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Trinità de' Pellegrini

Su un gruppo della Roma, su Facebook, dopo il cartellino rosso preso da Pellegrini contro l'Udinese, un utente si chiedeva: "Guarda te se non c'hanno fatto un regalo in vista del derby". Esultava, per l'espulsione del capitano della sua squadra. Gioiva. Vedeva un vantaggio sulla Lazio nell'assenza del numero 17. Nell'assenza del migliore giocatore, fino a quel momento, della Roma.

Il risultato, lo sappiamo tutti: 3 a 2 per i biancocelesti e stracittadina ai rivali.

Non c'era Lorenzo Pellegrini. E forse non sarebbe cambiato niente, per carità. Lo sappiamo bene come la vivono i romani e romanisti questa sfida. Ecco, questa è la prima cosa che ho in comune con il Capitano della Roma, con il Capitano della mia squadra: i derby li sentiamo, i derby ci fanno un effetto strano. Lo dico da ipocrita: domenica scorsa ho spento al gol di Savic. Quindi ho spento subito, sì, è vero. Non ci posso fare niente. Ho riacceso solo per un istante, quando ho sentito il vicino di casa strillare. L'ho fatto solo per il tempo di capire di che squadra fosse (e sì, per fortuna era della Roma). I derby non li vivo bene e penso che non l'abbia vissuto bene neanche Pellegrini, che da protagonista si è ritrovato spettatore, che ha dovuto stoppare un inizio che definire promettente è poco: 9 partite disputate fin qui, 6 gol e 2 assist. Il miglior avvio di sempre. Pellegrini ha già segnato la metà dei gol dello scorso anno (11 marcature in 47 presenze). "Pellegrini in questo momento se dà 6 numeri vince al SuperEnalotto" diceva un messaggio comparso sul mio display durante Roma CSKA Sofia.

Dietro un avvio così, c'è la mano sicura di Josè Mourinho. Il portoghese si coccola il suo giocatore migliore, lo accarezza, lo sfrutta, lo esalta. "Pellegrini può fare tutto. Se ne ne avessimo tre giocherebbero tutti nella stessa squadra. È molto funzionale, su può adattare a diversi ruoli, l'altro giorno ha giocato sulla fascia destra e ha creato quella bella situazione in cui Abraham ha preso la traversa. Capisce il gioco e gli allenatori". Un Pellegrini uno e trino, un giocatore rigenerato, nuovo, in fiducia. Capace di prendersi la squadra sulle spalle, dettarne i tempi, dargli la scossa. Un giocatore che ora sa prendersi le sue responsabilità.

E sotto quelle più importanti adesso è arrivata anche la firma: ufficiale il rinnovo fino al 2026. "È impossibile spiegare questa emozione, è quello che ho sempre voluto: era arrivato il momento di legarmi alla squadra della mia città". Ecco la seconda cosa che ho in comune con il capitano della Roma: siamo tifosi della stessa squadra. Ed è un privilegio di pochi, un privilegio che per me è normalità. È stato così con De Rossi, è stato così con Totti. E prima di me c'è chi ha avuto Giannini, Di Bartolomei, Conti. Un privilegio scontato.

E sarà un discorso abusato, una retorica spiccia, un qualcosa che non porta a trofei e a scudetti. Ma non me ne frega niente. In campo, ancora per molti anni, ci sarà un calciatore che guarda la Roma con i miei stessi occhi. Ed ecco la terza cosa che ho in comune con il capitano della mia squadra: il modo in cui guardiamo qualsiasi cosa che è gialla e rossa. Come quella foto lì in alto, con Totti che entra in campo e Pellegrini raccattapalle. Il Dio e il bambino. Il Presente e il Futuro. Il ragazzino che guarda entrare il numero 10 mentre la sua testa esplode di sogni e speranze. Gli stessi sogni e le stesse speranze che sono le nostre. A Lorenzo, adesso, il compito di farle diventare realtà. 

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