In occasione del 25 novembre "giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne", le principali leghe calcistiche italiane hanno messo in campo alcune iniziative per sensibilizzare sull'argomento, come accade da un po' di anni a questa parte.
Un rosso alla violenza
Dal 2018, Lega Serie A e Weworld danno un cartellino rosso ad ogni forma di sopruso e violenza verso l'universo femminile attraverso la campagna di sensibilizzazione nazionale "un rosso alla violenza".
Questo gesto, che richiama l'espulsione dal campo, vorrebbe diventare metafora del rifiuto deciso verso ogni forma di sopruso. Così anche quest'anno durante le partite del 13º turno, che si gioca tra sabato 23 e lunedì 25 novembre, calciatori, tecnici e arbitri hanno esibito un segno rosso sul volto, trasformandosi in ambasciatori di un messaggio che dovrebbe essere di fondamentale importanza. I capitani delle squadre, inoltre, hanno indossato fasce create ad hoc per l'occasione mentre sui maxischermi degli stadi è stata trasmessa una grafica dedicata alla campagna. "Il calcio non è solo uno sport, ma un potente fenomeno sociale – ha dichiarato Lorenzo Casini, presidente di Lega Serie A – Per questo, dobbiamo usare tutta la sua forza per veicolare messaggi capaci di diffondere valori fondamentali come il rispetto reciproco e la non discriminazione. Il nostro impegno è totale nel contrastare ogni forma di abuso contro le donne".
Il Pallone Rosso
La Lega Serie B, parallelamente, ha rispolverato quel pallone rosso creato ad hoc per il 25 novembre, utilizzato in tutte le partite della 14ª giornata, andata in scena nel weekend appena trascorso. "Il calcio ha un'enorme capacità di raggiungere le persone – ha sottolineato Mauro Balata, presidente della Lega B. Con il nostro pallone rosso vogliamo esprimere con fermezza che la violenza sulle donne è un crimine orrendo e inaccettabile. Il pallone rosso, realizzato da Kappa, è diventato - negli anni - il simbolo della campagna che la Lega di serie B, insieme alle venti società, mette in piedi da anni in occasione del 25 novembre.
La fascia contro la violenza sulle donne
La Serie C Now, dal canto suo, ha dato vita ad una campagna mediatica in difesa di tutte le donne, contro la violenza di genere. Come avvenuto nella scorsa stagione, tutti i capitani sono scesi in campo, in occasione della 16a giornata – con le partite che si sono disputate dal 22 al 25 novembre – con indosso sul loro braccio quello che ormai è diventato un simbolo: la fascia da capitano con su scritto "no alla violenza contro le donne". Su tutti i campi, inoltre, tramite led a bordo campo e messaggi speaker, è stato promosso il 1522, numero gratuito antiviolenza e stalking, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime.
Lega di Serie A, di Serie B e la Serie C attraverso queste campagne vorrebbero lanciare un messaggio chiaro e forte: la violenza contro le donne non è tollerabile ed ogni abuso deve essere condannato senza esitazioni. Il rispetto, la protezione e la tutela dei diritti delle donne, del resto, è un tema che oggi più che mai necessita di essere al centro dell'attenzione. L'obiettivo è sensibilizzare e unire tifosi, appassionati e opinione pubblica affinché si generi una rivoluzione culturale e politica collettiva attraverso lo sport come strumento di cambiamento sociale.
Queste iniziative, tuttavia, si scontrano con una realtà che ci dice tutt'altro sulla coerenza del mondo calcio e del suo reale interesse al contrasto della violenza di genere. Diverse società, infatti, continuano a schierare giocatori accusati o addirittura condannati per violenza di genere, gettando più di un'ombra su queste campagne e alimentando la percezione di un impegno più di facciata che altro.
Calciatori implicati in vicende di violenza di genere
Demba Seck: L'attaccante senegalese, attualmente in prestito al Catanzaro in serie B, ma ancora di proprietà del Torino, è stato accusato due volte di Revenge Porn. Una delle due accuse è stata archiviata perché il PM, grande tifoso proprio del Torino, pare abbia cancellato i video incriminati dal cellulare del calciatore. Il PM è finito sotto processo con l'accusa di depistaggio e frode processuale; Demba Seck, invece, continua a calcare i campi della serie B dove anchesabato è sceso in campo con la maglia del Catanzaro nel match - finito 2 a 2 - contro il Mantova.
