Danni per migliaia di euro alla sede del Montespaccato Calcio, la squadra sequestrata alla criminalità e restituita al quartiere. Abbiamo parlato con l'amministratore del club, Antonello Tanteri.
"Siamo arrivati alla quarta denuncia ai Carabinieri. Ma non avevamo mai visto niente di simile. Stavolta la distruzione è totale". Racconta così Antonello Tanteri amministratore del Montespaccato Calcio, la squadra della periferia nord ovest di Roma, dal 2020 sequestrata al clan Gambacurta.
L'assalto al centro Don Pino Puglisi, in via Stefano Vaj, arriva nella notte tra il 20 e il 21 agosto. A essere colpita è la sala polifunzionale dell'impianto utilizzata non solo per le attività sportive ma soprattutto per quelle sociali e ricreative. "Usavamo quella sala per i centri estivi, per gli incontri con la psicologa, per la visione dei film - spiega ai nostri microfoni Antonello Tanteri - probabilmente sono entrati dal lato del ristorante, una parte di cui non abbiamo la gestione e che quindi non è sorvegliata. Quando abbiamo chiesto di visionare le telecamere ci è stato detto che erano fuori uso". Danni per migliaia di euro, una cifra incredibilmente alta per una società come quella del Montespaccato, che ogni anno è costretta ad affrontare costi di gestione sempre più elevati. "E' un atto vandalico che rischia di tagliarci le gambe, perché arriva proprio all'inizio della nuova stagione. Hanno distrutto tutto, non solo sedie, scrivanie, calcio balilla, libri della biblioteca ma anche macchinari per la preparazione atletica, la lavatrice che usavamo per il lavaggio dei kit per la scuola calcio dei bambini, i frigoriferi, i boiler per l'acqua caldo, l'impianto elettrico per le luci nei campi".
Dietro a quello che può essere definito un vero e proprio attacco c'è "l'evidente volontà di arrecare importanti danni economici al Montespaccato e all'Asilo Savoia, allontanando così dal centro sportivo bambini e famiglie, che in misura sempre crescente frequentano il 'Don Pino Puglisi', diventato un vero e proprio punto di riferimento per l'intero quartiere" si legge nella nota della società che gestisce la società grazie a un protocollo d'intesa con la Regione Lazio.
La squadra del Montespaccato fino al 2018 era in mano alla famiglia di Franco Gambacurta, un clan che gestiva rapporti con la 'ndrangheta, camorra e altre associazioni criminali romane e che utilizzava la squadra di calcio dal 2007 sia per avere un ruolo di riferimento all'interno del quartiere sia per riciclare i proventi del traffico di droga, racket e usura. "Quando siamo arrivati, fra gli sponsor c'era una gioielleria della Costa Azzurra. Avevano deciso di investire in una società calcistica della periferia di Roma che giocava in prima categoria. Una cosa senza senso. È chiaro che il Montespaccato era una lavatrice. Veniva usata dal clan Gambacurta per riciclare soldi" ha raccontato Massimiliano Monnanni, presidente dell'Asilo Savoia, a la Repubblica. Nel 2020, all'interno dell'indagine "Hampa", vengono sequestrati proprietà per un valore complessivo di 6 milioni di euro. Tra queste 21 immobili, 7 aziende, 49 veicoli. E una squadra di calcio.
Questa è la storia passata, la storia presente parla invece di un'estate travagliata che però, per il Montespaccato, non inizia ad agosto. A giugno infatti arriva la decisione, dalla Corte di Appello di Roma, di restituire il 15% della società a Valerio Gambacurta, figlio del boss "zio Franco". A luglio arriva la sospensione della revoca, su richiesta della Procura Generale. Colpi, minacce, intimidazioni a un progetto che non è solo sportivo ma sociale. "Abbiamo stipulato un accordo con le scuole del quartiere che possono venire a fare educazione fisica nelle nostre strutture - ci spiega ancora Tanteri - qui si sono allenati i ragazzi del Pineto United, squadra di rifugiati e richiedenti asilo, qui organizziamo incontri con Amnesty International e Libera". Il Montespaccato calcio oggi vanta 500 iscritti, dalla scuola calcio fino alla prima squadra, che milita nel campionato di Eccellenza, passando per il femminile.
"In questi giorni abbiamo ricevuto tanti messaggi, tante chiamate, dal mondo della politica e delle istituzioni ma anche da parte di privati cittadini. Ora però bisogna capitalizzare, bisogna passare ai fatti". Perché il Montespaccato non può essere lasciato solo. E anche perché "da qui, noi, non ce ne andiamo".
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