Gli schermidori italiani non vincono perché sono "bravi ragazzi". Questa l'idea di Aldo Cazzullo, del Corriere della Sera, a cui risponde Daniele Garozzo.
"Caro Aldo Cazzullo, sono Daniele Garozzo, campione olimpico, mondiale ed europeo di scherma, nonché medico. Mi piace pensare di essere un bravo ragazzo, come molti altri nella nostra disciplina". Inizia così la risposta dell'ex schermidore italiano al giornalista del Corriere della Sera. Uno sfogo, anzi una riflessione, affidata ai suoi profili social, per ribaltare quanto apparso sulle colonne del quotidiano di Via Solferino. Il titolo era questo: "Scherma, il fioretto insegue l'oro alle Olimpiadi: azzurri fortissimi ma bravi ragazzi". Con quel "ma", congiunzione avversativa, a fare tutta la differenza del mondo.
L'inviato alle Olimpiadi di Parigi scrive così: "Gli schermidori, come i signori secondo Manzoni, hanno un po' tutti del matto. Quelli che abbiamo adesso sono un po' troppo bravi ragazzi: per questo vincono meno di una volta. Sono accompagnati da mamma e papà". Prima, invece, era diverso. Prima erano "ragazzi cattivissimi": l'ultima "cattiva ragazza", per Cazzullo, è stata Elisa Di Francisca, negli ultimi giorni finita nella polemica per le durissime parole nei confronti della gioia di Benedetta Pilato. Poi c'è Paolo Milanoli, che combatteva "duelli al primo sangue in una palestra buia; da cui cicatrici sospette (la scherma è uccisione metaforica del rivale, e meno metafora è, più si vince)" mentre Stefano Cirioni "fece collezione di medaglie olimpiche e di cartellini neri (eliminazione per gravi insulti all'arbitro e all'avversario), da ct finì nei guai per un video in cui sottoponeva una matricola a un fastidioso rito iniziatico". In particolare l'attuale responsabile tecnico della nazionale italiana di fioretto venne accusato di nonnismo nel 2007 dall'allora 23enne Andrea Cassarà: "Il ct era molto attivo in una festa delle matricole prima dei Mondiali di Lipsia – si legge qui - con azioni sui ragazzi seminudi. C'è un filmato, ma ci sono anche parecchi testimoni su altri comportamenti che non sono degni". "Fastidioso", come lo definisce Aldo Cazzullo, forse è dire poco.
Il problema è che "prima" è sempre meglio. Prima si vinceva di più, prima si era più cattivi, prima si portavano a casa più medaglie. Le generazioni di oggi, diciamocelo, non sono più quelle di una volta. Si fanno accompagnare da mamma e papà, come se fosse una debolezza. Sono troppo buoni, figuriamoci. Prima era tutta un'altra cosa. C'è sempre qualcuno che ci dirà così: nello sport come nel lavoro, nella vita di tutti i giorni, nella scuola. Ti diranno sempre cosa dire, come comportarsi, come vestirti. Anche come giocare a scherma.
Per questo Daniele Garozzo decide di dire la sua: "Trovo piuttosto curioso, per non dire assurdo, il messaggio sottinteso nel suo articolo: che essere "cattivi" sia una qualità essenziale per vincere. Questa idea è non solo falsa, ma anche diseducativa. Affermare che "essere cattivi" porti alla vittoria sminuisce i successi di tanti atleti che, come me, hanno raggiunto i più alti traguardi grazie a impegno, sacrificio e una sana competitività. La narrativa romantica del guerriero spietato potrebbe essere affascinante nei racconti epici, ma nella realtà dello sport moderno è fuori luogo e anacronistica".
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Daniele Garozzo alle Olimpiadi di Parigi non c'è, non ha potuto partecipare. Dopo l'oro a Rio 2016 e l'argento a Tokyo 2020 era pronto per inseguire una nuova medaglia quest'anno, quando però la visita di idoneità sportiva l'ha fermato. "Il mio cuore si è "infortunato" – ha detto – ma lo accetto con serenità. Ricordo come fosse ieri quando ho iniziato a praticare questo sport meraviglioso. Ora, nel chiudere questo capitolo della mia vita da atleta, sono grato per ogni momento vissuto e per le esperienze che mi hanno reso la persona che sono oggi". Da fuori, allora, forse con mente più lucida e distaccata, calma, le parole del giornalista del Corriere della Sera gli devono essere suonate ancora più assurde. "Essere bravi ragazzi non significa essere deboli o meno competitivi – continua - Significa avere la maturità di comprendere che il vero valore dello sport sta nel rispetto delle regole, degli avversari e di sé stessi. È attraverso questo rispetto che si costruisce una carriera duratura e un esempio positivo per le generazioni future".
L'analisi di Cazzullo diventa poi politica e sociale: "La buona notizia è che sono fortissimi. La cattiva è che sono bravi ragazzi. (La mutazione è stata anche politica: la famiglia Montano non apparteneva alla sinistra livornese; ora questi sono tutti laureati, e la scherma si sta spostando a sinistra, come i Parioli)". Una trasformazione, dice ancora Daniele Garozzo, che "non è una debolezza, ma una forza. Atleti istruiti, rispettosi e consapevoli sono ambasciatori migliori per il nostro sport e per i valori che esso rappresenta. La scherma non è solo una questione di medaglie, ma di carattere e integrità. Invito tutti a riflettere su ciò che veramente rende grande uno schermidore. Non è la cattiveria, ma la passione, l'impegno e la capacità di ispirare gli altri con il proprio esempio positivo".
Roberto Vecchioni, nella sua bellissima "Sogna ragazzo sogna", diceva: "Lasciali dire che, al mondo, quelli come te perderanno sempre. Perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente". Diceva anche che "non è vero, ragazzo, che la ragione sta sempre col più forte". E neanche con i più cattivi.
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