Manolo Portanova: ex centrocampista del Genoa, è stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo. Condanna che non gli ha impedito di trovare squadra: la Reggiana con la quale gioca dal 2023 e con cui anche in questo ultimo turno di campionato è sceso in campo, calciando - esattamente come Seck, il pallone rosso simbolo della presunta lotta alla violenza di genere della Lega di Serie B.
Michael Liguori: Sabato 23 novembre a Lecco, per la partita del girone A di Lega Pro tra Lecco e Padova, il capitano dei bianco-scudati Niko Kirwan è sceso in campo con la fascia da capitano con su scritto "NO alla violenza sulle donne". Al 61°, Michael Liguori, compagno di squadra di Kirwan, ha segnato il gol del momentaneo 1 a 0 degli ospiti. Proprio quel Liguori che lo scorso 10 ottobre è stato condannato in primo grado per violenza sessuale aggravata su una minorenne. Due giorni dopo era già in campo per la partita contro la Pergolettese seppur non abbia lasciato il segno come invece si augurava il suo allenatore: sarebbe stato bello se avesse segnato, sarebbe stato un modo per ritrovare un po' di serenità.
Sempre in serie C, Guido Santiago Visentin è sceso in campo con l'Audace Cerignola nel girone C per la partita giocata ieri contro la Cavese nonostante a gennaio 2023 sia stato condannato in primo grado a 6 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo assieme ad altri quattro colleghi: Edoardo Merci, Stefano Casarotto, Daniel Onescu e Gianni Manfrin. All'epoca dei fatti giocavano tutti nella Virtus Verona, squadra che ha tra i propri tesserati ancora quel Gianni Manfrin che ieri è sceso regolarmente in campo con la squadra di Verona nella partita contro la Pergolettese. Manfrin come i suoi ex compagni di squadra (eccetto Visentin che è ricorso in appello) da giugno scorso, tra l'altro, hanno avuto accesso alla cosiddetta "giustizia riparativa"...
Campagne prive di credibilità
Questi casi, tutt'altro che isolati, ci costringono a porci una domanda abbastanza banale: come può il mondo del calcio schierarsi contro la violenza sulle donne mentre permette a calciatori accusati o condannati per questi reati di rappresentare i propri club? O per meglio dire come può un'istituzione pensare di risultare credibile se, in nome del profitto e del raggiungimento degli obiettivi sportivi, evita di prendere una direzione univoca, chiara e concreta su episodi di una tale gravità?
La presenza di giocatori coinvolti in reati di violenza di genere svuota di credibilità queste campagne che hanno tanto il sapore di operazioni di pinkwashing, incapaci (volontariamente) di affrontare il problema alla radice. Le Istituzioni sportive così come le società non sembrano essere intenzionate ad adottare misure efficaci per escludere dai loro organici persone che si macchiano di reati così gravi o che semplicemente con le loro parole alimentano e danno concretezza all'ideologia che è alla base di tutto ciò, ovvero il sessismo e il patriarcato. Questo atteggiamento e queste campagne, in realtà, non fanno altro che alimentare questo sistema malato, trasmettendo un messaggio veramente pericoloso: il talento sul campo può giustificare qualsiasi comportamento fuori dal rettangolo di gioco. Le esigenze sportive e di bilancio vengono prima della tutela dei diritti delle donne e del contrasto alla violenza di genere.
La responsabilità del Mondo del Calcio: serve coerenza
Se il mondo del calcio vuole davvero essere un motore di cambiamento, deve affrontare la questione con coerenza e fermezza. Non basta promuovere simboli e campagne. È necessario adottare politiche capaci di costruire consapevolezza attorno al problema della violenza di genere, sottolineando come sia un fenomeno sistemico. Che bisogna contrastare alla radice il sessismo, il maschilismo ed il patriarcato. Che fino a quando l'uomo penserà che sia suo diritto "possedere" una donna non ci sarà fine alla violenza contro le donne. Che il problema non è il singolo ma un sistema incredibilmente marcio. Che isolare chi si macchia di tali crimini è solo un passo nella direzione giusta. Che appellarsi al garantismo - ma per certi versi anche al giustizialismo - non risolverà la questione.
Perché quello che emerge dopo questa ennesima operazione di facciata messa su dalle Istituzioni calcistiche italiane è che il mondo del calcio non può limitarsi a "colorarsi di rosso" una volta l'anno. Deve dimostrare con i fatti che la lotta contro la violenza di genere è una priorità, adottando un approccio che metta al centro la lotta al sessismo e al maschilismo, mettendo in secondo piano il raggiungimento del risultato sportivo o lo stato di salute dei bilanci.
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