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Il vero atleta italiano

"Italiano", tra virgolette, non veramente nostro, senza esserlo completamente. Un articolo de La Gazzetta dello Sport ha descritto così Jannik Sinner.

"La seduzione di Jannik è diventata giorno dopo giorno micidiale nel suo essere nostro, nel suo scoprirsi definitivamente "italiano", senza esserlo davvero completamente, nostro e italiano". L'estratto arriva dal quotidiano più letto in Italia, La Gazzetta della Sport, che con 1,9 milioni di lettori è davanti a Corriere della Sera e Repubblica. La firma è quella di Giancarlo Dotto. L'argomento, invece, è Jannik Sinner. Il più grande tennista italiano degli ultimi anni, il primo italiano ad arrivare fino in fondo agli ATP Finals. Italiano, appunto. Magari messo tra virgolette, come nell'articolo della rosea, che attacca il tennista di San Candido, poco più di 3 mila abitanti in Trentino Alto Adige. La sua colpa? Non essere veramente italiano, non esserlo in pieno, non esserlo davvero. 
Jannik Sinner. Fonte Foto: Unità.it

"Noi abbiamo imparato ad amare Jannik anche perché non ci appartiene sino in fondo. Perché non ci somiglia. Per il suo essere così diverso e così distante dalla nostra anima latina, quando (non esulta) esulta, quando (forse) si deprime, quando (appena) sorride. Quando parla una lingua e forse pensa in un'altra".Sono le virgolette a giocare un ruolo particolare nell'articolo, i non detti, le allusioni, come quando si dice: "Da qui in poi, statene certi, la finalmente e definitivamente nostra Volpe Rossa giocherà per la "sua" Nazionale anche con un braccio ingessato". Il riferimento, forse, è ancora una volta alla scelta, qualche mese fa, da parte di Sinner di non rispondere alla convocazione per la Coppa Davis. "Sfortunatamente non ho avuto abbastanza tempo per recuperare dopo i tornei in Americaaveva spiegato il tennistae purtroppo non potrò far parte della squadra a Bologna. È sempre un onore giocare per il nostro Paese e sono convinto di tornare in nazionale al più presto". Lo farà tra poco, con l'ultimo torneo annuale del Tennis, in scena a Malaga, dove Sinner guiderà la nostra nazionale.

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Come ti soffio il grande slam - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

"Qual è il tuo sogno?"
"Vincere Roland Garros e Wimbledon"

Carlos Alcaraz aveva 12 anni quando rispose a questa domanda. D'altronde vincere in Inghilterra è il sogno di qualsiasi giocatore di tennis, o quantomeno per coloro che aspirano alle vette più alte di questo sport. Oggi lo spagnolo di anni ne ha venti, e lo scorso 16 luglio ha portato a casa il suo primo torneo di Wimbledon battendo il leggendario Djokovic e salendo a quota due tornei del grande slam in bacheca.

E' proprio su quel nostro, però, che l'articolo della Gazzetta non è d'accordo: "Tra un passante e un rovescio incrociato, tra un boato e un coro, Jannik ha scoperto la bellezza di essere nostro e di ritrovarsi italiano. Sentirsi italiani per adozione avvenuta, conclamata e plebiscitaria. Cosa di più bello? Cosa di più illuminante per un Paese che ancora dibatte il dubbio, nella sua pancia più triviale, se abbia diritto di sentirsi e dirsi italiano chi lo ha dimostrato con l'appartenenza, la dedizione, l'amore svelato, e non per un mero fatto di sangue o etnia". Insomma, Sinner italiano non lo è veramente. Non può esserlo per il modo di fare, per il suo carattere riservato, per l'accento, forse per il nome, per la pelle troppo chiara. Così come italiana non lo è Paola Egonu, nella pallavolo. Non lo è Maouhamet Diouf, che di mestiere fa il cestista ed è stato portato dal CT Gianmarco Pozzecco ai Mondiali di Pallacanestro la scorsa estate. Non lo è Mario Balotelli, nel calcio, oppure Wilfried Gnonto per essere più recenti.
"La corrente di pensiero secondo cui chi non rispetta determinati canoni non possa essere considerato al 100% "nostro", o "completamente italiano", oppure "tedesco" se altoatesino, o "africano" se un po' abbronzato (la lista è molto più lunga) non fa altro che alimentare dubbi, antipatie, contrarietà, odio, che possono poi portare a divisione - ha scritto su Facebook la pagina La Giornata Tipo - E la divisione è da sempre l'antitesi dello sport che invece è un mezzo di unione e di con-divisione. Le etichette, anche nello sport, sono una forma di violenza. Sono giorni che giustamente, e sacrosantamente, si parla tanto di violenza. La violenza fa schifo in tutte le sue forme, anche in questa."

Un modo per dividere, per creare sempre e comunque un noi e un loro. Da un lato i giusti, i corretti, i normali, i buoni, quelli che rispondono alla regola, i "nostri". Dall'altra parte tutti gli altri. "Dopo la Sinnermania di questa settimana siamo tutti italiani come lui, ma domani, quando cadrà? - si chiede Jvan Sica su FanPage.it - Tornerà austriaco, ladino, tedesco, sudtirolese, asburgico. Lo penseremo e lo vorremo diverso da noi. Questo è l'oggi, bellezza, un tempo in cui essere contro l'altro rasserena l'animo più che essere per l'altro". Anche nel mondo dello sport, un mondo che dovrebbe unire e che invece, qualcuno, vorrebbe sempre più diviso.

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