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L'esordio della Palestina in Coppa d'Asia

La prima sfida della Palestina, in Coppa d'Asia, non è stata semplicemente una partita. Anzi, è stata una vittoria nonostante il 4 a 1 dell'Iran. 

La nazionale di calcio palestinese, ieri, ha fatto il suo esordio in Coppa d'Asia contro l'Iran, proprio nel 100esimo giorno dall'inizio delle operazioni militari di Israele a Gaza che hanno praticamente raso al suolo l'intera Striscia e spezzato migliaia di vite umane.

Stando ai dati diffusi da Al Jazeera sono ben 23.843 le vittime palestinesi di cui 9.600 bambini senza considerare gli oltre 60.000 feriti a fronte delle 1139 vittime israeliane e gli 8700 feriti. Numeri che restituiscono plasticamente la sproporzione della violenza messa in campo dalle due parti e del perché il Sud Africa, ad esempio, sia arrivato a denunciare Israele per crimini contro l'umanità dinanzi il tribunale internazionale dell'AIA.

Il minuto di silenzio che ha preceduto il fischio d'inizio della partita, che ha visto le due squadre radunate intorno al cerchio di centrocampo vistosamente emozionate, mentre gli spalti dell'Education City di Doha si riempivano di bandiere della Palestina e di tifosi che mostravano la Kefiah, interrompendo per qualche attimo il silenzio levando al cielo il coro Palestina libera, è stato - in questo senso - uno straordinario tributo di umanità per chi non c'è più, per quelle vite spezzate dalla cieca violenza di Israele.

Una violenza che, ovviamente, non ha risparmiato neanche il mondo del calcio: dall'inizio dell'offensiva israeliana sono oltre 70 i calciatori palestinesi uccisi - conto che si fa ancora più amaro se si includono preparatori ed allenatori - senza considerare che la quasi totalità degli stadi e degli impianti sportivi di Gaza sono stati rasi al suolo o trasformati dall'esercito israeliano in luoghi di detenzione come nel caso dello stadio di Yarmouk.

Un tifoso espone la bandiera della Palestina. Fonte foto: Virgilio
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Sul carro di Sardar Azmoun - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

La Roma ha un nuovo attaccante. Si tratta di Sardar Azmoun, arrivato tra critiche e silenzio ma pronto a mettere in campo la sua stoffa. La stessa che lo portò a prendere posizione contro il regime in Iran. 

Non stupirà dunque che nella lista dei convocati per questa coppa d'Asia figurino solo due calciatori - Mohammed Saleh e Mahmoud Wadi - originari della Striscia di Gaza, che tesserati da club egiziani sono riusciti a rispondere alla convocazione. Perché tutti gli altri calciatori della Striscia, invece, o sono morti sotto i bombardamenti israeliani o hanno rifiutato la convocazione perché segnati da quanto sta avvenendo non sono nelle condizioni psico-fisiche di giocare, o perché materialmente impossibilitati a raggiungere i compagni in Qatar (ai gazawi è fatto obbligo di non abbandonare la Striscia di Gaza).

Una situazione che, chiaramente, non solo mette - da un punto di vista strettamente tecnico - in estrema difficoltà una nazionale già storicamente non tra le più forti e brillanti della Regione, che non dispone neanche di un centro d'allenamento ma che pone le prestazioni sportive della nazionale palestinese in secondo piano rispetto all'importanza stessa della propria presenza alla competizione.

"In queste partite la nostra presenza deve servire come monito al mondo, per raccontare quello che sta succedendo e per ricordare a tutti che anche noi abbiamo il diritto di partecipare alle competizioni sportive" è, ad esempio, quanto dichiarato dal capitano della nazionale Musab al-Battat.

Lo stesso calciatore a cui il capitano del Qatar, Hassan al-Haydos, ha lasciato l'onore di tenere il discorso inaugurale nel corso della cerimonia d'apertura della Coppa d'Asia tenutasi venerdì, a voler caricare - ancora di più - di un significato politico la presenza palestinese.

Così il 4 a 1 con cui l'Iran di Taremi ed Azmoun hanno regolato i leoni di Canaan assume un significato completamente diverso al pari del gol della bandiera messo a referto da Tamer Seyam, attaccante che milita nella squadra thailandese del Prachuap, che ha esultato - con le lacrime agli occhi - puntando il dito verso il cielo, pensando chissà cosa…

Anche perché come affermato dal ct Makram Daboub "non è facile concentrarsi sulla partita. I ragazzi controllano ogni minuto le notizie sui telefonini, in albergo, sul bus, anche durante gli allenamenti" con l'angoscia e la paura di scoprire che qualche proprio caro non ci sia più.

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L’insostenibile solitudine del St. Pauli e della sua tifoseria - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Il mondo del St.Pauli si è spaccato. La causa? Il posizionamento di club e tifoseria locale sul conflitto in Medio Oriente tra Israele e Palestina. 

Un fotogramma della sfida tra Iran e Palestina. Fonte Foto: Rivista Undici.

Nazionale palestinese che è alla sua terza partecipazione alla fase finale della Coppa d'Asia da quando, nel 1998, la FIFA decise - finalmente - di riconoscerne l'esistenza.

La Palestina, da allora e fino all'edizione del 2011 svoltasi in Qatar, non era mai riuscita ad approdare alla fase a gironi della competizione, cosa che gli è riuscita per la primissima volta in assoluto nell'edizione del 2015 ospitata - e vinta - dall'Australia.

In quell'occasione inserita nel girone D con Giappone, Iraq e Giordania, rimediò tre sconfitte, subendo ben 11 gol ma riuscendo a segnare il suo primo storico gol grazie al difensore Jaka Ihbeisheh.

Nazionale palestinese che centrò la qualificazione alla fase finale anche nell'edizione successiva del 2019, quella ospitata dagli Emirati Arabi Uniti e vinta dal Qatar, dove ottenne anche i suoi primi punti grazie ai due pareggi per 0 a 0 contro Siria e Giordania. Risultati che, però, non sono bastati a superare il turno poiché finita terza, con due punti, nel proprio girone dietro proprio alla Giordania e ai campioni in carica dell'Australia e risultata la peggiore tra le terze classificate.

Ma se è vero che non c'è due senza tre, l'attuale edizione potrebbe essere quella del primo storico passaggio agli ottavi di finale che vorrebbe dire tanto sia da un punto di vista sportivo che politico; sarebbe un modo per "issare la nostra (quella della Palestina ndr) bandiera e per affermare la nostra (della Palestina ndr) identità", perché "siamo (la nazionale palestinese ndr) gli ambasciatori del nostro Paese, dobbiamo ricordare al mondo che la Palestina esiste".

E nell'attesa di scoprire se il campo e la straordinaria forza d'animo di questi atleti ci regali una di quelle storie da tramandare ai posteri, possiamo dire che la sola presenza della nazionale palestinese è una vittoria contro l'apartheid e contro il genocidio. Una vittoria della libertà sull'oppressione, una vittoria della vita sulla morte; la vittoria di chi da oltre 70 anni lotta e resiste per affermare la propria esistenza e il proprio diritto a vivere in pace e libertà! 

Un Bologna da Champions, che sarebbe piaciuto al C...
Kaiser Franz
 

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