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Gli Europei dei nazionalismi: Dani Carvajal e le contraddizioni politiche della vittoria della Spagna

La finale di Berlino, al di là del risultato sportivo che ha premiato le Furie Rosse, ha rappresentato, fuori dal campo, la degna conclusione di un'edizione degli Europei che negli scorsi articoli avevamo definito "gli europei dei nazionalismi". 

La finalissima dell'edizione 2024 degli europei di calcio maschile ha visto contendersi il titolo la Spagna di De La Fuente e l'Inghilterra di Gareth Southgate. Da una parte la squadra che, senza dubbio, ha espresso il calcio più propositivo e bello di tutta la competizione, dall'altra una squadra ben messa in campo che ha fatto della solidità ed affidabilità le sue armi migliori. Spagna vs Inghilterra è stata anche la partita delle giovani promesse a confronto: Nico Williams e Lamine Yamal contro Jude Bellingham e Cole Palmer.

Ma la finale di Berlino, al di là del risultato sportivo che ha premiato le Furie Rosse, ha rappresentato, fuori dal campo, la degna conclusione di un'edizione degli Europei che negli scorsi articoli avevamo definito "gli europei dei nazionalismi".

Probabilmente a qualcuno potrà sembrare strano, considerata la natura multiculturale della selezione spagnola, così come quella della sua tifoseria, ma se da un lato si è tanto parlato delle storie del giovanissimo Lamine Yamal e del compagno di reparto Nico Williams si è, forse, parlato troppo poco delle idee politiche e della visione del mondo di alcuni dei pilastri della nazionale campione d'Europa che renderebbero il tutto decisamente più scontato e comprensibile.

Idee e simpatie che, difficilmente, possono essere compatibili con quanto la Spagna ha faticosamente provato a rappresentare anche nel corso di questi Europei ma che evidenziano, se ancora ce ne fosse bisogno, le incredibili contraddizioni di chi stupidamente declina il nazionalismo nella sua accezione più "violenta", escludente e deleteria possibile. Così non stupisce, o stupisce meno, che i senatori della nazionale abbiano espressamente preteso che il Primo Ministro spagnolo, Pedro Sánchez, non scendesse negli spogliatoi a congratularsi con loro né tanto meno che si facesse foto assieme ai campioni d'Europa perché non volevano in alcun modo che la politica si mischiasse con lo sport. 

Una richiesta che rientrerebbe nel cliché dello sport superpartes che in quanto tale non dovrebbe - in alcun modo - entrare in contatto con la politica. Peccato che il capitano della nazionale, Alvaro Morata, dal palco ufficiale dei festeggiamenti abbia intonato - mescolando alcool e politica - "Gibilterra è spagnola", coro sovranista ripreso anche dal compagno di squadra Rodri (che gioca proprio in Inghilterra)ma soprattutto dal primo cittadino di Madrid, Almeida (del Partido Popular) e dell'infanta Elena di Borbone (che evidentemente ignora la storia spagnola e della sua stessa famiglia), provocando un vero e proprio caso diplomatico tra Spagna e Gibilterra, con i rappresentanti di quest'ultima che hanno definito l'accaduto dichiarazioni politiche discriminatorie, che sono enormemente offensive verso i gibilterriani.

