Umile, sognatore e pieno di idee. La Serie A scopre Massimiliano Alvini, il tecnico della Cremonese con gli occhi di un bambino.
If you can dream it, you can do it, recitava Walt Disney. «Se può sognarlo, puoi farlo», così può essere tradotta in italiano una delle più famose citazioni, se non addirittura la più celebre, del cineasta americano, conosciuto ai più per aver dato vita alla Walt Disney Company e a Disneyland.
Credo non ci sia frase migliore per indicare la parabola professionale nel mondo del calcio di Massimiliano Alvini, attualmente alla guida della Cremonese nelle vesti di allenatore. Per quale motivo? Beh… la spiegazione è davvero molto semplice: Alvini, con il sudore, il sacrificio, la dedizione e la passione ha trasformato in realtà un sogno quasi utopico ai suoi albori.
Proviamo quindi a riavvolgere il nastro e a ripercorrere i momenti salienti di una delle storie più belle della Serie A di quest'anno.
Dagli Amatori all'eccellenza: il primo salto
«Mister, se facciamo bene questa serie di fartlek, puoi levarci l'ultima?». «Mister, stasera non posso venire all'allenamento, faccio tardi a lavoro». «Se solo avessi avuto la testa a quest'ora sarei a giocare in serie A». «Mister, prima facciamo cambiare gli undici che iniziano e poi noi; non c'entriamo tutti nello spogliatoio…». Chissà quante volte Massimiliano Alvini avrà sentito queste frasi nelle prime fasi della sua carriera da allenatore, quando a far da cornice alle sue partite non c'era l'Olimpico, San Siro o l'Allianz Stadium, bensì un semplice campetto di provincia mezzo spelacchiato con qualche decina di spettatori sugli spalti e uno spogliatoio 3x3. La storia di mister Alvini, infatti, ebbe inizio nella categoria più umile del calcio, ossia quella degli Amatori, nella stagione 1995-1996 quando, contemporaneamente, continuava a giocare in Promozione nel Signa (squadra che porta il nome dell'omonima cittadina situata in provincia di Firenze) nel ruolo di terzino sinistro. Massimiliano, come da lui stesso ammesso, non aveva prospettive luminose di fronte a sé come giocatore, ma al tempo stesso era consapevole di quanto amasse il calcio. Fu proprio nella stagione appena menzionata che intraprese l'avventura da allenatore sedendo sulla panchina della Ferruzza, ossia una squadra amatoriale della propria città natale, Fucecchio, patria peraltro di un certo Indro Montanelli.
A 30 anni, nel 2000, complice anche un infortunio, Alvini decise di appendere le scarpe al chiodo per impiegare il suo tempo libero ad allenare. Sì, esatto, il suo tempo libero, perché Alvini nella vita lavorativa non era certamente ancora un allenatore, bensì un rappresentante di suole per le scarpe, lavoro che portava avanti insieme a suo fratello. In quell'anno, fu proprio la società del Signa a dare a Max l'opportunità di crescere in quella nuova avventura affidandogli la panchina dei ragazzi della Juniores; l'anno successivo, invece, fu la volta della prima squadra in Promozione. Un salto non da poco.
Iniziò così l'avventura dell'Alvini allenatore nelle prime squadre. Tra il 2001 e il 2007, la sua storia si divise tra la Promozione e l'Eccellenza a Signa e a Quarrata, quindi tra la provincia fiorentina e quella pistoiese. Il risultato non fu poi così male: due campionati di Promozione vinti, uno con il Signa e uno con il Quarrata.
L'ammonizione di Mister #Alvini spiegata da Mister Alvini... 🟨👶🏻🍫#AtalantaCremonese #SolAmAi #ForzaGrigiorossi #DaiCremo #SerieATIM 🔘🔴 pic.twitter.com/uPu1AvaRnz
— U.S. Cremonese (@USCremonese) September 12, 2022
Tuttocuoio: dalla promozione alla serie C in cinque anni
Arrivò il 2008, e quell'anno fu l'inizio di una nuova storia, probabilmente la più importante nella carriera di mister Alvini. In quell'anno, approdò sulla panchina del Tuttocuoio, squadra di Ponte a Egola, piccola frazione di San Miniato con circa 7000 abitanti, famosa per la lavorazione del cuoio e delle pelli. I neroverdi, in quel momento, militavano nel campionato di Promozione, quindi niente di nuovo per il mister fucecchiese che aveva già trionfato in quella categoria nelle sue due precedenti esperienze. Per lui il calcio, quindi, continuava a rimanere un hobby, o meglio una passione, da svolgersi la sera al termine dell'attività lavorativa.
