Svincolato di lusso a (quasi) fine mercato, il mancato rinnovo con la Juventus e un non troppo celato benessere lontano da campi e riflettori: parallelismi tra Rabiot e la produzione calviniana.
Con un epiteto del genere sarebbe perfetto per ampliare la celeberrima trilogia I nostri antenati vergata per mano di Italo Calvino, adeguandosi, Le duc, ai protagonisti della medesima per i profondi dissidi interiori che ne scandiscono l'agire.
Così si potrebbe descrivere la situazione di Adrien Rabiot, classe '95 svincolatosi dalla Juventus, che, verosimilmente, ipotizzava per il proprio futuro un groviglio di trattative di mercato che gli consentisse di giungere nuovamente in un top club, soddisfacendo anche, se non in primis, le esose richieste d'ingaggio.
Il quinquennio ai piedi della Mole si è concluso con l'immenso onore della fascia da capitano, riuscendo – in parte - ad insidiarsi nel cuore dei tifosi di madama dopo un biennio iniziale tutt'altro che esaltante.
Decisiva, per la sua crescita, la guida tecnica – ed emotiva - di Massimiliano Allegri, che nel parigino identificava un giocatore ideale per prestanza fisica, notevoli capacità in interdizione ed una buona gamba per quelle ripartenze che, per una Juventus – eufemisticamente – poco creativa, rappresentavano la più nitida manifestazione di velleità offensive; crescono, difatti, sotto la gestione del tecnico livornese, le statistiche del parigino, giungendo, nella stagione 23/24, alle 8 marcature in campionato (11 in tutte le competizioni), confermando quanto di positivo aveva palesato vestendo la maglia del Paris Saint-Germain e che sembrava ormai un vago, opaco ricordo.
L'incognita, da sempre legata al talento parigino, corrisponde all'elemento di correlazione con il protagonista de Il visconte dimezzato, Medardo di Terralba. Similmente al visconte, fisicamente scisso in due metà antitetiche, quali il Gramo ed il Buono, da una palla di cannone, Adrien manifesta, nel corso della carriera, da un lato scarsa caparbietà ed assenza di carattere, dall'altro una volontà d'azione piuttosto turbolenta. È questa sua tendenza, riconducibile all'intemperie dell'agire di Menandro "il Gramo", a far saltare, prima dell'approdo a Torino, la trattativa d'ingaggio col Barcellona, cui imponeva di ricoprire il ruolo di mezzala box-to-box per non ridimensionare le sue (illo tempore ridotte) doti offensive ed è la stessa ad indurlo, ancor prima, a rifiutare la convocazione per il mondiale 2018, in cui la compagine transalpina salirà, vent'anni dopo la prima volta, sul tetto del mondo.

Quando Italo Calvino scrisse di Italia Inghilterra senza averla vista - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
La prima partita di calcio dopo la Liberazione, in Italia, venne giocata a Torino. Era il 16 maggio del 1948, contro gli azzurri scendevano in campo i "maestri" dell'Inghilterra. Si gioca al Comunale, alle ore 17.00. E i biglietti vanno esauriti in un lampo. 50 mila spettatori sugli spalti, anche se altre fonti parlano di addirittura 80 mila. Tra questi non c'è Italo Calvino, che scriverà comunque di quella partita.
Proseguendo l'itinerario attraverso la trilogia calviniana, approdiamo all'elemento di analogia tra il francese ed il protagonista de Il cavaliere inesistente, tale Agilulfo, con il quale condivide l'inquietudine legata all'assenza di certezze, specificamente identitarie. Questa correlazione coadiuva l'analogia con Cosimo Piovasco de Rondò e permette di interpretare alcuni ombre della carriera del francese. Cosimo è il protagonista de Il barone rampante, il cui agire si connota per un distacco, anzitutto fisico, risiedendo su un albero, dalle vicende umane, e per una non indifferente eccentricità.
Il francese, complice la partenza del tecnico livornese, ha deciso di recidere il proprio legame con la squadra bianconera, nella cui identità sembra si sia gradualmente calato nel corso di questo quinquennio, vanificando i tentativi della società di premiarne l'impegno ed i risultati, seppur rivedibili, conseguiti nelle ultime stagioni sportive; queste dinamiche ricalcano quanto verificatosi nella precedente avventura parigina, palesando come il francese non abbia valutato, e quantificato, l'apporto, per il proprio rendimento, di un ambiente stimolante come quello bianconero (e parigino prima). La ferrea scelta del francese, o dell'ingombrante figura della mamma-agente Veronique, tuttavia, lo ha portato ad essere ancora svincolato a circa dieci giorni dalla fine del calciomercato, mentre la società bianconera ha egregiamente sostituito il centrocampista con il connazionale Thuram, di cui si sono già apprezzati dinamismo e caparbietà nella prima, vincente, uscita stagionale della fluida Juventus di Thiago Motta.
Ciò che resta è il dubbio di come sarebbe potuto migliorare nello scenario tattico disegnato dal tecnico bianconero che, con un calcio fluido e di posizioni variabili, avrebbe decisamente favorito un incursore come Rabiot, ma verosimilmente resterà, al pari di Cosimo, rintanato saldamente su un ramo, attendendo un "progetto" soddisfacente, salvo dover poi fare i conti con se stesso.
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