O peggio ancora che il vicecapitano, il madrileno Dani Carvajal, fregandosene dei protocolli e venendo meno alla presunta apoliticità tanto decantata, abbia salutato in maniera a dir poco fredda il Primo Ministro Sánchez nel corso della classica cerimonia ufficiale poiché di idee politiche diametralmente opposte. Ricordiamo, infatti, che il capitano del Real Madrid è un grande sostenitore di Santiago Abascal, leader della formazione di ultradestra Vox, e fervente seguace di Alvise Pérez, leader del gruppo "Se Acabó la Fiesta", dal 9 giugno anche europarlamentare; uno che la scorsa estate cercò di screditare le calciatrici della nazionale spagnola, ree di aver denunciato l'aggressione di Rubiales ai danni di Jenni Hermoso. Il terzino spagnolo, come se non bastasse, è stato anche fotografato con Vito Quiles, un "giornalista" di estrema destra, pochi mesi dopo che quest'ultimo aveva offeso i suoi compagni di squadra Lamine Yamal e Nico Williams con un commento xenofobo "ma che squadra spagnola è questa? Sembra uno scherzo di cattivo gusto" e la foto dei due calciatori, evidentemente colpevoli di avere il colore della pelle sbagliato. Per non parlare dei tanti "like"  che il calciatore del Real Madrid ha messo ai post di Desokupa, gruppo neonazista spagnolo. Sempre Carvajal, tra l'altro, si era espresso in maniera piuttosto ambigua, a voler essere buoni, nei giorni immediatamente successivi al bacio rubato di Rubiales ad Hermoso: "Rimaniamo in disparte. Ci concentriamo su ciò che dobbiamo fare, sulla vittoria e sul nostro lavoro. Ci sono altre persone che devono decidere se c'è un colpevole o una vittima. Non possiamo prendere posizione o condannare una parte senza sapere cosa è successo o cosa è stato stipulato. L'unica cosa che difendo è la presunzione di innocenza in questo Paese, che è un diritto costituzionale. Non si può vittimizzare o incolpare nessuno senza una sentenza. Non sono qui per etichettare nessuno. Come presidente, Rubiales ha avuto sempre un comportamento eccellente e ci ha aiutato con viaggi, famiglia e campionati in modo eccezionale".

A rispondere al terzino spagnolo ci pensò la centrocampista Mariona Caldentey, con parole che sottoscriviamo e condividiamo: "Mi fa molto arrabbiare quando dice che vogliono concentrarsi solo sul calcio. È quello che vogliamo anche noi. Ma alla fine si verificano situazioni in cui non si può scegliere, quindi cosa facciamo, lasciamo Jenni da sola?"

Così come siamo d'accordo con la scelta di Jenni Hermoso che, in questi giorni, ha evitato di congratularsi con i suoi colleghi per la loro vittoria e che sui suoi social ha caricato due foto sue e della nazionale femminile dell'anno scorso quando alzarono al cielo la Coppa del Mondo. 

E se, alla luce di tutto questo, vi stesse chiedendo come possa Carvajal condividere lo spogliatoio, le gioie e le vittorie con calciatori come Williams o Yamal, tranquilli perché per lui "la Spagna non è un Paese razzista, del resto lui ha molti amici con la pelle di colore diverso"

Il profilo di Dani Carvajal, insomma, rimanda a tutto fuorché a quello di un calciatore super partes politicamente parlando.

E lo stesso discorso lo si potrebbe fare per il suo compagno di club e nazionale, Joselu, altro grande sostenitore di Abascal e Vox di cui condivide la retorica anti migranti, e che proprio come Carvajal ha salutato con estrema freddezza Sánchez. Sembra piuttosto che i senatori della Spagna stiano utilizzando la loro vittoria per delegittimare, screditare e indebolire quello che è il loro nemico politico, con il favore dei populisti iberici che, intanto, se la ridono. 

La nazionale spagnola e la sua tifoseria - che si è contraddistinta per cori pro Palestina ma anche per cori tutt'altro che goliardici verso Lamine Yamal, definito mangia prosciutto, e verso Pedro Sánchez hijo de p**a, sono la perfetta dimostrazione di quanto il populismo di destra che soffia prepotentemente in tutta Europa sia qualcosa di incredibilmente contraddittorio, con basi ideologiche tutt'altro che solide e che fonda il suo essere sull'odio per il "diverso", una ricetta sempre utile per evitare di parlare ed affrontare quelli che sono i veri problemi della nostra società: casa, lavoro, servizi sociali e dei diritti più in generale!

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