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L’insostenibile solitudine del St. Pauli e della sua tifoseria

Il mondo del St.Pauli si è spaccato. La causa? Il posizionamento di club e tifoseria locale sul conflitto in Medio Oriente tra Israele e Palestina. 

Le tifoserie del Celtic e del St.Pauli, per chi ama il calcio e i gradoni di una curva, per chi crede ancora nella funzione sociale ed aggregativa del calcio ed ha il cuore a sinistra, hanno rappresentato, almeno fino ad un mesetto fa, la bussola da seguire nella tempesta che ha travolto il calcio, facendolo naufragare e cambiandogli totalmente volto, in nome del profitto e della modernizzazione.

Due tifoserie che dal 7 ottobre scorso sono entrate irrimediabilmente in rotta di collisione. Motivo del contendere il loro posizionamento relativamente al conflitto arabo-israeliano.

Da una parte la tifoseria locale del club di Amburgo schierata senza se e senza ma al fianco di Israele, dall'altra la tifoseria scozzese - e diversi club europei di supporters del St.Pauli - vera e propria avanguardia del tifo organizzato pro-Palestina.

Uno scontro consumatosi a suon di striscioni e post social che ha inevitabilmente creato un effetto domino che ha coinvolto tante altre tifoserie. I "Bukaneros" del Rayo Vallecano, in questo senso, sono stati gli ultimi - in ordine temporale - ad aver preso posizione sul conflitto che sta letteralmente spazzando via la Palestina e lacerando il mondo del tifo.

Con uno striscione abbastanza chiaro, "till the last rebel" hanno deciso di schierarsi al fianco delle Green Brigadee a sostegno della Resistenza Palestinese, così come fatto in precedenza da buona parte della tifoseria del PSG, dell'Omonia, del Carl Zeiss Jena e di tante altre tifoserie. St.Pauli, da questo punto di vista, è sempre più isolata a livello internazionale, dopo una presa di posizione abbastanza scomposta ed altrettanto scorretta.

Due posizionamenti diametralmente opposti, figli della storia e delle relazioni che entrambe le tifoserie hanno costruito negli anni con l'Hapoel Tel-Aviv per quel che riguarda il St.Pauli e con diverse realtà attive nel sociale in Palestina per quel che riguarda le Green Brigade del Celtic.

Le Green Brigade e le loro bandiere della Palestina. Fonte Foto: Sanktpauli.fr

Due visioni di quel che sta accadendo in Palestina che riflettono quella che in questo momento è la contrapposizione - a livello mediatico e politico - tra chi sostiene il diritto alla difesa di Israele e chi quello alla resistenza ed esistenza della Palestina.

In Germania tutte le tifoserie, e in generale tutte le persone, hanno un evidente e grosso problema con la questione palestinese per quel "senso di colpa" che si portano dietro dalla seconda guerra mondiale in poi. A moltissime persone dovrà essere parsa una buona idea quella di "espiare" colpe non proprie, destinando una terra a chi - in quel momento - aveva perso tutto, anche se questo voleva dire commettere un altro grande torto nei confronti di milioni di persone. Un senso di colpa che si può capire e comprendere che, però, non dovrebbe spingere - quasi per contrappasso - a schierarsi a favore di chi in questo momento si sta macchiando di crimini indicibili contro l'umanità.

C'è una sostanziale differenza tra il "non schierarsi apertamente" perché oggettivamente in difficoltà (e ogni tanto non ci sarebbe nulla di male ad ammetterlo) o perché magari a casa tua potrebbero non comprendere fino in fondo una scelta di questo tipo e lo "schierarsi apertamente" rinnegando alcuni di quei valori che hanno reso celebre il St.Pauli in tutto il mondo.

Del resto per quanto encomiabile ed ammirabile l'impegno e l'attivismo sociale e politico della tifoseria del quartiere ribelle di Amburgo che negli anni l'ha portata a prendere posizione e ad esporsi in favore de migrantə, contro il fascismo, in favore di una reale transizione ecologica e ad avere anche un suo peso nazionale ed internazionale in determinate questioni strettamente connesse al riconoscimento dei diritti per la comunità LGBTQ+, resta pur sempre una tifoseria di una squadra di calcio -non un'organizzazione politica - che in quanto tale ha tutta la libertà e legittimità di questo mondo nel decidere se e come prendere parola su una qualsiasi questione.

