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A una calciatrice è stato vietato di indossare il velo durante una partita

Una giovane calciatrice del Pro Vercelli, Maroua Morchid, è stata obbligata a togliersi il velo durante una partita. Dopo il suo rifiuto la gara è stata sospesa.  

Maroua Morchid, calciatrice classe 2005 della Pro Vercelli Femminile, si è vista negare la possibilità di giocare a calcio sabato scorso, durante il turno di campionato femminile Under 19. E' l'85esimo minuto della sfida contro l'Accademia Torino, quando il tecnico della squadra vercellese decide di mandarla in campo. Ed è qui che la calciatrice, di Tronzano ma originaria del Marocco, è stata bloccata dal direttore di gara, praticamente coetaneo della ragazza. Le ha chiesto di togliersi il velo e, di fronte al rifiuto, ha sospeso la partita. "Son rimasta sorpresa davanti a quella richiesta - ha raccontato Maroua Morchid a La Stampa - Nelle altre partite avevo sempre giocato indossando il burkino e nessuno aveva mai riscontrato problemi. È il velo sportivo, che si usa su tutti i campi". 
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"Se c'è uno sport che la donna non dovrebbe praticare, esso è proprio il giuoco del calcio" scriveva la rivista "Lo Sport Fascista" nel dicembre 1931. È con questa citazione che si apre il romanzo storico "Giovinette – Le calciatrici che sfidarono il duce" di Federica Seneghini e con un saggio di Marco Giani, edito da Solferino.

Un velo che l'arbitro aveva già avuto modo di vedere durante il riconoscimento che si tiene prima del match e durante tutta la gara, dal momento che la calciatrice lo indossava anche in panchina. "Io non avrei mai tolto il velo: piuttosto sarei uscita dal campo - continua la calciatrice - Le mie compagne, ma non solo loro, anche le avversarie, di fronte a quella richiesta, si sono arrabbiate più di me: l'arbitro ha quindi fischiato la fine del match. Praticamente era il 90'. È stato bello vederle schierarsi dalla mia parte. Per me il velo ha un significato importante: fa parte di me, della mia vita. Mi fa sentire me stessa. Ha un significato profondo, più forte dello sguardo degli altri".

Al suo fianco, ovviamente, si è schierata subito la dirigenza del Pro Vercelli, che ha affidato a una nota sui suoi profili social la condanna di quanto accaduto: "Dopo lo sgomento e lo stupore iniziale, alle richieste di chiarimento da parte di tutte le calciatrici e dei nostri dirigenti Domenico Limardi e Laura Sartirana, l'arbitro ha deciso di fischiare la fine dell'incontro. La società esprime la massima solidarietà e vicinanza a Maroua e ringrazia la Società Accademia Torino per la vicinanza umana e la solidarietà sportiva espresse sin da subito". Sempre a La Stampa è la vice presidente della squadra, Anita Angiolini, a commentare l'accaduto: "È stato un episodio spiacevole. Non mi permetto di giudicare il comportamento del direttore di gara ma sicuramente avrebbe dovuto utilizzare più buon senso e sensibilità. Il rispetto del prossimo passa da piccoli gesti e sicuramente permettere ad una ragazza di giocare con il velo, come prescritto dalla propria religione, non deve essere fonte di discriminazione".

Intanto arriva anche il chiarimento della sezione AIA di Casale Monferrato, per bocca del Presidente Williams Monte: "Il nostro tesserato mi ha riferito che non aveva nessuna intenzione di offendere la sensibilità della calciatrice. Ha agito per tutelare la sicurezza della ragazza. Lui le ha chiesto di togliere lo scaldacollo, che però era integrato al velo: in un'azione di gioco, se fosse stata strattonata, sarebbe potuta finire strozzata. Non possiamo far passare un ragazzino di 16 anni come razzista".

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