Il modo di giocare di Georginio Wijnaldum sembra quasi un ballo, una danza, un movimento ritmico. E dopo Rotterdam, Liverpool e Parigi adesso può risuonare anche a Roma.
Le strade di Wijnaldum e Roma si erano già incrociate, in passato. Era il 2018, la squadra di Eusebio Di Francesco dopo l'impresa della rimonta al Barcellona arriva in semifinale di Champions League contro il Liverpool. I giallorossi resistono meno di un tempo, ci penserà l'ex Salah a mandare tutti nello spogliatoio con il risultato di 2 a 0 (alla fine sarà 5 a 2) e le speranze ridotte al lumicino. Era stata un'altra cosa, però, a cambiare il flusso della partita: al 18' Oxlade Chamberlain si fa male, al suo posto etra Georginio Wijnaldum. E il suo ingresso fa esplodere l'architettura tattica della Roma.
Per capire bene l'identikit tattico dell'olandese è utile leggere le parole di Jurgen Klopp, al momento del suo addio al Liverpool: "Mi mancherà un giocatore pazzesco, di abilità altissima, uno dei giocatori più intelligenti che abbia mai avuto il privilegio di allenare. Il suo contributo era fuori scala, il sogno di ogni allenatore". E poi, ancora: "Non solo è sempre disponibile, il 90% delle volte ha giocato davvero davvero bene. Le persone potrebbero non rendersi conto di cosa io intenda per "bene", perché a volte non è spettacolare, ma è arrivato da ragazzo che era un 10 offensivo, al Newcastle era un esterno e qui è diventato un centrocampista di controllo di questo livello, è un salto gigantesco che è possibile solo se si capisce il calcio, ma davvero, nel modo giusto".
Gini Wijnaldum, tra Rotterdam e la Premier League
La parabola tecnica di Wijnaldum, insomma, è descritta nel dettaglio. I suoi primi passi, quelli allo Sparta Rotterdam e poi al Feyenoord sono da trequartista. Non poteva essere altrimenti per un ragazzo che ha come modello Zinedine Zidane e la 10 come maglia preferita. E sarà proprio con quel numero sulle spalle che, al PSV Eindhoven, erediterà la la fascia da capitano che era stata di un altro futuro romanista, Kevin Strootman. Il resto, poi, è storia nota a quasi: l'approdo in Premier League, 40 presenze e 11 reti con il Newcastle, prima del grande salto al Liverpool. Ed è proprio con la maglia dei Reds che Wijnaldum fa una di quelle magie da mondovisione, uno di quei gesti a metà tra l'arte e lo sport, tra la musica e il karate.
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È un'altra semifinale, stavolta contro il Barcellona, che ha vinto all'andata 3 a 0. Il Liverpool deve rimontare e lo farà, grazie a una doppietta di Origi e a una proprio di Gini. Ma non è questo il gesto atletico di cui vogliamo parlare. Perché per descrivere Wijnaldum, più dei gol vale la pena guardare e riguardare questo gesto. Linea di centrocampo, l'olanedese è tra quattro maglie del Barcellona, Arthur e Busquets gli stanno attaccato. Wijnaldum torna verso la propria metà campo, sembra in trappola. Poi a un certo punto, con una strana mossa del piede sinistro, va passare la palla velocemente sotto la gamba destra, all'indietro, nascondendola agli avversari, e cambia improvvisamente direzione, ribaltando il gioco.
Un vero e proprio marchio di fabbrica, quello di Gini Wijnaldum che anche quest'anno ha collezionato 38 presenze con la maglia del Paris Saint Germain, condite da 3 assist e 3 reti. Tempismo negli inserimenti, forza nei contrasti, precisione nelle incursioni, velocità nel dribbling. C'è un ritmo nei movimenti del centrocampista, qualcosa che sembra quasi una danza. Da ragazzo ascoltava l'hip hop, mentre a Rotterdam si balla la tecno e a Parigi qualcuno ambientava un ultimo tango, eppure i movimenti di Gini non possono essere incasellati in nessuna categoria. È lui a decidere il ritmo, è lui a decidere il tempo, i passi. Il tutto per destabilizzare l'avversario, cercare varchi inattesi, spazi subliminali. E infatti la danza era nel DNA di Georginio, come racconta in questa intervista, quando aveva 16 anni: "Si sentono spesso storie di ragazzi che hanno giocato con una palla quasi dalla nascita. Per me era qualcosa di diverso. Il calcio non mi interessava molto. Non mi trovavo per strada a giocare e non lo guardavo in televisione. Preferivo avere a che fare con la ginnastica. Potevo fare le spaccate, fare le ruote e adoravo fare i back flips. Volevo diventare un acrobata, ma non ho avuto questa ambizione per molto tempo. Perché poi, come tanti altri ragazzi, mi sono innamorato del calcio". Sono i primi anni di allenamenti, i primi anni di formazione, nella periferia di Rotterdam: "Avevo cinque o sei anni quando i miei genitori divorziarono. Fino ad allora stavo spesso con mia nonna. Si è presa cura di me quando mia madre lavorava. Mia nonna aveva allora tredici figli. La sua casa era un punto di ritrovo per tutta la famiglia, tutti i figli ei nipoti venivano a mangiare lì. C'era sempre una grande pentola di cibo preparato e l'atmosfera era fantastica. Quando i miei genitori divorziarono e mia madre si trasferì ad Amsterdam, dissi che volevo vivere con mia nonna".
Alle origini di Gini
È lì che si forgia il carattere e la personalità di Wijnaldum, è lì che si crea il suo profilo da calciatore oltre che da uomo. Con il Liverpool saranno 237 presenze e 22 reti, con tanto di Champions League, Mondiale per club e Supercoppa Europea in bacheca. Tutti successi a passo di danza, con quelle sterzate uniche nel suo genere, quelle sventagliate a cambiare gioco, quei movimenti che ribaltano le prospettive.
"Come i dervishes turners che girano, sulle spine dorsali" cantava Franco Battiato, proprio prima di citare "Radio Tirana". Lì dove la Roma ha vinto la Conference League, guarda caso proprio contro il Feyenoord, il Feyenoord di Gini. Intrecci di note e di musica, di danze e di movimenti di calciomercato. Gli stessi movimenti che hanno portato Wijnaldum nella capitale. Dove la danza potrà continuare.
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