La FIFA rimanda le decisioni sulle violazioni israeliane nei territori palestinesi, suscitando dubbi sulla reale volontà di intervenire. L'analisi delle conseguenze politiche e sportive.
Il 3 ottobre scorso, a Bangkok, si è tenuto il 74esimo Congresso della FIFA. Tra i punti all'ordine del giorno anche la richiesta avanzata nel maggio scorso dalla Federazione Calcistica Palestinese (PFA) per escludere l'omologa israeliana (IFA) da ogni competizione per le ripetute violazioni al diritto internazionale nonché agli Statuti FIFA.
Un punto all'ordine del giorno che si sarebbe dovuto discutere già nei tre precedenti congressi e che, invece, è sempre stato rinviato, destando più di qualche sospetto sulla reale volontà della FIFA di prendere una qualsiasi decisione a riguardo. La sensazione è che i massimi vertici del calcio mondiale stiano prendendo tempo in attesa - e sperando - che la soluzione arrivi dalla Politica, disinnescando così una situazione decisamente complicata per chi vorrebbe continuare, come sempre, ad avere due piedi in una scarpa.
Non stupisce, quindi, che anche nell'ultimo Consiglio, sostanzialmente la FIFA abbia deciso di non decidere ricorrendo ad un articolato espediente retorico per uscire dall'impasse: "in relazione alla proposta presentata dalla Federazione calcistica della Palestina riguardo all'Associazione calcistica di Israele al 74° Congresso FIFA, il Consiglio FIFA ha adottato le seguenti raccomandazioni e conclusioni raggiunte nell'analisi legale indipendente commissionata dalla FIFA:
Il Comitato Disciplinare della FIFA sarà incaricato di avviare un'indagine sul presunto reato di discriminazione sollevato dalla Federazione calcistica della Palestina.
Il Comitato di Governance, Audit e Conformità della FIFA sarà incaricato di indagare e successivamente consigliare il Consiglio FIFA sulla partecipazione alle competizioni israeliane di squadre di calcio israeliane presumibilmente basate nel territorio della Palestina."
La FIFA ha sostanzialmente rimandato a due comitati interni la valutazione delle richieste della PFA prima di prendere una decisione. Le prove delle violazioni della Federazione Israeliana messe sul banco dalla Federazione Palestinese, evidentemente, non devono essere state sufficientemente convincenti. Aver dimostrato che diversi club che partecipano ai campionati israeliani - dunque organizzati dall'IFA - giocano nei territori palestinesi della CisGiordania e West Bank, che altri club pur giocando nei campionati israeliani hanno le loro sedi sociali in quegli stessi territori e che altri ancora sono a tutti gli effetti club radicati nei territori palestinesi, tutte situazioni che contravvengono all'articolo 72 (1) degli Statuti della FIFA secondo cui "le associazioni membri e i loro club non possono giocare sul territorio di un'altra associazione membro senza l'approvazione di quest'ultima", non deve essere sembrato sufficiente alla FIFA per prendere una decisione definitiva. Così come non deve essere sembrato abbastanza convincente il fatto che proprio relativamente alla natura giuridica di quei territori, la Corte Internazionale di Giustizia avesse - nei mesi scorsi - dichiarato illegali gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi invitando "la comunità internazionale, in particolare gli alleati di Israele, ad intraprendere azioni inequivoche per assicurare che Israele ponga fine alla sua occupazione illegale, a partire dall'immediato stop all'espansione degli insediamenti e all'annessione di territori palestinesi e dallo smantellamento del brutale sistema di apartheid contro i palestinesi. Cessare l'occupazione è un passo fondamentale per far terminare le violazioni dei diritti umani in Israele e nei Territori palestinesi occupati".
Ma non finisce qui perché se si continuano a leggere le dichiarazioni di Gianni Infantino, il numero uno della FIFA, si scoprirà che "la violenza in corso nella regione conferma che, al di là di ogni considerazione, e come affermato al 74° Congresso FIFA, abbiamo bisogno di pace. Poiché restiamo estremamente scioccati da ciò che sta accadendo, e i nostri pensieri sono con coloro che stanno soffrendo, esortiamo tutte le parti a ripristinare la pace nella regione con effetto immediato". Un'esortazione a ripristinare la pace che è pura retorica visto che alle parole non si fanno seguire i fatti. La FIFA, del resto, sa benissimo che il boicottaggio è uno strumento tanto efficace quanto fenomenale di pressione politica e mediatica capace di incidere concretamente in situazioni drammatiche come questa. Evitare di ricorrere ad un tale strumento è, in un certo qual modo, un'ammissione di colpa, a maggior ragione alla luce delle tantissime violazioni e dei tantissimi crimini contro l'umanità di cui si sta macchiando Israele.
