Ex Bomber da più di 115 reti complessive, Nandogol, detto anche il Tagliagole per la caratteristica esultanza. Sforzini ha assaporato la Champions League e si è tolto molte soddisfazioni in carriera. Recentemente ha superato l'esame da direttore sportivo. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Cosa fa ora Nando Sforzini?
Adesso non gioco più. Inizia una nuova vita nel mondo del calcio. Ho recentemente conseguito il titolo di direttore sportivo per il settore tecnico, presso la FIGC: sono molto soddisfatto!
Facciamo un passo indietro. Ti ricordi l'esordio in Serie A, a San Siro?
Certamente! Era Inter-Bari. San Siro è il miglior stadio d'Italia. Un'emozione giocare alla Scala del calcio, uno dei traguardi più gratificanti della mia carriera!
C'è stato anche un altro traguardo prestigioso. Che esperienza è stata l'esordio in Champions League col Cluj di Mandorlini?
Un'emozione unica: qualcosa che ti resta dentro e ti segna. L'esordio in Champions League è una delle massime ambizioni di ogni giocatore. Un traguardo incredibile, un obiettivo che ho avuto la fortuna di realizzare e che porto con me.
Ti chiedo un vecchio retroscena di mercato. È vero che stavi per andare alla Juve prima di approdare al Napoli?
È tutto vero: parliamo di diversi anni fa. Ho menzionato questo episodio anche nella mia tesi. C'era una trattativa ben avviata con i bianconeri. A posteriori, può sembrare una scelta azzardata quella di non proseguire i contatti con la Signora. La Juve è sempre la Juve. Però, all'epoca scelsi il Napoli (che non era ancora quello di Sarri). La mia carriera è stata lunga e ricca di soddisfazioni: sono riuscito a farmi strada. Nessun rimpianto, ma non posso negare di averci ripensato a più riprese, chiedendomi come sarebbe stata la mia carriera se fossi passato ai bianconeri…
Il soprannome Il Tagliagole dove e quando nasce?
È legato a un'esultanza che ricorda la "Signature Taunt", simbolo distintivo di un Wrestler (Chris Benoit) che mimava il gesto del tagliagole, facendo scivolare il pollice sotto il proprio mento. La scelta risale ad una scommessa che avevo fatto con un amico, una volta tornato dalla Romania per giocare in Italia (in Serie B, proprio al Grifone). Mi venne chiesto di celebrare il prossimo gol mimando il tagliagole: nella partita successiva ho segnato e ho mantenuto la promessa. Da quel momento, ho fatto altri 5-6 gol consecutivi. Così, è diventata anche un'esultanza propiziatoria. All'epoca era diventata un tormentone, era piaciuta molto ai tifosi. Il soprannome Tagliagole, quindi, è nato a Grosseto.
Mi racconti l'aneddoto relativo alla partita contro il Modena, e al polverone per l'esultanza da tagliagole?
Nessuna squalifica alla fine, ma la possibilità c'è stata: il mio gesto era stato considerato "un plateale atteggiamento ingiurioso, provocatorio e di fomentazione nei confronti dei sostenitori avversari". Avevo già giocato a Modena in passato: questo è l'antefatto. In occasione di un Modena-Grosseto, in cui militavo con i biancorossi, dopo aver segnato ho esultato con il gesto del tagliagole. Dato il mio passato con i canarini, l'esultanza è stata considerata oltraggiosa. Non c'era alcuna intenzione offensiva da parte mia! Volevo solo gioire con i tifosi che ci avevano seguito a distanza e con i miei compagni, per aver messo a segno il quarto gol consecutivo. Alla fine non sono stato squalificato, perché sono state riconosciute le ragioni non oltraggiose della mia esultanza.
L'altro soprannome celebrativo, Nandogol, dove nasce?
È un soprannome nato proprio a Grosseto. Tutti mi chiamavano affettuosamente Nando. Nandogol suonava bene!
