere, predire. Servirà vincere e servirà per vincere. Con il tempo.
Intanto un tempo, quello delle chiacchiere, sembra veramente finito. Oggi inizia il campionato. E il portoghese, uomo pragmatico, lo sa bene. Non a caso la terza parola per occorrenze, se escludiamo l'avverbio "bene" ripetuto dal mister 7 volte, è proprio "campo". Mourinho ha parlato oggi, ora sarà toccherà al campo, che parlerà da domani.
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