Perché sostenere economicamente e moralmente la tifoseria dell'Hapoel Tel-Aviv, la più a sinistra dell'intera galassia del calcio israeliano, tra le cui fila ci sono alcune di quelle centinaia di migliaia di ebrei che lottano ogni giorno contro il governo e l'apartheid israeliana, e con cui si ha un gemellaggio storico è più che legittimo, comprensibile e soprattutto in linea con quell'idea di mondo che la tifoseria del St.Pauli ha dimostrato, negli anni, di sposare in pieno; tacciare di antisemitismo chi, come le Green Brigade, invece, dal canto loro con altrettanta legittimità e coerenza sostengono la resistenza del popolo palestinese e denunciano il genocidio messo in atto da Israele, è quanto mai scorretto ed in cattiva fede.

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Matthias Sindelar, il Mozart del pallone che si oppose ad Hitler - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Lo chiamavano il "Mozart del pallone" ma anche "il violinista" e "carta velina", tutti soprannomi che descrivevano benissimo il suo modo di essere e di giocare. Matthias Sindelar era un attaccante austriaco dal fisico esile, sembrava danzare con il pallone, finte ubriacanti e dribbling leggero. Aveva origini ebraiche ed era nato a Kozlov, il 10 febbraio 1903, figlio di operai.

Se è giusto ed intellettualmente onesto riconoscere e rispettare la forte connessione che lega il St.Pauli e l'Hapoel Tel-Aviv, che da anni portano avanti un'idea di mondo da cui nessuno vuol prendere le distanze oppure considerare il portato storico che travolge (non solo emotivamente) qualsiasi persona nata e/o cresciuta in Germania, dovrebbero essere riconosciuti - allo stesso modo - quei legami (e tutto ciò che ne deriva) che le Green Brigade - e non solo - hanno creato con tantissime realtà palestinesi, non ultima quell'Aida Celtic frutto proprio della straordinaria solidarietà e dell'incredibile attivismo del tifo organizzato del Celtic che ha permesso la nascita, nel lontano 2016, di una vera e propria academy nel campo profughi di Aida, nei territori occupati illegalmente dai Coloni israeliani in Cisgiordania. Un progetto che ha come obiettivo quello di aiutare - tramite lo sport e la cultura - bambinə del campo profughi, non di certo di allevare antisemitə o terroristə. Così come non si può fingere di non sapere che nello stesso anno (così come successivamente ed ancora oggi) parte del denaro raccolto sia stato devoluto a Medical Aid for Palestine, organizzazione benefica inglese che garantisce assistenza medica nei territori occupati e che oggi sta ricevendo donazioni da ogni persona che abbia ancora il buon senso di definirsi "essere umano". Insomma anche in questo caso un'organizzazione che tutto è tranne che antisemita o terrorista.

L'aver etichettato pubblicamente le Green Brigade, e chi come loro sostiene la resistenza palestinese, come antisemite rappresenta un errore di proporzioni bibliche che pone la tifoseria del St.Pauli in una posizione tutt'altro che invidiabile. Un passo falso di cui difficilmente le centinaia di migliaia di affezionatə del St.Pauli non terranno conto nel fare una valutazione più complessiva di quello che d'ora in avanti il tifo di St.Pauli e di conseguenza il club, rappresenterà.

