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Povera patria

La sconfitta con la Svizzera e l'uscita dagli Europei mette in risalto la crisi del calcio italiano, tra colpe, carenze e sfide future.  

Con quello che una volta veniva definito come il più classico dei risultati, 2 a 0, l'Italia se ne torna a casa, eliminata da una Svizzera ben messa in campo e molto più squadra di noi. 

Perché si diceva risultato classico? Perché in Inghilterra negli anni '60 e '70 era quello più comune e, siccome quasi tutto nel calcio deriva dai discendenti dell'antica Albione, il 2 a 0 fu chiamato così. Ma come, dopo un'eliminazione così brutale ci mettiamo a perdere tempo con i riferimenti storici? Certo, meglio questo che commentare una partita incomprensibile. Dopo aver anticipato, come scritto più volte, che, tolti rarissimi casi, le nostre mamme non partoriscono più campioni, troviamo inspiegabili una serie di cose nell'Italia che ha perso contro la Svizzera. Partiamo dalla condizione fisica. In tutte e quattro le partite i nostri hanno camminato. Se non corri nel calcio attuale non hai scampo e infatti sia contro la Spagna che la Svizzera non siamo mai stati in partita. L'ha ammesso lo stesso Spalletti, dicendo che non avevamo ritmo. 

Poi la scelta di Fagioli, sul quale, badate bene, non va scaricata nessuna colpa. Appare però assurdo che un allenatore bravo come Spalletti si sia affidato al giovane juventino dopo un'inattività così lunga, consegnandogli pure le chiavi della squadra nella partita più importante. Ora impallinare l'allenatore della Nazionale in Italia è lo sport preferito da giornalisti e tifosi. Il mister, molto signorilmente, si è preso tutte le colpe, ma sono veramente tutte sue? Ricordiamo, a chi critica Spalletti, che veniamo da due mancate qualificazioni ai Mondiali (con Ventura prima e Mancini poi) e nelle due edizioni precedenti, per intenderci quelle seguenti al trionfo del 2006, siamo usciti nella fase a gironi. L'analisi che più condividiamo è quella di Fabio Capello che ha commentato gli azzurri ponendo una domanda: «siete convinti che questa squadra abbia delle qualità?»

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No, questa squadra non ha qualità. L'amara sentenza è questa. Come un male incurabile che si estende senza pietà, la moria di attaccanti ha lanciato le sue metastasi prima ai difensori e poi ai centrocampisti. Molti hanno anche parlato di una delle peggiori sconfitte della Nazionale. Non siamo d'accordo. Nel 1966 in Inghilterra uscimmo ai Mondiali contro la Corea del Nord. Sconfitta terribile, ridicola ma inaccettabile perché Edmondo Fabbri portò Riva in viaggio premio, preferendogli Pascutti, e non convocò neppure Armando Picchi. Quella Nazionale poteva essere fortissima e non lo fu per le scelte suicide del suo allenatore. Ma questa volta a casa non è rimasto nessun Gigi Riva e nessuno se ne vede all'orizzonte. Tolto Donnarumma nel PSG quali altri calciatori italiani giocano in club di spicco all'estero? Nessuno.

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Intanto, la qualificazione al Mondiale è alle porte e, sinceramente, sarà molto difficile non andarci visto l'allargamento a 48 squadre partecipanti, un numero veramente esagerato.

Da anni si dice di rifondare il nostro calcio, partendo dal campionato. Ma come? Sicuramente cambiando qualcosa nella Federazione, mettendo dirigenti che non si pieghino sempre e comunque ai voleri dei grossi club. Questa però è pura fantascienza e non avverrà. Una mazzata terribile è stata sicuramente data dal decreto crescita che dal gennaio del 2017 ha permesso a tutti i cittadini stranieri con un reddito alto (i calciatori sono tra questi) di godere di pesanti sgravi fiscali venendo in Italia. Ciò ha fatto sì che, al di là dei campioni (sempre ben accetti), molte squadre hanno preferito comprare all'estero piuttosto che in casa per risparmiare, portando così anche una valanga di mezze figure. Alcune squadre hanno anche i settori primavera pieni di stranieri, bloccando la crescita dei talenti nostrani. E' poi molto difficile, tolte rare occasioni, veder esordire dei giovanissimi in serie A. Sono scarsi o non hanno il coraggio di lanciarli i loro allenatori? Il nostro campionato è inoltre molto lento, troppo rispetto ad altri tornei, dominato da uno sterile possesso palla di molte squadre. La stessa lentezza che si è vista con la Nazionale.

Qualcosa, però, si muove: le selezioni under 21, 20, 19 e 17 hanno vinto diversi tornei o sono finite sul podio nei tornei disputati. Il nostro futuro passa da loro, perché il presente, quello di chi ha giocato questi Europei, sembra già il passato.

di Giulio Giusti

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