La storia con il Tuttocuoio, però, aveva in serbo per lui qualcosa di diverso; infatti, dopo aver vinto il campionato di Promozione, vinse quello di Eccellenza e Serie D, oltre ad una Coppa Italia Dilettanti Toscana ed una Coppa Italia Dilettanti.
Ecco spiegato in sintesi perché la parentesi Tuttocuoio – durata dal 2008 al 2015 – è stata la più importante, quantomeno fino ad oggi, per la carriera di Max. Fu proprio a Ponte a Egola che trasformò la propria passione nella propria professione; fu con il Tuttocuoio che realizzò un'impresa impensabile per una realtà in cui il calcio non aveva mai rivestito un ruolo di primo piano; fu con i neroverdi che fece conoscere a tutta Italia il proprio nome, arrivando così a varcare da protagonista le soglie del professionismo.
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Continuità, caduta e nuova ascesa
I primi passi in Serie C Alvini li mosse proprio con il Tuttocuoio, ottenendo buoni risultati. Nel 2015 chiuse la sua avventura a Ponte a Egola per trasferirsi alla Pistoiese, sempre in Serie C, dove però venne esonerato ancor prima della fine della stagione.
Nel 2016, Alvini traslocò a Bergamo, sponda Albinoleffe. Il tecnico toscano guidò la squadra nel campionato di Serie C, raggiungendo i play off nelle prime due stagioni; nella terza, invece, i brutti risultati conseguiti dalla squadra gli costarono l'esonero dopo poche giornate.
Fu la Reggiana ad offrire una nuova opportunità a Max. Sarebbe stato un piccolo passo indietro per lui, visto che avrebbe dovuto disputare il campionato di Serie D; tuttavia, in seguito ad una serie di incastri, la squadra di Reggio Emilia venne ripescata in Serie C. La sorte aveva sorriso ancora una volta al mister di Fucecchio, offrendogli una nuova chance nel mondo del professionismo. Non se la fece sfuggire. Riuscì, infatti, a riportare in Serie B la Reggiana dopo 21 anni, contro ogni pronostico. Tuttavia, fu tanto grande quanto difficile il passaggio nella serie cadetta, infatti, la squadra emiliana non riuscì a salvarsi al termine della stagione 2020-2021. Il risultato non soddisfacente costò la panchina al tecnico fucecchiese.
Smaltita la delusione per l'amara conclusione della storia professionale con la Reggiana, Alvini accettò la chiamata del Perugia, neopromosso in Serie B. Si apriva quindi un nuovo capitolo, peraltro in una società prestigiosa come quella perugina che in passato ha pestato palcoscenici importanti, dove lentamente sta cercando di tornare. La stagione 2021-2022 si concluse con il raggiungimento dei play off, nei quali il Perugia venne sconfitto al primo turno dal Brescia. Nonostante ciò, il risultato fu comunque positivo, a tal punto che arrivò una chiamata inaspettata, forse la più bella…
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La chiamata della Serie A per mister Alvini
Nella stagione 1995-1996, quando iniziò a capire cosa volesse dire fare l'allenatore, seppur tra gli Amatori, tutto avrebbe pensato tranne che arrivare sulla panchina di una squadra di Serie A. Sì, probabilmente lo sperava, lo sognava, lo immaginava, un po' come fanno tutti i ragazzi quando iniziano a giocare a calcio o ad allenare, ma Alvini sapeva quanto utopico fosse il proprio sogno. E invece, nel giugno del 2022, ventisette anni dopo la prima panchina nel campionato UISP, Massimiliano Alvini è riuscito a coronare il proprio sogno salendo sulla panchina della Cremonese, neopromossa in Serie A. Sì, un sogno, perché è di questo che si sta parlando, che Alvini è riuscito a tradurre in realtà attraverso il sacrificio, la passione, l'entusiasmo e la professionalità. Avete mai ascoltato o visto un'intervista del tecnico fucecchiese? Se non lo avete fatto, vi invito a farlo, perché dalle sue parole e dal suo sguardo emergono chiaramente la passione e l'amore nutriti per questo sport, sentimenti a cui si aggiunge una profonda conoscenza di ogni aspetto legato al mondo del calcio. Come espresso da Gabriele Fredianelli in un servizio curato da Simone Arrighi per il quotidiano web Cremona Sport, già agli albori della carriera da allenatore Massimiliano Alvini possedeva una conoscenza enciclopedica non solo dei propri giocatori, ma anche di tutti quelli delle altre categorie, sia inferiori sia superiori. In poche parole, dimostrava di avere qualcosa di diverso, qualcosa che lo innalzava al di sopra della media.
