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Non c'è nulla Di Bello

Dopo Lazio Milan si continua a parlare dell'arbitraggio di Di Bello. E soprattutto di un sistema arbitrale, quello italiano, sempre più in crisi. 

Sul Corriere della Sera Magazine l'11 maggio 2006 Pierluigi Collina, intervistato, disse: "Non vivo il rigore o l'espulsione come gratificazione. L'arbitro non è felice quando espelle un giocatore. L'espulsione è una piccola sconfitta. Non c'è nessuna libido nel tirare fuori il cartellino rosso." Guardando Lazio - Milan ci si accorge di quanto questa frase sia tremendamente vera. Non c'è davvero nessuna libido nel tirare fuori un cartellino rosso. Eppure per Di Bello sembra esattamente il contrario. Tira fuori cartellini come se ne godesse e di conseguenza lascia i calciatori biancocelesti in otto a fine partita. Arbitra in una sola direzione, non assegna un rigore e non riesce a gestire i protagonisti in campo innervositi dal suo pressapochismo estenuante.

Una serata "no" può capitare a tutti nel mondo dello sport. Ma guardando settimanalmente la Serie A ci si accorge di come la sezione arbitrale italiana stia diventando sempre più oscena e priva di personalità. Se Di Bello non riesce a gestire big match come Lazio Milan, e sbaglia palesemente insieme a tutta la designazione arbitrale, allora va fermato insieme ai colleghi per molto tempo non per un solo misero mese. Perché regalare rossi, come quelli a Marusic e Guendouzi, è inammissibile nella massima lega calcistica italiana. Gli arbitri sono ben pagati e di certo non muoiono di fame. Bisogna esigere da loro la massima attenzione. Perché, si, commettere errori è umano, soprattutto quando sono grossolani e compromettono il risultato della partita, ma perseverare è diabolico.

Uno scatto emblematico di Lazio Milan, arbitrata da Di Bello. Fonte Foto: Goal Italia

Il rigore su Castellanos c'è ed è evidente. La scusa del contatto casuale è una boiata di primo livello. Ad Open Var, su DAZN, Rocchi, designatore arbitrale della Serie A, difende Di Bello parlando, appunto, di un contatto avvenuto in maniera causale. Gli opinionisti intervengono e fanno notare all'ex arbitro di calcio che in realtà il tiro dal dischetto poteva esserci eccome. "E' un 50 e 50. In pochi si sarebbero lamentati se fosse stato assegnato" dice Borghi. Si soffermano poi sui cartellini rossi ma ogni parola sembra vaga o buttata al vento. Ormai il danno è fatto. Del rosso a Guendouzi non ne parlano, ed è inspiegabile visto che anche lì c'è una svista clamorosa dell'arbitro. Riguardo a quello rifilato a Marusic, Rocchi dice che non sa cos'abbia detto il montenegrino all'arbitro e che il rapporto a fine partita è roba del direttore di gara. Passiamo poi al doppio giallo di Pellegrini: "Il doppio giallo è dovuto, ma mi rendo conto della difficoltà nell'accettarlo". Si tratta sicuramente di un'ingenuità del numero tre biancoceleste. Di Bello però vede Castellanos a terra toccarsi il volto ma non fischia pur mettendo il fischietto sulle labbra. Pellegrini non butta la palla fuori e Pulisic continua a giocare inducendolo all'errore. Il terzino biancoceleste avrà pure sbagliato ma di certo la colpa non è solamente sua.

Delle tante frasi dette da Rocchi ad Open Var, quella che mi è rimasta più impressa fa parte del discorso finale del designatore: "Di Bello lo dobbiamo recuperare il prima possibile. Non dobbiamo lasciare nessuno indietro, questo è fuori discussione". Lasciare indietro, in questo caso, non è sinonimo di distruggere la carriera del giovane arbitro della sezione di Brindisi. Di Bello continuerà ad arbitrare a prescindere e questa prestazione non gli cambierà la vita. Quindi lasciate stare i moralismi vari visto che fortunatamente è grande, grosso e vaccinato.

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C'era una volta il calcio sognato - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Che bello quando si concludeva il pranzo domenicale e ci si radunava insieme ad amici e parenti attorno ad una radiolina. Quasi ogni appassionato di calcio si sintonizzava sulle frequenze di Rai Radio Uno, fischiettava la sigla di "Tutto il calcio minuto per minuto" e, in quel momento, una scossa di adrenalina percorreva tutto il suo corpo. Il pomeriggio di Serie A stava per cominciare.

Delle punizioni più severe, come stop più lunghi o multe salate, porterebbero forse ad una maggiore lucidità in campo da parte degli arbitri che purtroppo, nella sfida presa in considerazione in questo articolo, non si è vista per niente. Di Bello è un ingranaggio di un sistema malato, sempre più all'orlo del baratro. L'associazione italiana arbitri (AIA) è in profonda crisi e deve ritrovare personalità. Bisogna sperare che nelle prossime elezioni delle componenti federali, previste entro dicembre, il successore di Carlo Pacifici abbia il coraggio di attuare una vera e propria rivoluzione. Eugenio Abbattista, arbitro appartenente all'AIA, nei giorni scorsi, ha rassegnato le dimissioni parlando di un'associazione "stuprata da mestieranti della poltrona e del voto". Anche le Iene da tempo si stanno occupando di questa gestione insostenibile mostrando il vero volto del mondo arbitrale italiano.

Nelle partite giocate tra il primo e il quattro marzo ci sono errori arbitrali pesantissimi che in un campionato come il nostro sono inammissibili. Il rosso di Marchetti per Ricci, il rigore dato a Barella durante Inter-Genoa… tutti frutto di una gestione del gioco opaca e pressapochista. Possibile che anche avendo la tecnologia sul campo ed uno strumento importantissimo come il VAR non si riesca ad essere minuziosamente precisi nelle decisioni? Forse colpa anche di un VAR troppo poco potenziato che potrebbe migliorare nettamente ed avere più potere nelle decisioni.

Se vogliamo portare il nostro calcio ai massimi livelli in tutta europa di certo non possiamo continuare a girarci i pollici vedendo gestioni arbitrali del genere. Bisogna attuare una rivoluzione senza se e senza ma.

Concludo con una frase di Collina, tratta sempre dalla stessa intervista citata ad inizio articolo: "Preparando bene la partita e conoscendo gli schemi delle squadre, le caratteristiche dei giocatori, si riesce quasi sempre a trovarsi nelle migliori condizioni per giudicare e decidere."

Anche il calcio deve prendere posizione
Jasmine Paolini scrive la storia
 

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