Vale la pena ricordare, allora, qualche altro elemento che avrebbe potuto e dovuto spingere la FIFA a prendere l'unica decisione possibile ovvero l'esclusione dell'IFA da ogni competizione: L'Esercito di Difesa Israeliano (IDF) o per meglio dire l'Esercito di Occupazione Israeliano, dall'ottobre 2023 ad oggi ha ucciso oltre 42.000 palestinesi, di cui circa 16.500 bambinə ed oltre 450 tra atletə e lavoratorə del mondo dello sport; ha letteralmente raso al suolo tutte le infrastrutture sportive del Paese, compresi 9 dei 10 stadi presenti in Palestina. L'unico su cui non si è abbattuta la furia devastatrice israeliana è lo stadio di Deir al-Balah che, in compenso, è diventato il campo profughi a cielo aperto più grande di tutta la Palestina con oltre 10.000 persone accolte. La maggior parte delle sedi sociali dei club di Gaza sono state distrutte. Gli atleti e le atlete ancora in vita hanno perso la possibilità di allenarsi e praticare sport a livello professionistico. Le loro carriere, in molti casi, sono finite prima ancora di cominciare. Tutta l'attività sportiva palestinese, compresa quella calcistica, è stata, di fatto, azzerata. La PFA ha dovuto sospendere tutte le competizioni nazionali da essa gestite a tempo indeterminato. Ma neanche questo è bastato alla FIFA per prendere una decisione.
I vertici della FIFA, come se non bastasse, stanno dimostrando di avere la memoria corta poiché sembra proprio che abbiano rimosso che appena due anni fa, correva l'anno 2022, impiegarono appena quattro giorni per decretare l'esclusione della Federazione Russa e di quella Bielorussa a seguito di quella che da alcuni è stata analizzata come l'invasione di uno stato sovrano a cui ha fatto seguito lo scoppio della guerra che, ancora oggi, è in corso. Una situazione che ci ricorda tanto quello che sta accadendo in Libano in questo momento. Il governo di Tel Aviv, da una decina di giorni, ha avviato le sue operazioni militari (leggasi invasione di uno stato sovrano) provocando già migliaia di morti e l'esodo di un milione e mezzo di persone. A rendere ancora più preoccupante la perdita di memoria della FIFA è il fatto che, come conseguenza dei massacri israeliani in Libano, la Federazione Calcistica Libanese (LFA), esattamente come la PFA, è stata costretta a sospendere e posticipare a tempo indeterminato tutte le partite di calcio previste. Ma neanche questo sembra essere sufficiente affinché la FIFA prenda una decisione in merito.
Il mondo del calcio, dunque, a causa di quelle che solo in apparenza sono delle non scelte della FIFA, si trova ad aver perso ulteriormente di credibilità e con le mani sporche di sangue. Un mondo trascinato a forza al fianco di Israele in una guerra che non ha scelto. Sono mesi che tifoserie, squadre, addettə ai lavori e tifosə chiedono a gran voce alla FIFA un atto di responsabilità ed umanità. In Italia sono centinaia le persone che hanno sottoscritto una petizione (ilcalcioboicottaisraele.org) per chiedere alla FIGC - la Federazione italiana Giuoco Calcio - di schierarsi dal lato giusto della storia. Voci che rimangono inascoltate e che vengono calpestate dalla cecità di una classe dirigente sportiva totalmente compromessa. Solo così, del resto, ci si può spiegare come sia possibile che ad Udine, lunedì prossimo (14 ottobre), andrà in scena la partita della vergogna tra la nazionale di calcio italiana e quella israeliana. Partita valida per la UEFA Nations League e che ha ricevuto, addirittura, il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, governata dalla destra, e del Sindaco di Udine - di centro sinistra - autore di un dietrofront clamoroso dopo che in estate aveva negato il patrocinio. Partita che si giocherà a porte aperte in un clima decisamente surreale. Non potranno essere le giocate e gli eventuali goal delle due squadre a mettere sotto al tappeto i crimini di guerra di Israele. Non potrà essere l'ennesima partita di calcio trasformata in un evento di mera propaganda politica di un governo illegittimo e genocidario a far distogliere l'attenzione da quanto accade in Palestina e Libano. Non sarà la complicità delle massime Istituzioni sportive mondiali e nazionali con Israele a trasformare il calcio in uno strumento di morte.
Commenti (0)