La Roma ha un nuovo attaccante. Si tratta di Sardar Azmoun, arrivato tra critiche e silenzio ma pronto a mettere in campo la sua stoffa. La stessa che lo portò a prendere posizione contro il regime in Iran.
Prendere posizione, fare una scelta, far sentire la propria voce. Non sono molti i calciatori a farlo, non sono molti i professionisti che trovano il coraggio di spendere parole, di usare la loro posizione per essere veicolo di cambiamento, di riflessione, sfruttare la loro fama per accendere dei riflettori. Sardar Azmoun l'ha fatto ed è forse uno dei gol più belli della sua carriera.
Classe 1995, nato in Iran da genitori immigrati dal Turkmenistan, quasi dieci anni di carriera in Russia, tra Rubin Kazan, Rostov e Zenit San Pietroburgo, prima di passare, nel gennaio 2022, al Bayern Leverkusen. Le sue statistiche parlano di appena 5 gol in terra tedesca e oltre 60 in quella russa, mentre con la maglia iraniana sono 45 i centri, che lo rendono il terzo miglior marcatore dopo Ali Daei (109) e Karim Bagheri (50). Numeri che gli sono valsi un soprannome di non poco conto: il "Messi iraniano". Eppure il rapporto con la sua nazionale è stato tutt'altro che facile ma è stato segnato da amore e odio, di addii e di ritorni.
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L'estate 2023 è quella del calcio arabo, che con le sue cifre da capogiro attira campioni come Neymar, Cristiano Ronaldo e Benzema. Ma per capire questi trasferimenti non basta parlare di calciomercato.
Dopo il mondiale del 2018, infatti, durante il quale l'Iran è uscito alla fase a gironi, finendo terzo dietro a Spagna e Portogallo, Azmoun ha detto addio alla maglia rossoverde. "Troppe critiche, mia madre sta male per questo e io devo scegliere: lascio la nazionale. Ero felice in questo periodo perchè mia madre è riuscita a vincere una brutta malattia. Ma le critiche che abbiamo subito coi miei compagni le hanno di nuovo rovinato la salute. Per questo motivo mi trovo davanti ad una scelta ed ovviamente prediligo la mia famiglia. E' una decisione molto complicata per me, che ho fatto tanti sacrifici per arrivare a giocare in nazionale ed ho 23 anni".
Un addio che è durato poco meno di un anno, visto che nel 2019 ha accettato di tornare a vestire la maglia della sua nazionale. Ma è nel 2022 che arriva la presa di posizione più netta, proprio durante l'apice delle violenze nel suo paese natale e poco dopo la morte di Mahsa Amini, la donna iraniana uccisa per aver indossato in maniera errata il velo. Un messaggio potente, diretto, affidato alle stories di Instagram e preceduto da tre inequivocabili emoji del dito medio: "Le regole imposte qui in nazionale c'impediscono di parlare finché siamo qui in ritiro, ma non ce la faccio più a restare in silenzio. La punizione è l'espulsione dalla nazionale? Beh, cacciatemi. Se sarà servito a salvare anche una sola ciocca di capelli delle donne iraniane ne sarà valsa la pena. Quanto sta succedendo non sarà mai cancellato dalle vostre coscienze, io non ho paura d'essere cacciato. Vergogna per voi che avete ucciso con tanta facilità gente del nostro popolo, e viva le donne iraniane. Se questi sono dei musulmani, che Dio faccia di me un infedele". A settembre dello stesso anno, Sardar Azmoun pubblica invece una foto della nazionale di pallavolo femminile dell'Iran, in cui scrive: "Il mio cuore è spazzato per Mahsa Amini e per tutti quelli che come lei ci hanno lasciato. La storia non vi dimenticherà. Sono orgoglioso di essere con voi e spero che un giorno la vostra posizione in questo paese sia rispettata".
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Il colpo dell'estate è arrivato: Romelu Lukaku è il nuovo attaccante della Roma. E Mourinho non trova solamente il centravanti, ma anche la sua rabbia e la sua voglia di vincere.
È questa, insomma, la stoffa di Azmoun, che da sabato è ufficialmente un nuovo giocatore della Roma. Arrivato in sordina, tra le critiche e le aspettative deluse, tra i fiumi di tweet e di articoli sulla trattativa Lukaku. Lui è sceso dall'aereo con il sorriso, ha firmato i primi autografi e poi anche il contratto che lo legherà ai colori giallorossi fino a giugno 2024. Nelle idee di Mourinho sarà lui il vice Dybala. "Non viene per essere il mio attaccante – ha detto il portoghese – viene per essere uno dei miei attaccanti". Pronto a segnare oltre che con le parole anche con i piedi.
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