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Mai una Joya

Ultimamente, ogni occasione sembra buona per lamentarsi. Nonostante la vittoria casalinga contro l'Udinese, nell'ambiente bianconero monta una maionese impazzita di dubbi, critiche e preoccupazioni relative al futuro di Paulo Dybala.

L'argentino ieri ha dapprima sbloccato la gara, dopo una bella combinazione con Arthur e Kean, siglando il settimo centro stagionale in campionato. Poi, ha avviato l'azione del raddoppio bianconero, propiziato da un ottimo De Sciglio e firmato da Mc Kennie (decimo sigillo in assoluto con i bianconeri, il secondo di fila considerando la Supercoppa di mercoledì). Il numero dieci, che ha nell'Udinese uno dei suoi bersagli preferiti (10 gol in 17 partite contro i friulani), ha contribuito in modo determinante alla conquista dei tre punti, e al riscatto dopo la beffa subita allo scadere, in Supercoppa. Ieri il fantasista argentino ha indossato i panni del leader, garantendo alla propria squadra di rimanere agganciata al treno per l'Europa che conta, e di rosicchiare punti preziosi a chi la precede in classifica.

Considerando questi dati, non si capirebbero i malumori nei quali si è risvegliato il popolo bianconero l'indomani. L'origine del polverone mediatico delle ultime ore andrebbe rinvenuta nell'esultanza polemica di Dybala, dopo il gol. Dopo aver trafitto Padelli col sinistro, la Joya ha sorpreso tutti. Paulo non ha mimato la caratteristica Mask con cui celebra le proprie marcature. Il significato è semplice e di immediata intuizione. Giù la maschera! Il giocatore ha scelto di non dissimulare più la propria irritazione per le tante cose dette e accadute recentemente (ipse dixit) nei suoi confronti. È stata questa reazione a seminare scompiglio.

Dybala ha finalmente smascherato il proprio disappunto. Davvero qualcuno credeva che prima o poi non ci sarebbe stato alcun segno di stizza? Il gesto che maggiormente ha contribuito a destabilizzare i tifosi e la stampa (chissà se possano esserci anche stati strascichi interni) è stato lo sguardo minatorio rivolto verso la tribuna quasi vuota, cioè verso il settore dello stadio da cui la proprietà e i dirigenti assistono alle partite. A fine gara, nelle interviste, Paulo ha rilasciato parole significative e tutt'altro che criptiche. Il riferimento non è alla ricostruzione fantasiosa con cui ha giustificato il proprio gesto di sfida (…cercavo un amico in un box, ma non lo vedevo…), ma ad una frase ben precisa: non devo dimostrare niente a nessuno. Il giocatore, forse, intendeva legittimamente ricordare che dai bianconeri non ha soltanto ricevuto, come alcuni recentemente vorrebbero fare credere, ma che ha anche contribuito ai successi e alle soddisfazioni degli ultimi anni. Negli ultimi mesi nessuno, eccetto Allegri, si è soffermato a riflettere sui suoi meriti sportivi, sul suo talento, e sul contributo che sta dando anche in questa stagione, in cui dopo 21 partite vanta il doppio dei gol dello scorso anno. Per lo più, Paulo è stato additato di fragilità muscolare (non senza una base di evidenza fattuale), di egoismo, di incapacità di leadership, di avidità rispetto alla richiesta di ingaggio, e di non sapere riconoscere il peso della maglia numero dieci. Tutto ciò sorprende, visto che era stata la stessa società bianconera questa estate a incoronarlo perno del nuovo progetto sportivo, impegnandosi – almeno a parole – per il rinnovo.

Paulo Dybala in gol contro l'Udinese

Nonostante le ripetute dichiarazioni di Arrivabene sul diez possano essere considerate un pungolo, per quanto fastidioso, forse è arrivato il momento di moderare il tono of voice.

Il tifoso non può fare a meno di chiedersi quale strategia sia annidata nelle parole caustiche con cui la dirigenza si rivolge a Dybala e al suo entourage ormai abitualmente.