Non è un caso che diversi fan club europei della galassia St.Pauli, come quello di Atene e di Bilbao, solo per citare alcuni dei più noti, abbiamo deciso di recidere ogni rapporto con il club tedesco, mettendo fine ad alcune tra le più belle e importanti esperienze di fan club a livello europeo. Il 10 ottobre scorso, infatti, diversi di questi - come quello di Liverpool, di Glasgow, di Creta, quello della Catalogna e di Belfast, avevano diffuso un appello comune alla pace chiedendo "alle due parti di mettere fine ai combattimenti e all'oppressione, a riprendere un dialogo per la pace e a trovare una soluzione duratura che garantisca la libertà e la coesistenza pacifica di Israele e della Palestina". Dichiarazione che aveva - giustamente - raccolto le critiche di altri fan club del St.Pauli che facevano notare come nel comunicato mancasse qualsiasi rimando alle enormi responsabilità di Israele in una situazione dove non si può in alcun modo mettere sullo stesso piano l'oppressione israeliana e la sacrosanta resistenza palestinese. Un appello che aveva trovato un'opposizione decisamente più dura - e per certi versi sconcertante - da parte del club di Amburgo che con diversi comunicati aveva richiamato letteralmente all'ordine i fan club non allineati con la posizione ufficiale: tutto il mondo ha visto le immagini e probabilmente ognuno si è fatto una propria opinione. Ma noi ci teniamo a precisare che minimizzare o legittimare gli attacchi terroristici di Hamas non è un'opinione ed è totalmente inaccettabile. Diversi club di supporters e le loro dichiarazioni sono molto controverse ed hanno già oltrepassato il limite. Noi continueremo a monitorare la situazione e a valutare se queste dichiarazioni siano conformi ai valori dei club ufficiali dei supporters del St.Pauli. Invitiamo tutti i nostri club di supporters a riflettere e se necessario a cancellare o modificare la loro affiliazione. I terroristi non sono delle vittime e il terrorismo non è una forma legittima di resistenza o di protesta". Linea evidentemente sposata a pieno da supporters locali che in diverse occasioni hanno esplicitato pubblicamente ed inequivocabilmente la loro posizione arrivando ad accusare di antisemitismo e di strizzare l'occhio al terrorismo la tifoseria scozzese del Celtic con l'oramai celebre striscione con su scritto "Da Glasgow a Gaza: combattere l'antisemitismo, liberare la Palestina da Hamas". Parole che hanno rappresentato il punto di non ritorno come testimonia il comunicato con cui il club di Bilbao ha annunciato il proprio scioglimento: se deve esserci una sola versione dei fatti ignorando la morte indiscriminata di migliaia di civili, l'apartheid, l'occupazione e la colonizzazione dei territori palestinesi, allora siamo arrivati alla conclusione che questo non è più il nostro posto".

Lo striscione del St. Pauli. Fonte Foto: Sportellate

E' chiaro, a questo punto, come sulla decisione dei diversi club di supporters abbia influito non tanto il sostegno, ripetiamo legittimo, che la tifoseria locale del St.Pauli sta offrendo ai propri fratelli e alle proprie sorelle di sempre, quanto piuttosto l'essersi resa complice della propaganda sionista e filo-occidentale secondo cui chiunque sostenga il diritto all'esistenza e alla resistenza del popolo palestinese sia automaticamente antisemita o filo-terrorismo. Un messaggio non solo evidentemente falso, come testimoniano alcune dichiarazioni dei club di supporters coinvolti che hanno esplicitamente detto che Hamas non è che il triste risultato delle politiche messe in campo in questi anni nei territori palestinesi e che loro sono al fianco del popolo palestinese quello che è nuovamente sotto attacco, bombardato anche con bombe al fosforo, ma anche e soprattutto pericoloso visto l'aria che si respira in Europa, dove si è arrivati a vietare e reprimere qualsivoglia manifestazione in favore della Palestina e dove anche il mostrare in pubblico la bandiera palestinese, oramai simbolo di libertà e resistenza, è paragonato ad un vero e proprio reato.

Di tutto questo la tifoseria del St.Pauli, in un certo qual modo, sta rendendo e dovrà rendere conto sia al suo interno che all'esterno, considerando le migliaia di persone che hanno sempre avuto loro come punto di riferimento. Perché seppur nella legittimità della propria sono troppi i passi falsi commessi e le scorrettezze messe sul piatto. Probabilmente nella difficoltà e nella consapevolezza della scivolosità dell'argomento si sarebbe potuto aprire un dibattito interno che restituisse all'esterno un pensiero condiviso quanto meno dalla stragrande maggioranza dei club di supporters e trovare formule meno nette e più rispettose delle migliaia di persone che stanno morendo sotto le bombe in Palestina per fare sentire la propria vicinanza alla comunità che ruota attorno all'Hapoel Tel-Aviv.

La lotta per la libertà e l'esistenza della Palestina, del resto, è una questione che - da sempre -coinvolge ed accomuna chi prova ad attivarsi politicamente e socialmente per cambiare il mondo da sinistra e il non aver detto una parola contro il genocidio in corso, non aver condannato i crimini di guerra di cui si sta macchiando il governo di Israele, ma aver addirittura puntato il dito contro chi sta provando nel suo piccolo a mettere pressione ai propri governanti per mettere fine a tutto questo, è il motivo per cui St.Pauli oggi è più sola che mai. 

In ricordo di Juliano
Il vero atleta italiano
 

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