Vivere la Serie A come un sogno ad occhi aperti
Prima di concludere, vi invito a riflettere su un paio di episodi che hanno avuto il tecnico fucecchiese come protagonista, che a mio avviso rappresentano un modo puramente romantico di vivere questo meraviglioso gioco chiamato calcio.
Il primo si riferisce al post-partita di Roma-Cremonese del 22 agosto 2022, match valido per la seconda giornata di campionato di Serie A, vinto per 1-0 dalla Roma. Nonostante la sconfitta, Massimiliano Alvini uscì da solo dagli spogliatoi per tornare in campo a scattare qualche foto e video ad uno Stadio Olimpico completamente vuoto, pronunciando – sussurrando quasi – le parole: «che bello!». Un gesto semplice, spontaneo, quasi fanciullesco – un po' come quando un bambino vede per la prima volta un parco giochi –, ma che nasconde in sé il modo più genuino e romantico di vivere il calcio. In quel momento, è un po' come se Max avesse voluto – giustamente, aggiungo io –, ritagliarsi un piccolo spazio, tutto per sé, per immortalare un momento che simboleggiava il raggiungimento di un sogno iniziato ventisette anni prima. Dall'UISP alla Serie A; dal campo di provincia all'Olimpico: sì! Massimiliano Alvini ce l'ha fatta!
Il secondo episodio cavalca l'onda sentimentale del primo, ed è avvenuto al termine del match Cremonese-Sassuolo del 4 settembre 2022, match valevole per la quinta giornata di Serie A, conclusosi sul punteggio di 0-0. Ai microfoni di DAZN, si presentò un Massimiliano Alvini moderatamente soddisfatto per il primo punto conquistato in classifica; poi, quando gli venne comunicato che ad assistere alla partita sugli spalti c'era Gianluca Vialli, il suo sguardo si illuminò e mutò in un sorriso a metà tra l'emozionato e l'imbarazzato, straripante di felicità, un po' come quando un bambino incontra il proprio idolo. Vi ricordate quando un emergente e quasi sconosciuto Maurizio Sarri sulla panchina dell'Empoli accolse in modo incredulo ed imbarazzato i complimenti di un campione del calibro di Samuel Eto'o, in quel momento in forze alla Sampdoria? Ecco, più o meno la reazione di Alvini alla notizia della presenza di Vialli è stata quella. Credo che immagini come quelle facciano bene al calcio, perché mettono in evidenza il lato più bello, più genuino e più emozionante di questo sport, cosa sempre più rara data la presenza di logiche di business che spesso tendono ad alienare il tifoso dallo sport che più ama.
Credo che persone come Massimiliano Alvini facciano bene al calcio, perché uno come lui riesce a trasmettere valori importanti quali la genuinità e la passione per ciò che più si ama fare, ma soprattutto il significato del sudore, della fatica, del sacrificio, della costanza e della perseveranza, tutti ingredienti necessari per il conseguimento di traguardi importanti nello sport e in ogni altro ambito della vita.
Marco Fontanelli
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