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Deno, che vanta un'esperienza in Serie A con il Bologna, allena i portieri delle giovanili azzurre e del San Marino Femminile, dirige una scuola di formazione calcistica, scrive libri e collabora con Youcoach. Conosciamolo meglio!
Il Grosseto è retrocesso. Hai un messaggio per la piazza?
Mi dispiace molto per la retrocessione! Sono stato felice a Grosseto: è una città tranquilla dove si vive bene, circondati dall'affetto dei maremmani. Sono rimasto legato al Grifone. Mi dispiace per i tifosi, per l'ambiente, per la maglia. I biancorossi non meritano di fare i campionati dilettanti. Auguro a tutti che vengano tempi migliori e che il Grifone possa tornare dove meriti. Grosseto è una piazza importante che vanta una storia calcistica ricca di soddisfazioni: merita indubbiamente il calcio professionistico. Prima o poi i biancorossi torneranno nei giusti palcoscenici!
C'è mai stata la possibilità di tornare in Maremma? O sei tornato da visitatore?
Un paio di volte sono tornato in visita. Dove lascio il cuore torno sempre, ma non troppo volentieri. La ragione è che se sono stato bene in un posto, provo nostalgia a tornarci. Non mi piace essere malinconico, quindi capita che preferisca non tornare spesso. In ogni caso, ho sempre seguito la squadra negli anni e ho ancora tanti amici in Maremma.
Nei giorni scorsi è emerso che l'ex patron Camilli poteva riprendere il Grifone. Pensi che la stagione sarebbe potuta volgere diversamente?
Non saprei. Col Presidente avevo sempre avuto un buon rapporto, diretto e genuino, almeno ai tempi di Grosseto. Ci siamo rincontrati a Viterbo, ma qualcosa è cambiato. Ho subito un infortunio pesante, mi sono rotto la tibia. Sono emerse fin da subito incomprensioni sulle scelte da intraprendere. Non so quanto abbiano inciso l'infortunio e le sue conseguenze, ma i rapporti si sono deteriorati. Siamo arrivati all'esclusione dalla rosa e alla rescissione contrattuale anticipata: è stato un brutto periodo. C'è stata una controversia legale e la giustizia si è pronunciata: la mia posizione è stata riconosciuta.
Ho intervistato Fabio Patuzzi, con cui hai condiviso la stagione trionfale ad Avellino (promozione e doppia cifra in classifica cannonieri). Che ricordi hai di quella stagione?
Ho avuto un bel rapporto con tutto l'ambiente avellinese: è stata una annata importante a livello personale e collettivo. Tra i bei ricordi conservo la conoscenza di Fabio, una persona seria e un professionista! È un ragazzo cui auguro il meglio per la carriera, un'ottima persona!
Cosa pensi della nazionale e delle prestazioni delle italiane nelle Coppe europee?
Sono discorsi correlati. Per la Nazionale sono amareggiato come ogni tifoso. La beffa della mancata qualificazione è più pesante perché si tratta del secondo fallimento mondiale consecutivo. Allo stesso tempo, occorre fare i complimenti agli Azzurri per avere vinto l'ultimo Europeo. Non era facile. Il fatto che sia stato un risultato inaspettato è esplicativo: nelle notti europee eravamo outsider, alle qualificazioni per il Qatar, invece, eravamo gravati non solo dall'etichetta di favoriti del girone, ma anche dalla pressione di rimanere vincenti per onorare il titolo europeo. Questo può avere fatto la differenza.
Ci sono, poi, i soliti problemi che affliggono il sistema calcio italiano. Negli anni non c'è stato il cambiamento radicale – in termini di riforme – che molti si aspettavano. Non si è programmato il futuro con la stessa lungimiranza di altre federazioni. Secondo me è importante investire sui vivai, sugli staff e dare maggiore fiducia e spazio ai giovani calciatori italiani. Si deve sempre costruire partendo dalle basi.
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