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Ciao Vito, inventore della bicicletta

Se n'è andato un eroe del calcio minore, Vito Chimenti, bomber di Catanzaro, Pistoia e Avellino ma soprattutto di Palermo. 

Molti anni prima di Neymar, diciamo pure qualche decennio, un attaccante italiano inventò "la bicicletta", giocata a cui ricorre spesso il campione brasiliano. Si tratta di una magia che soli pochi dotatissimi calciatori sanno fare, alzandosi, per eludere la marcatura avversaria, il pallone sopra la testa con il tacco, facendogli scavalcare non solo il proprio corpo ma anche quello dell'avversario. Un bellissimo esempio di "bicicletta" lo troviamo nel film "In fuga per la vittoria", dove viene eseguito dall'argentino Osvaldo Ardiles. Un altro mago di questa giocata era il brasiliano Edmundo, passato alla storia come "O' Animal". Ma la paternità di questo gesto spetta a Vito Chimenti, gran talento del calcio minore italiano scomparso il 29 dicembre in prossimità del luogo che più ha amato nella sua vita: un campo di calcio. Si trovava negli spogliatoi del Pomarico, società della quale era allenatore, quando poco prima del fischio d'inizio della sfida contro il Real Senise, valevole per il campionato di Eccellenza, il suo cuore ha ceduto.

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Il colbacco in testa e la sigaretta in bocca, la storia di Gustavo Giagnoni, dalla Sardegna a Mantova, passando per Roma, Milan e Torino.

Una classe cristallina, non stiamo esagerando, unita a colpi di rara genialità, intrappolata, però, in un corpo tarchiato e appesantito da qualche chilo in più che ne ha zavorrato la carriera.Tanta B e C, dove era un re indiscusso delle categorie, e la A assaggiata in soli tre campionati a Catanzaro, Pistoia e Avellino e annusata, giovanissimo, nella Lazio. A Catanzaro visse male il dualismo interno con Massimo Palanca, mentre a Pistoia giocò un ottimo campionato realizzando 9 gol. Il meglio di sé lo diede a Palermo dove ancora oggi è ricordato con amore dai tifosi. Con i rosanero sfiorò una clamorosa impresa in coppa Italia. Nella stagione 1977/78 i palermitani, pur giocando in serie B, arrivarono in finale contro la Juventus. La sfida, in gara secca, fu giocata all'allora stadio San Paolo di Napoli. 

I siciliani erano guidati in panchina da Fernando Veneranda, uno che avrebbe meritato ben altra carriera, sguardo da attore e amico di attori come Luigi Maria Burruano, icona che meglio di qualunque altra faccia ha rappresentato la Sicilia nel cinema. La stella di quel Palermo era Vito Chimenti che al 1° minuto di gioco fulminò Zoff, portando in vantaggio i rosanero. La Juventus era fortissima, tutta italiana (le frontiere non erano ancora state riaperte), con 9 elementi che avevano brillato ai Mondiali d'Argentina l'anno prima ma che in quei primi 45 minuti aveva sofferto tantissimo contro l'avversario. Soprattutto Chimenti, con i suoi lampi di classe, aveva seminato il panico nella difesa bianconera, dove Cabrini per fermarlo gli assestò un bel calcione che mise fuori uso nella ripresa il bomber palermitano. Senza il suo centravanti il Palermo resistette fino al 87°, quando un gol di Brio frantumò i loro sogni di vittoria e portò le squadre ai supplementari dove avrebbe poi vinto la Juventus.

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Dopo Vialli, Mihajlovic e Pelé se ne va un altro grande pezzo di storia del calcio: Carlos Roberto de Oliveira, detto Dinamite, storica punta del Brasile e del Vasco da Gama.

Ma oltre che a Palermo, Chimenti ha lasciato un grande ricordo anche a Taranto, dove accettò di scendere dalla A, si trovava ad Avellino, alla C1. In Puglia riportò i tarantini in B a suon di gol.
Ma la vera occasione di sfondare Vito l'aveva avuto in gioventù, quando nella stagione 1973/74 faceva parte della Lazio primavera e spesso veniva aggregato alla prima squadra che avrebbe poi vinto il suo primo storico scudetto. Nella Capitale l'aveva portato Tommaso Maestrelli che l'aveva notato giovanissimo nel Matera dove diciottenne aveva realizzato 16 gol in un campionato di serie C. La Lazio lo mandò poi a farsi le ossa a Lecco e, probabilmente, se una terribile malattia non si fosse portato via troppo presto Maestrelli, il tecnico avrebbe richiamato Chimenti alla Lazio.

Vito, nativo di Bari, apparteneva una famiglia di calciatori. Il fratello Francesco è stato capitano, colonna e miglior cannoniere di tutti tempi della Sambenedettese, mentre il nipote Antonio, figlio di Francesco, ha tradito la vocazione familiare di goleador, facendo, per ben per quattordici anni consecutivi, il portiere in serie A (Roma, Lecce, Juventus, Cagliari e Udinese). Una curiosità, Antonio Chimenti, durante la sua permanenza alla Roma, era stato soprannominato "zucchina" da Francesco Totti. 

Finalmente Aryna
Nole dice 22
 

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