Nel palmares di Tony Kroos mancava solo un trofeo: l'Europeo con la sua Germania. La cavalcata si è fermata contro la Spagna (e Taylor). Ma la ricerca continua.
Non volendo Daniel gli ha fatto un favore. Il compagno di mille battaglie e trionfi è oggi un avversario vestito con la maglia rossa della Spagna e si è immolato per non far sfuggire sulla fascia il tedesco Musiala. Daniel è Carvajal, sa già che salterà per squalifica l'eventuale prossima partita, così atterra platealmente l'avversario impedendogli di crossare pericolosamente in area. Si becca un rosso ma poco importa, non poteva fare altro. Siamo già oltre i tre minuti di recupero del secondo tempo supplementare di Germania-Spagna, quarto di finale degli Europei, ma l'arbitro, il pessimo Taylor che ha negato poco prima un rigore enorme ai tedeschi, ha assegnato altri 30 secondi per il tempo perso dagli iberici. Al 119', infatti, Merino ha portato il risultato sul 2 a 1 per i suoi e insieme ai compagni si è dilungato nell'inevitabile gioia.
Il fallo di Carvajal ha generato una punizione poco fuori del lato destro dell'area di rigore delle furie rosse. La può battere un uomo solo, il piede destro più educato dei tedeschi e uno dei più precisi della storia del calcio, quello di Kroos. Carvajal e il destino gli stanno offrendo un'occasione rarissima. Poter fermare il tempo, quegli attimi necessari per sistemare il pallone, guardare la disposizione dei compagni, prendere la rincorsa e crossare. Avere il tempo di gustare gli ultimi trenta secondi di carriera per pensare ai precedenti 18 anni. Capisce che sta finendo tutto e quell'ultimo tocco è un involontario regalo dell'amico Carvajal per posticipare l'addio. Calciando quella punizione ha la possibilità di allungare quei trenta secondi fino ai calci di rigore e poi all'eventuale semifinale e ad un'altra ipotetica finale. Quante volte con la maglia del Real Madrid ha ribaltato sentenze già scritte. Tutto questo Tony lo sa e quegli attimi prima della punizione sono l'interruttore per chiudere o scrivere un altro finale.
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Cosa starà pensando in quei trenta secondi un uomo che ha vinto tutto? Anzi, cosa prova uno che ha vinto quasi tutto? Perché Tony nella sua personale e ricchissima bacheca custodisce un campionato del mondo, sette scudetti (3 col Bayern di Monaco e 4 col Real Madrid) e ben 6 Champions League (1 col Bayern e 5 con le merengues), tralasciando per non annoiarvi altre decine di trofei tra supercoppe internazionali e nazionali, ma in quest'ultimo caso parliamo di bigiotteria. Soprattutto quello delle Champions è un record assoluto, seppur in coabitazione con Gento, Carvajal, Nacho e Modric. Una cosa manca in questa gioielleria che potrebbe far invidia a Van Cleef & Arpels o Tiffany: il campionato Europeo.
Manca solo questo trofeo a Kroos, l'ultima pietra preziosa per dire: signori, ho vinto tutto e dopo che ho vinto tutto mi ritiro a soli 34 anni. Soli perché sarebbe ancora giovane rispetto ad altri collezionisti di record che viaggiano tranquillamente verso i 40: 39 Cristiano Ronaldo, 38 Messi, Modric e Neuer. A Tony non interessa far parte degli evergreen. Con tutto il rispetto per alcuni leggendari colleghi che raccolgono gli ultimi milioncini esibendo la loro classe tra Arabia Saudita (Ronaldo) e USA (Messi), lui vuole finire ancora integro senza l'ingordigia di altri guadagni, ma, soprattutto, lasciando di sé il ricordo di un campione ancora integro che non trascina la sua gloria sul campo. Nessuno dovrà dire "Tony è finito". Ma Kroos vuole quest'ultimo trofeo che gli farebbe raggiungere i suoi miti. I grandissimi connazionali che hanno fatto l'accoppiata Mondiali-Europei come Beckenbauer, Muller, Vogts, Matthaus, Maier e molti altri appartenenti alle generazioni d'oro che presero parte alle doppiette del 1972 – 1974 e del 1990 – 1996.
Ora però l'interruttore va pigiato. Tony è pronto. Uno sguardo in area, una breve rincorsa dove è salito anche il portiere Neuer. La rincorsa è breve, il tocco è morbido ma non teso. Non è certo la migliore esecuzione di Tony. Può provare emozione un uomo di ghiaccio? La può provare se quello è l'ultimo pallone della sua vita. Il destinatario della sfera è Fullkrug, che, prima del 2 a 1 iberico, aveva mancato di un soffio il gol della potenziale vittoria. Il centravanti tedesco viene anticipato da una bella uscita di Unai Simòn. Tony abbassa la testa. E' finita. Non ci saranno i calci di rigore e la semifinale e la finale da giocare. Tutto lo stadio, il Neckarstadion di Stoccarda, l'applaude ma il riconoscimento più grande gli viene tributato dagli avversari. Gli spagnoli, sportivissimi, si mettono in fila per salutarlo e rendergli onore. Tutto questo affetto farà recedere Tony dalla sua decisione? No, è un uomo che ha una parola sola. Ma quella maledetta coppa, in qualche modo, vorrà prenderla, nella sua bacheca c'è ancora uno spazio libero. I collezionisti, e lui lo è, hanno una dipendenza da ciò che bramano. La rincorsa a quel trofeo non è ancora chiusa. Ora è troppo presto ma ci piace immaginare Kroos che, come altri suoi grandi connazionali del passato, passi dal campo alla panchina. Quella della Germania sembra fatta su misura per lui.
di Giulio Giusti
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