Da quando, alla guida del Napoli, si è visto sfuggire l'accesso alla Champions League negli ultimi minuti del campionato 2020/21, Rino Gattuso è entrato in una spirale negativa da dove non riesce più a uscire.
Qualunque cosa dica o faccia viene enfatizzata negativamente e tutte le decisioni che prende sembrano sbagliate. Nemmeno il tempo di metabolizzare la delusione partenopea che per lui era pronta la panchina della Fiorentina, annusata, però, per pochi giorni. La sua vicinanza al potentissimo procuratore portoghese Mendes, che voleva indirizzare il mercato Viola gli costò la panchina dei gigliati. Ma Mendes non abbandona gli amici e per Ringhio, dopo poche ore, era pronto un biglietto aereo per Londra e un ricco contratto col Tottenham .
Nemmeno il tempo di scappucciare la penna per firmare che una rivolta sui social e sui siti dei tifosi degli Spurs allontanò definitivamente Gattuso dalla panchina dei londinesi, con l'accusa di essere razzista ed omofobo per qualche frase mal interpretata detta in passato. In realtà, il suo arrivo era poco gradito agli ultras londinesi per un vecchio litigio con lo squalo Joe Jordan quando Rino era ancora un giocatore e l'ex bomber scozzese il vice allenatore del Tottenham.
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Costretto ad un anno sabbatico, il buon Rino, sempre grazie a Mendes, prova a rilanciarsi quest'anno a Valencia. Gli spagnoli sono reduci da anni di gestioni fallimentari che li hanno portati sull'orlo del fallimento per colpa degli acquisti e dei contratti onerosi offerti a giocatori affiliati alla Gestifute. Quest'ultima è una scuderia di calciatori di proprietà indovinate di chi? Da Mendes, che ha accasato in questi ultimi anni alcuni suoi associati al Valencia, facendoli strapagare sia come cartellino che come ingaggio. Per questo l'arrivo di Gattuso al Valencia non è stato accolto con grande entusiasmo dai tifosi. Ma un altro episodio, nel suo genere innocuo, ha scatenato i media contro Rino, colpevole di aver dato due boccate di sigaretta elettronica durante un allenamento.
L'ex centrocampista del Milan e della nazionale è stato accusato di dare il cattivo esempio in campo. Un'accusa ridicola per chi nel corso della sua carriera è stato uno dei più limpidi esempi di attaccamento alle casacche di appartenenza.
E poi, che male c'è a fumare in campo? Fino a quando non è stato vietato di fumare in panchina (divieto introdotto nel 2005), a grandissimi fumatori sono corrisposti grandissimi allenatori. Manlio Scopigno era perennemente con la sigaretta accesa e una volta che nel pieno della notte scoprì, durante un ritiro, alcuni suoi giocatori impegnati a giocare a poker avvolti in una nuvola di fumo non solo non li redarguì ma accendendo a sua volta una sigaretta chiese: "vi dò fastidio se fumo?" E si unì al pokerino con loro.
Bruno Pesaola è stato un altro fumatore incallito. Si racconta che fumasse anche cinque pacchetti al giorno.
Proprio in questi giorni ricorre l'anniversario della vittoria italiana al mondiale di Spagna nel 1982. Come si può quindi dimenticare Bearzot e la sua pipa? E, rimanendo in tema di commissari tecnici campioni del mondo, va ricordato Marcello Lippi col suo immancabile sigaro toscano. Un altro campione del mondo, questa volta argentino, era uno schiavo della sigaretta: Menotti.
Venendo a tempi più recenti, l'emblema del super fumatore in panchina è stato Zdenek Zeman seguito a ruota da Maurizio Sarri, che ora, non potendo farlo durante la partita, sembra un leone in gabbia.
Ma lasciando perdere gli allenatori anche alcuni grandi campioni non disdegnavano fumare. Ci pace ricordare Socrates, il tacco di Dio, che al suo primo e unico ritiro precampionato con la Fiorentina stupì i compagni perché pretendeva di fumare nel corso di un allenamento in montagna. Altri campionissimi come Gigi Riva e Platini non rinunciavano ad una bella fumatina. Il profeta del gol, l'olandese Cruijff, arrivava tranquillamente a un pacchetto al giorno.
Ma, soprattutto, non poteva fare a meno di un bel sigaro cubano, e di molte altre cose, il più grande di tutti: Diego Armando Maradona.
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