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Israele, il passo indietro di Puma e le bugie di Erreà

La Puma ha interrotto il rapporto di collaborazione con la Federazione calcistica israeliana. Al suo posto dovrebbe subentrare Erreà.

Scade proprio in questi giorni l'accordo tra la Puma e l'IFA, l'Israel Football Association. La decisione era arrivata un anno fa, con la comunicazione da parte della casa di abbigliamento tedesca di non rinnovare la sponsorizzazione.

La motivazione sembrerebbe avere solo motivi commerciali: secondo quanto riporta il Financial Times, infatti, la decisione rientra in una nuova politica aziendale che persegue il modello del "fewer bigger better", ovvero fare meno per essere più grandi e migliori.

 Il ruolo dei boicottaggi

Le azioni di boicottaggio contro Puma in sostegno della Palestina

Almeno ufficialmente, insomma, il genocidio in Palestina non c'entra ma la realtà è sicuramente più complessa. La collaborazione, siglata nel 2018, aveva innescato sin da subito una vasta campagna di boicottaggio, con gli attivisti che accusavano la Puma di sostenere le politiche discriminatorie e violente di Israele. La Federcalcio israeliana, come spiega Luca Pisapia su Valori.it, ammette al suo interno squadre con sede nelle colonie illegali e attraverso il governo israeliano le sostiene e le finanzia. La Puma si è sempre difesa dalle accuse, dicendo di sponsorizzare solo la squadra nazionale e non le attività a livello di club, ma il boicottaggio ha sicuramente colto nel segno. E ha avuto un peso importante anche a livello economico. Secondo Sport e Finanza, che cita dati di 2PlayBook, nei primi nove mesi del 2024 il fatturato di Puma è calato dell'1,4% rispetto all'anno precedente, attestandosi intorno ai 6.527 milioni di euro. L'unico mercato a crescere, a livello geografico, è stato quello americano (+0,2%) mentre l'area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) ha fatto registrare un calo del 2,6%.

Le azioni di boicottaggio, organizzate da BDS Movement, acronimo che sta per Boycott, Divestment, Sanctions e che rappresenta un movimento palestinese per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza, si sono intensificate nel corso dell'ultimo anno ma si erano fatte sentire con forza anche in passato. Il 12 febbraio 2022, ad esempio, in 50 città in tutto il mondo (dal Regno Unito alla Malaysia, dall'Australia alla Norvegia, passando per Italia, Svezia, Giappone e Sud Africa) è andata in scena il #BoycottPuma Global Day of Action, con proteste, sit-in, occupazioni e manifestazioni fuori dai negozi e punti vendita del marchio tedesco.

Le proteste contro Erreà da parte del PACBI - Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel

 Il caso Erreà, tra silenzio e bugie

Al posto della Puma, intanto, è già pronto il sostituto: si tratta, o meglio si tratterebbe, del marchio italiano Erreà. Ad aprile 2024 l'IFA aveva annunciato la nuova collaborazione, pubblicando sul proprio sito web anche due proposte di kit. La notizia è stata confermata dal rapporto annuale dell'IFA per l'anno 2023, pubblicato ad ottobre di quest'anno, in cui si entrava nel dettaglio dell'accordo: stipulato ad agosto 2024, sarebbe stato di durata biennale, con opzione di rinnovo per altri due anni. Questi documenti, al momento, non sono consultabili: il sito web dell'IFA risulta infatti irraggiungibile.

Ogni traccia ufficiale, insomma, è stata accuratamente rimossa, cancellata o quanto meno nascosta. "Non sorprende che Erreà voglia prendere le distanze da Israele, che commette un triplice, atroce, crimine - si legge sul sito di BDS - Gli insediamenti di Israele su terre palestinesi occupate costituiscono un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale. Il suo regime di apartheid è un crimine contro l'umanità. E il suo genocidio a Gaza è il crimine di tutti i crimini".

Bisognerà aspettare ancora qualche giorno, insomma, per avere novità sul fronte delle sponsorizzazioni e sull'accordo tra Erreà e Ifa. Bisognerà aspettare ancora molto, invece, per la pace in Medio Oriente. 

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