Arrigo Sacchi ha definito il calcio del Cholo Simeone come "preistorico". Ma alla fine è veramente così? Proviamo a rispondere a partire dall'ultima partita del suo Atletico Madrid.
Un certo tipo di critica non ha mai amato il modo di giocare di Diego Pablo Simeone. La stessa critica ha sbranato l'allenatore argentino dopo l'andata del quarto di finale contro il Manchester City. Arrigo Sacchi, da sempre un denigratore del Cholo, ha definito il calcio del collega preistorico, dicendo con sommo disprezzo che "così si giocava solo negli anni '60",come se in quegli anni lo sport più popolare del mondo facesse schifo.
Si dimentica Sacchi che i sixties sono stati gli anni d'oro del calcio italiano con ben sei vittorie nelle competizioni europee: 4 coppe campioni (2 a testa per Inter e Milan), 1 coppa delle Coppe (Fiorentina) e 1 coppa delle Fiere (Roma). Certo Sacchi potrebbe obiettare che si tratta di vittorie ottenute con il catenaccio, ritenuto da lui l'origine di tutti i mali del nostro calcio. Si potrebbe replicare dicendo che Sacchi con le sue squadre faceva catenaccio a centrocampo ma ci perderemmo in un'inutile polemica dove ognuno rimarrebbe sulle sue posizioni. Sarebbe, parlando di cose più serie, come provare a far cambiare idea al professor Orsini in un dibattito sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina.
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Torniamo piuttosto a Simeone. La sua partita contro il City è stata veramente così impresentabile? Alla domanda rispondiamo con un'altra domanda: quante squadre avrebbero giocato a viso aperto contro gli uomini di Guardiola? Forse solo il Liverpool di Klopp o qualche aspirante suicida. Altri grandi squadroni avrebbero aspettato il Manchester City né più né meno come l'Atletico Madrid e come ha fatto, nella finale di Champions League dell'anno passato, il Chelsea di Tuchel che ha neutralizzato lo strapotere Guardialiano con una disposizione difensiva perfetta per poi tramortirlo in contropiede.
Solo che Tuchel, a differenza di Simeone, è un allenatore che va di moda, piace ai media, è politicamente corretto e nessuno oserebbero dargli del difensivista. Così come una difesa ad oltranza ha fatto il bravissimo Carlo Ancelotti nei recenti ottavi di Champions League, quando il suo Real è stato messo in un angolo per una partita e mezza dal PSG, fino a quando Donnarumma ha commesso una nefandezza imperdonabile che ha risvegliato la classe di Benzema e Modric. Ma prima dell'errore di Gigione, il Real si era solo difeso e pure peggio dell'Atletico visto in terra inglese.
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Diamo un'occhiata alla carriera da tecnico del Cholo: due titoli in Argentina con Estudiantes e River Plate, altri due in Liga con l'Atletico contro la dittatura di corazzate come Real e Barcellona. Sempre con i colchoneros due Europa League, due Supercoppe Europee e, soprattutto, due finali di Champions League perse in modo rocambolesco e sfortunato contro l'odiato Real Madrid. Con un palmares del genere un allenatore si può considerare preistorico? Simeone è uno degli allenatori più vincenti degli ultimi anni.
Certo, il suo atteggiamento in campo non è un esempio di sportività, ricordiamoci del suo gestaccio dopo un goal alla Juventus, e ai suoi uomini insegna e fa mettere in pratica le più sporche astuzie dell'arte della difesa. Per queste cose può non piacere, per le stesse alcuni, gli amanti di un calcio tutto grinta e garra sudamericana, l'adorano. Concediamo, però, al Cholo di giocare come gli pare. Difendersi è un reato? Certamente no. Difendersi bene, invece, è un'arte che molti, soprattutto nel nostro Paese, hanno disimparato. E Simeone si difende benissimo. Il calcio, soprattutto, quello italiano ha vissuto anni di polemiche quando imperversava, spinto anche dalle tv berlusconiane, il verbo di Sacchi che etichettava come il male supremo l'atteggiamento troppo prudente di una squadra.
Lasciamo che ognuno giochi come gli pare. I piani di Simeone erano chiari: limitare i danni con un pareggio in Inghilterra e nel ritorno, nella bolgia infernale del Wanda Metropolitano, infilzare il Manchester sulla spinta del pubblico. Il calcio in fondo è un gioco semplice: c'è chi attacca e chi si difende. Solitamente, attaccano i più ricchi e il City di Guardiola è la squadra più costosa della storia. Peccato che nei cinque anni alla guida dei citizens il tecnico catalano non abbia ancora vinto una Champions League.
Domenico Ciotti
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