Il fair play finanziario verrebbe accantonato in favore di una nuova disciplina che rivoluzioni il sistema calcio
Il "giusto gioco" del calcio
FFP ne abbiamo ? Niente paura, non è la sigla di un nuovo modello di mascherina sanitaria, ma l'acronimo di Financial fair play, o fair play finanziario (letteralmente "gioco giusto"), ovvero lo strumentario normativo pensato dall'Uefa e - almeno formalmente - utilizzato finora per intercettare le storture più evidenti e le diseguaglianze maggiori tra i club europei in materia di performance finanziarie. L'intento nobile quello in particolare di evitare che nella corsa agli obbiettivi stagionali delle società concorressero in misura troppo pervasiva fattori tendenzialmente strutturali come la capacità di azione sul mercato (specialmente campagne acquisti), dovuta a sua volta a disponibilità finanziarie ritenute eccessivamente divergenti da club a club. Ci si rese conto poi di come certi atteggiamenti potessero anche incrementare in maniera preoccupante l'indebitamento nel calcio moderno, europeo in primis.
Il percorso e le regole seguiti fin qui
Difficile però stabilire un ragione storica precisa alla base dell'adozione di una regolamentazione di questo tipo. Il periodo di riferimento sembra essere a detta di alcuni l'estate del 2009, (ossia la coda della stagione 2008/2009 e l'inizio della successiva, la 2009/2010). In particolare, il "casus" sarebbe rappresentato dalla campagna acquisti dell'epoca di alcuni club, o meglio di uno in particolare, il Real Madrid. Infatti, in molti ricorderanno il passaggio ai Blancos dei vari Cristiano Ronaldo dal Manchester United, Ricardo Kakà dal Milan, Benzema dal Lione, ma anche Xabi Alonso, Raul Albiol e dello stesso ct Pellegrini, cui fu affidata la panchina del super team appena messo a punto. Il totale sborsato nella sola estate di quell'anno dalla dirigenza del presidente Florentino Perez appena reinsediato dalle parti del Santiago Bernabeu fu di quasi 230 milioni. Cifra mai vista o quasi fin lì, ma destinata ad essere eguagliata e superata negli anni a venire più e più volte. Nel frattempo, tra 2009 e 2010 entrava in vigore una prima normativa simile al c.d. fair play, fortemente voluta dall'allora presidente Uefa Michel Platini e basata su un criterio fondamentale : il pareggio di bilancio o, detto più prosaicamente, la regola per cui "non puoi spendere più di quel che guadagni", con scostamenti ammessi mai superiori ai 30 milioni, osservati nel corso di un triennio. I "penalties" in realtà variavano da semplici sanzioni fino all'esclusione dalle competizioni europee.
Dal 2017 è attiva una nuova versione dello stesso meccanismo, rafforzata quanto a controlli e attenzione ai bilanci stessi dei club. Si è cercato con questo nuovo corso di rendere il monitoraggio ancora più pervasivo per incentivare il più possibile comportamenti virtuosi. Come scriveva Panorama.it, ogni club era chiamato a non superare i 100 milioni di rosso per ogni finestra di mercato, pena il rischio di apertura di una procedura di infrazione. In generale però non sono mancate le critiche sulla reale efficacia del fair play. Alcuni ad esempio, fa notare Vendemiale su ilFattoquotidiano.it, lo considerano incapace di porre un freno ad altre storture : pensiamo all'uso massiccio da parte dei club di espedienti come le plusvalenze, con cui puntellare i rispettivi bilanci. In più, nonostante tra il 2009 e il 2018 la situazione finanziaria complessiva del calcio europeo sia vistosamente migliorata (da 1,6 miliardi di perdite a 140 milioni di utili), resta da chiarire quanto il meccanismo sanzionatorio nel complesso abbia davvero funzionato ad impedire che alcuni bypassassero le norme in questione.
Le ultime dall'Uefa
E in effetti il quadro sembra destinato a cambiare ancora, almeno a sentire le ultime parole dell'attuale presidente Ceferin. A partire dal nome : non più fair play, ma "nuove regole di sostenibilità finanziaria". Non solo pareggio di bilancio, ma introduzione di una sorta di "salary cap", un tetto massimo fissato al 70 percento del fatturato per le spese destinate dai singoli club a stipendi dei tesserati, trasferimenti e commissioni. Si tratta della novità più attesa : servirà davvero a rivoluzionare il sistema ?
Claudio Viozzi
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