Un pungolo per ottenere da lui una maggiore costanza nelle prestazioni, in ottica di un rinnovo contrattuale oneroso? O, al contrario, per indurlo a lasciare la Juve, in modo che sia lui ad assumersi la responsabilità della separazione agli occhi dell'opinione pubblica, scagionando così la dirigenza per la rottura? Questa seconda possibilità non è remota. Pensateci. Se Dybala se ne andasse, magari proprio all'Inter (visto che Marotta ci ha già provato, ci sta provando e ci riproverà), attirerebbe l'astio dei tifosi e solo in pochi vedrebbero la corresponsabilità della società, incapace di venderlo a tempo debito realizzando una robusta plusvalenza, ma capace di perderlo a parametro zero nonostante l'impatto sul marketing e sul merchandising, e nonostante l'esigenza di sostituirlo con un profilo di alto livello, e pertanto oneroso. Rinnovare il contratto di Dybala equivale a ingaggiare un giocatore svincolato (di alto livello), risparmiando le cifre relative al costo del cartellino. Chi ora auspica la separazione tra Paulo e bianconeri, dimentica che la Juve in estate dovrà sostituire anche Morata (è remota l'ipotesi della permanenza, mentre nemmeno è considerata quella del riscatto alle cifre pattuite). Quanti milioni occorrerebbero per sostituire entrambi i perni dell'attacco? Evidentemente, una cifra esorbitante.

Questo ineludibile temporeggiare – rimandando l'incontro decisivo per il rinnovo – inizia, però, ad assumere tratti inquietanti. Sorge perfino il dubbio che questi ultimi mesi del giocatore siano assimilabili ad un'eutanasia, preconcordata, della sua carriera bianconera. Qualcuno potrebbe chiedersi: e se il club e il giocatore si fossero già lasciati e aspettassero giugno per rendere tutto ufficiale, senza compromettere ulteriormente la stagione?

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Fascia da capitano al braccio per Paulo Dybala

È vero che la Juve vorrebbe aspettare febbraio-marzo per ridiscutere con l'entourage, anche per monitorare il piazzamento in classifica della squadra e la conseguente possibilità di fare affidamento sui denari della Champions. Ma è altresì vero che più passa il tempo, più la società vede affievolire la propria posizione di forza contrattuale. Di questo passo la Juve potrebbe persino trovarsi a dover pareggiare l'offerta di altri club interessati, ed essere costretta a rinunciare. Ad essere allarmante è proprio il fatto che i dirigenti bianconeri non appaiano minimamente allarmati.Forse, perché anche le altre big europee hanno rivisto i propri parametri di spesa (si pensi a Isco che quasi sicuramente lascerà il Real a giugno, essendo i blancos non disposti a rinnovare il contratto in essere, da 7 milioni annui). Forse, perché le squadre in grado di spendere sono orientate su altri profili, visto che in estate si muoveranno, tra gli altri, Mbappe, Haaland e Vlahovic. La sicurezza e la rigidità della società bianconera nel gestire questa situazione sarebbero quasi invidiabili, se non fossero foriere di maggiori preoccupazioni sul futuro, che in questa fase non aiutano l'ambiente.

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L'auspicio è di non compromettere i rapporti con il giocatore a stagione in corso. Se Paulo è stimolato dalle continue osservazioni graffianti, tanto meglio. Ma si continua a perdere di vista l'obiettivo principale, che è il proseguimento della stagione. Se il nuovo incontro per il contratto è già fissato, non se ne parli fino ad allora. È il caso di rivolgere un appello anche al tifo bianconero: concentrarsi più sul concreto, e meno sui fantasmi. La vittoria con l'Udinese, più cinica che spumeggiante, può essere ridimensionata perché gli ospiti venivano da un cluster virale che aveva messo fuori gioco quasi l'intera formazione titolare. Ma è arrivato l'ottavo risultato utile consecutivo in campionato, e sono stati ottenuti tre punti contro una squadra che nel girone di andata aveva costretto i bianconeri al pareggio. Questa è una buona notizia anche rispetto alla proiezione dei punti nella classifica finale, considerando il girone di ritorno. La squadra continui a concentrarsi sul breve termine e ad affrontare ogni sfida nel miglior modo possibile. La società invece tuteli da malumori e infiltrazioni esterne l'ambiente, piuttosto che offrire risonanza ai fattori destabilizzanti. In vista del test di Coppa Italia contro la Sampdoria, si cerchi di vedere meno nero e più bianco

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