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Crazy for Football, il sogno diventato realtà della Nazionale Italiana di pazienti psichiatrici

"Per noi è sempre importante ritrovarci. Ritrovarci significa far fare esperienza a ragazzi che vengono da diverse situazioni assistenziali del paese. Fargli fare un'esperienza di sport, un'esperienza molto seria". Santo Rullo non può che guardare i suoi ragazzi con orgoglio. La Nazionale Italiana di pazienti psichiatrici è una sua idea, un sogno che è diventato realtà attraverso impegno e sacrifici. La storia della Crazy for Football, così si chiama la selezione, ormai la conoscono in molti grazie al film di Volfango De Biasi, con Sergio Castellitto e Max Tortora. "Ma la vera svolta c'è stata dopo il Mondiale in Giappone, nel 2015, quando siamo arrivati terzi - ci racconta Riccardo Budoni, preparatore dei portieri - in pochi pensavano che una squadra simile potesse fare un percorso del genere". 

Dietro il film, infatti, c'è la vita vera, ci sono le storie dei calciatori, l'impegno di tutti gli attori del progetto. E per capirlo davvero si deve vedere. Per questo siamo andati al ToLIVE Sports Center di Roma, per il triangolare amichevole "Il calcio per la salute mentale" che vedeva la Nazionale Italiana di pazienti psichiatrici affrontare le rappresentative aziendali di Medtronic Italia e Fabrick. "L'importanza di questo appuntamento è soprattutto nell'idea del nostro Valerio Di Tommaso, il braccio organizzativo e operativo di Crazy For Football - ci spiega l'allenatore Enrico Zanchiniattraverso la responsabilità sociale delle imprese possiamo reperire i fondi necessari che ci permettono di organizzare un raduno. Dobbiamo tenere presente che, essendo una nazionale, questi ragazzi vivono sparsi in tutta Italia. Ogni volta farli venire, farli dormire, farli mangiare costa. Questo è sempre stato uno dei problemi del nostro progetto: reperire i fondi"

La nazionale italiana "Crazy For Football" impegnata nel triangolare "Il calcio per la salute mentale". Foto Il Catenaccio

Il raduno pugliese, a Bari, si è appena concluso, ma in programma ci sono quelli in Sicilia e in Sardegna. "Oggi scendono in campo i ragazzi del gruppo storico e altri sei calciatori scelti durante i raduni di quest'anno - continua ancora Budoni - vogliamo allargare il più possibile: le problematiche legate a questi ragazzi non ti permettono di sapere cosa può succedere tra un anno". Il prossimo anno, infatti, ci sarà di nuovo il Mondiale. Quello del 2018 lo abbiamo vinto noi, a Roma, e adesso bisogna ripetersi. "Questa esperienza mi ha dato tanto dal punto di vista umano, tecnico. Ma l'emozione più forte è stata proprio quella di alzare la Coppa del Mondo". Mister Zanchini è sicuro. Solare, euforico, vibrante. Gli occhi che brillano. Si siede in panchina per guidare i suoi ragazzi e non la smette un attimo di strillare.

In porta c'è Matteo Vitali, senza guanti, alla vecchia maniera. "Siamo fermi da troppo tempo - ha detto ai microfoni di Dire.it - abbiamo gente nuova che si è messa subito in luce dando il massimo. Io sono un po' ingrassato ma ho sempre la grinta di una volta, quella che non mi fa arrendere mai". Davanti a lui, a reggere la difesa anche se sulle spalle ha la numero 7, c'è Mattia Zappacosta. Capelli rasta, barba folta, sguardo sicuro di chi amministra il pallone, di chi nella vita fa il libero. Il 4 è Michele Faringa, il 9 Saverio Delle Foglie. Poi ci sono tutti gli altri, a rotazione. Tutti in campo.

Fonte: Facebook Crazy For Football

"Il calcio per questi ragazzi è l'intervento integrato perfetto - ci spiega Santo Rullo - C'è una parte biologica, fisica, l'apparato locomotore sviluppa endorfine, dopamina, serotonina quindi è come un antidepressivo naturale. Fare gruppo vuol dire non isolarsi, combattere la tendenza del paziente psichiatrico a mettersi da parte rispetto alla società". In campo ci sono giocatori di età diverse e di diverse patologie: chi prende psicofarmaci dall'adolescenza, chi manifesta schizofrenia, chi ha un passato da tossico dipendente, chi ha paura del contatto fisico. "Soprattutto gli schemi del calcio a 5, in uno spazio piccolo, costringono la persona costantemente a tentare di intuire le mosse e i movimenti dell'altro. Questo è un progetto e un'attività che permette di mettersi nei panni degli altri, mentre il paziente psichiatrico si sente addirittura perseguitato da una realtà che non lo perseguita".

Sugli spalti, intanto, accanto a Santo Rullo a un certo appare Walter Sabatini, storico direttore sportivo della Roma ma anche di Lazio, Palermo, Inter, Bologna: "C'è del materiale su cui lavorare, ho visto grandi cose, sia individuali che di gruppo". Quando alla fine del primo match i ragazzi si avvicinano a lui per salutarlo, i loro occhi brillano. Brillavano anche prima della partita, quando sugli spalti aspettavano di scendere in campo. Brillavano durante l'inno nazionale, cantato a squarciagola. Brillavano ancora di più quando il pallone ha preso a rotolare. Il perché è tutto nelle parole del numero 8 della Nazionale Crazy For Football, Stefano Bono: "Perché finalmente si torna a giocare, senza il calcio mi ero chiuso in me stesso". 

Walter Sabatini saluta i ragazzi della nazionale italiana di pazienti psichiatrici "Crazy For Football". Foto Il Catenaccio

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