Ci risiamo. Ripiombati nuovamente nell'incubo di un Mondiale da vivere da spettatori. L'Italia toppa la fondamentale tappa play-off e senza neanche darsi la chance di affrontare il Portogallo nella finalissima del 29 marzo, esce inopinatamente contro la Macedonia e di fatto cancella quanto fatto di buono otto mesi fa con l'Europeo vinto. Un senso di sconforto generale che non deve però impedire un ragionamento ben più complesso sulle motivazioni che hanno portato a questo ennesimo fallimento.
L'idea che l'Europeo sia stato uno dei più classici exploit alberga forte nel cuore di moltissimi italiani. Un'Italia incapace di restare al passo coi tempi e in grado soltanto di cullarsi su quella che rimane sì un'impresa storica ma non legata ad una progettazione invocata da anni. L'esempio lampante resta, ovviamente, la naturalizzazione di Joao Pedro: veramente la Nazionale Azzurra ha bisogno di ricorrere ad un brasiliano trentenne la cui esperienza internazionale è pari zero?
Le colpe di Mancini
Mancini non è esente da colpe. Il debito di riconoscenza nei confronti dei protagonisti di Wembley ha portato all'umiliazione di ieri sera. Sbagliato non valutare lo stato di forma attuale, un delitto lasciare a Coverciano i vari Zaccagni, Scamacca, Zaniolo e lo stesso Belotti. La coppia Raspadori-Joao Pedro è quella con cui l'Italia ha terminato la partita contro i macedoni. Non c'è francamente da aggiungere altro.
Le dimissioni di Gravina dovrebbero essere tema di dibattito quotidiano. Favorire un reset generale e non rimanere incollati alle poltrone, atteggiamento tipicamente italico, sarebbe il primo passo per avviare una vera e propria ricostruzione a partire dai deserti settori giovanili. Talenti rari e male utilizzati: il tempo prima o poi presenta il conto. In questo caso, tra l'altro, amarissimo.
Nel 2026, sempre se riusciremmo a qualificarci, saranno passati 12 anni dall'ultima partecipazione della Nazionale ai Mondiali. Una vergogna assoluta. Una macchia impossibile da cancellare neanche tra 100 anni. Il baratro è profondissimo. Rivedere la luce non servirà a dimenticare quell'opprimente senso di vuoto che ci attanagli da ormai 24 lunghissime ore.
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