Una giornata che poteva finire in tragedia e che invece resterà nel cuore e nella mente di tanti. Una giornata che ora deve servire da monito a chi prende le decisioni, a chi governa il calcio provinciale, dilettantistico. "Io non sono un eroe, non mi ci sento assolutamente. Ora però le cose devono cambiare, serve prevenzione". Ecco le parole sue parole, in questa intervista per Il Catenaccio.
Sì, c'è la classica uscita che ho visto fare migliaia di volte a centinaia di portieri. Tiziano esce, prende una ginocchiata al collo e resta a terra, senza sensi. Noi dalla tribuna non avevamo capito cosa fosse successo. Gridavamo al rigore, al fallo per noi. Dopo qualche istante abbiamo capito che c'era qualcosa. Nessuno ha più pensato al rigore e neanche al calcio, in ballo c'era qualcosa di più importante.
Che attimi sono stati?
In campo c'era chi urlava, chi piangeva, chi si allontanava, chi diceva: "rompetegli i denti e tirategli fuori la lingua". Da lì in poi sono frazioni di secondo che fanno tutta la differenza possibile. Ho guardato mio padre, ci siamo capiti in un attimo: dovevamo fare qualcosa.
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Eravate preparati per un'eventualità simile?
Io lavoro come operatore in un centro rieducativo per disabili, mio padre è istruttore di judo, aveva una scuola a Lecce, la città da dove veniamo. Non siamo medici, non siamo neanche esperti di queste situazioni. Avevamo fatto i corsi di primo soccorso, ovviamente, ma tra il dire e il fare ce ne passa. Un conto è fare le manovre con il manichino, un'altra cosa è la realtà. Mi ricordo bene quando con mio padre stavamo vedendo gli Europei e davanti agli occhi scorrevano le immagini di Eriksen. "Vedi come si fa?" ci dicevamo. Chi ce l'avrebbe detto che poi sarebbe toccato a noi.
Scesi in campo abbiamo detto al guardalinee di chiamare l'ambulanza. Tiziano era rigido, i pugni serrati, con una manovra gli ho sbloccato la mascella mentre mio padre riusciva ad aprirgli la bocca, è servito l'aiuto di Marco Zimmaro, suo compagno di squadra e attaccante dell'Allumiere, per tirargli fuori la lingua. Così lo abbiamo salvato.
Immaginiamo l'emozione di quegli istanti. Poi cosa è successo?
Mio padre è crollato subito, è tornato a casa e ha iniziato a piangere. Mi diceva: "David, in quel momento lì quel ragazzo era mio figlio". Non so quanto siano durati veramente quei momenti, venti minuti oppure quaranta. L'ambulanza ha impegnato forse mezz'ora per arrivare, avevamo fatto richiesta, ci avevano dato la disponibilità ma giustamente ci hanno anche spiegato che in caso di emergenza Covid 19 dovevano partire e lasciare l'impianto. Capisco che garantire ovunque un presidio di primo soccorso sia difficile, ma qualcosa si può fare.
Infatti episodi simili devono agire come da molla per il cambiamento. Come si può aiutare la prevenzione nelle categorie minori?
Con i colleghi parlavamo di far mettere un caschetto di protezione ai portieri. Ma parliamoci chiaro: chi lo farebbe? Io tutti i portieri che conosco sono dei pazzi (ride, ndr), non lo indosserebbe nessuno. Però qualcosa si può fare nella formazione: in campo ci sarà sempre un arbitro, perché non rendere obbligatorio che anche lui sappia fare queste manovre? Stessa cosa per gli allenatori. Così vorrebbe dire avere tre persone sempre presenti capaci di poter intervenire. Ma serve agire subito. La Federazione, che in questi giorni ancora non si è fatta sentire, deve fare qualcosa. Per la Serie A fanno un decreto al giorno, per le serie minori bastano delle decisioni prese anni fa.
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