"Domani gioca Perin in porta : Sczeszny non ha il green pass, essendosi solo da poco vaccinato. C'è un protocollo e va rispettato". Queste le parole di mister Allegri alla vigilia di Inter-Juventus, match valido per aggiudicarsi la Supercoppa italiana e conquistare il primo titolo della stagione, poi vinto dai nerazzurri per 2-1. Sullo sfondo molte assenze, soprattutto dal lato bianconero. Tra queste, quella del portiere ex Arsenal, non in possesso di idonea certificazione verde, necessaria in Italia dallo scorso 10 gennaio per lo svolgimento delle attività agonistiche, per accedere agli stadi, solcare terreni di gioco e spogliatoi, condividere autobus e aerei societari e, in generale, frequentare il gruppo squadra. In altre parole, senza green pass da vaccinazione (o super green pass) la vita professionale dei giocatori è limitata ai soli allenamenti individuali nei rispettivi impianti. Da cui la scelta (in realtà tappa obbligata) del nazionale polacco di sottoporsi, come sembra, a prima dose di vaccino, pena l'esclusione dalle gare ufficiali. E di altri come lui.
Ora, sorvolando sull'assenza in sé del giocatore che non sembra aver inciso più di altre per la Juventus in quell'occasione, fa specie anche la modalità con cui se ne dà notizia : una conferenza stampa di fronte a giornalisti, dunque un evento pubblico, presieduto da professionisti dell'informazione, in cui si dà contezza di un elemento molto sensibile, privato del giocatore. Lungi da noi incolpare mister Allegri (che comunque, malgrado ci sia un protocollo, avrebbe potuto sviare, se non omettere del tutto, come si fa per molto meno). L' accaduto infatti non sembra un caso isolato, ma è prova del fatto che sull'argomento si investa grande attenzione mediatica anche nel mondo del calcio, specie ai livelli più elevati.
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Vero è che i risultati messi in risalto da Umberto Calcagno, a capo dell' AIC, Associazione Italiana Calciatori, mostrano l'ottimo esito della campagna tra i giocatori di Serie A maschile e femminile, complice forse il pass vaccinale: un 98 percento di vaccinati, contro un 2 refrattario. Il presidente punta l'accento sul senso di responsabilità di chi ha aderito alla campagna e sui contagi tutto sommato sotto controllo tra gli atleti nostrani. Il che rende le massime divisioni professionistiche italiane di ambo i sessi tra le più vaccinate in Europa. Simile al caso italiano, quello francese : in Ligue 1 vige un obbligo di fatto per i professionisti, ma si stima "solo" un 95 percento di giocatori vaccinati con almeno due dosi. La Premier League inglese ha percentuali di poco inferiori (come comunica la Premier stessa siamo a circa il 92 percento con almeno una dose), nessun obbligo è mai stato imposto formalmente, anche se molti club spingono sull'acceleratore delle vaccinazioni. È il caso del Liverpool che, fa sapere il Daily Mail, ingaggerà solo giocatori con due dosi di vaccino, almeno in questa finestra di mercato. In Spagna (a quota 95 percento di giocatori delle due massime divisioni calcistiche vaccinati a ciclo completo) il governo di Madrid si era già detto contrario all'obbligo anche per gli sportivi, come per qualsiasi altra categoria di lavoratori, orientamento sostanzialmente in linea con la gran parte della giurisprudenza locale (da notare, restando allo sport, che il Tribunale Supremo ha già respinto l'ipotesi di esibizione del pass vaccinale per palestre, stadi e impianti sportivi).
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Le polemiche su vaccini e mondo dello sport si riaccendono attorno all'oramai celebre affaire Djokovic, il tennista serbo al centro di un caso quasi "diplomatico", un tira e molla con il governo australiano, da poco risoltosi addirittura con l'espulsione del fuoriclasse dall' aeroporto di Melbourne, dove era confinato dal momento del suo arrivo. Diverse le motivazioni : Djokovic, che ha sempre rifiutato il vaccino, era sì in possesso di esonero medico vaccinale, ma, sembra, anche di regolare visto per l'ingresso in territorio australiano. La questione sanitaria insomma si intreccia con ragioni di natura più politica che altro, ma ha sollevato dibattiti notevoli su obblighi vaccinali o sostanzialmente burocratici nel mondo dello sport agonistico e non solo.
Anche nella Serie A italiana si alza la voce della minoranza dei contrari a green pass e vaccini. Lo fa per bocca di Nicola Sansone, attaccante del Bologna, non ancora vaccinato e dunque privo di green pass, come il compagno di squadra Soumaoro. I due erano stati esclusi dalla trasferta contro il Cagliari, come annunciato - anche qui in conferenza stampa - da mister Mihajlovic. "Non esiste più la libertà di scelta", la frase di sfogo apparsa sui profili social dell' ex Sassuolo classe '91. Qualche dubbio viene.
Claudio Viozzi
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