Era il 1969, per rinforzare la squadra in vista del campionato di Serie A appena conquistato dal campo con il primo posto in B, il presidente Umberto Lenzini andò a pescare in Serie C, nell'Internaples, due buoni prospetti, un certo Giorgio Chinaglia per l'attacco e Giuseppe Wilson, un buon difensore, che potesse giocare come terzino ma anche come libero. Quello che non poteva sapere il presidente era che aveva appena acquistato due leggende biancocelesti. Giuseppe, per tutti Pino era nato in Inghilterra, figlio di un soldato inglese e di una donna napoletana, da cui ha preso quell'aria distinta, tipica della cultura partenopea, che lo ha contraddistinto per tutta la vita: Pino non è mai stato fuori posto, mai una parola sbagliata, mai una parola di critica verso quella Lazio che da quel 1969 è diventata il suo più grande amore.
In poco ha conquistato la fascia da capitano e il cuore dei tifosi, che lo hanno eletto loro idolo dopo il pazzo Scudetto del 1974. Una squadra fortissima, che giocava un calcio moderno, all'olandese, che è riuscita a sovvertire le gerarchie del calcio italiano sotto la guida di Tommaso Maestrelli. Ma anche una squadra sfortunata, segnata dalle tragedie, prima il folle omicidio di Luciano Re Cecconi, poi la malattia di Maestrelli, poi tante perdite premature, Long John Chinaglia, Felice Pulici, ora Pino, che li ha raggiunti per raccontare di nuovo tutto insieme mille aneddoti di un calcio che non c'è più.
Da calciatore Pino è rimasto alla Lazio per undici anni e 394 presenze, quasi tutte con la fascia sul braccio, con un breve intermezzo americano, per raggiungere l'amico di sempre Chinaglia ai New York Cosmos, nell'estate del 1978. Poi lo scandalo del Totonero lo ha travolto, da capitano qual era si è assunto colpe anche non sue e non più giovanissimo, con la squalifica di tre anni ha terminato la carriera, escludendo una breve esperienza in Canada nel 1983. Dopo il ritiro non ha mai smesso di tifare Lazio, di difendere il suo amore sulle radio romane e di portare avanti iniziative per i tifosi. La più bella, "di padre in figlio", una serie di serate, prima allo stadio, poi a teatro per celebrare la storia della prima squadra della capitale; la prima edizione nel 2014, fu una serata di pura lazialità, in cui è riuscito a portare allo stadio 70mila persone e grandissimi campioni, che hanno fatto la storia della società biancoceleste, dai suoi compagni del '74, agli eroi del -9, ai fuoriclasse del 2000. Tutti uniti per gridare al cielo il proprio amore, la propria passione, la propria appartenenza, la propria lazialità, la stessa che aveva Pino, grande campione, grande capitano, grande laziale.
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