Roberto Palpacelli, detto il "Palpa", è la più grande promessa non mantenuta del tennis italiano anni '80 e '90. Un campione mancato, che poteva diventare uno dei più forti al mondo, come confermato da chiunque lo abbia incrociato.
Un campione mancato, finito in un tunnel fatto di droga e alcol: la sua carriera da tennista pluricampione non è mai decollata.
Classe 1970, nato a Pescara, figlio di Giovanni Palpacelli, ala destra di serie C che ha vestito la maglia del Cosenza e del Pescara negli anni '50, il Palpa cresce in una famiglia della media borghesia e inizia a calcare i campi in terra rossa fin da giovanissimo.
La natura, oltre al talento per il tennis, l'ha fornito di un fisico compatto e veloce, e di un mancino naturale, combinazione da puro fuoriclasse.
Viene presto convocato in nazionale da Paolo Bertolucci e Adriano Panatta, quando un pomeriggio del 1985 dal telefono del centro tecnico del Coni parte una chiamata: «Adriano, sono Paolo, devi venire subito, qui c'è un under 16 che con gli altri non c'entra niente...devi vederlo».
Panatta, allora direttore tecnico della Federazione tennis, ne resta subito folgorato e lo convoca in azzurro
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Le spine della rosa: perchè la carriera non è decollata?
Ma la sua esperienza in Nazionale dura pochissimo perché Roberto non ama i ritiri e le regole ferree che un professionista deve accettare, e così chiama Panatta per dirgli: «in questo lager non ci voglio stare un giorno di più».
A 17 anni viene cacciato dalla Federazione e inserito nella lista degli indesiderabili dopo aver distrutto una camera d'albergo in Sicilia in preda all'alcol durante una trasferta per la Coppa Europea.
Il Palpa è così, un carattere segnato da un destino condito di eccessi, tra canne, eroina e birra, che gli hanno condizionato inesorabilmente la carriera. Una vita da rockstar tra droga, sesso e rock&roll, perchè il Palpa si voleva solo divertire.
Ma questo non va d'accordo col tennis professionistico, così a 26 finisce letteralmente in mezzo alla strada, e a 27 anni entra in comunità.
Ogni tanto qualche torneo, qualche soldo guadagnato con i premi, speso però come sempre in vizi.
Il Palpa e la leggenda
Al suo nome sono associate un'infinità di leggende metropolitane per un giocatore che ha un solo dato ufficiale: un punto Atp nel 1999.
«..Ha battuto tre volte Boris Becker in gare non ufficiali..»
«..A trent'anni, con la sigaretta in bocca, ha dato 6-1 6-1 a Volandri..»
«..Ha vinto una partita in serie B tenendo in mano una bottiglia di birra..»
Ma una storia è certa, anno 2012, Palpacelli ha 42 anni e si innamora dell'avventura sportiva del CT Mosciano, un piccolo circolo del Teramano che ha un sogno: portare il club dalla serie C alla serie A, e per farlo gli serve una stella: il Palpa.
E così si mette a giocare contro ragazzi di vent'anni più giovani, perdendo in due anni una sola partita, tra l'altro da mezzo infortunato.
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Lo spareggio per la promozione in A2
Allo spareggio per la promozione in A2 contro il Piacenza, Palpacelli sfida Adriano Albanesi, un trentenne in formissima. Quel giorno fa caldissimo, e dopo un'ora di lotta perde il primo set al tie-break. Sfinito si siede sulla panchina e tira fuori una sigaretta, e mentre fuma dal pubblico qualcuno gli grida di non mollare. Lui si gira offeso, gridando che tanto quel match lo avrebbe di sicuro vinto lui con un 6-1 6-1. Previsione quasi azzeccata, infatti vince il secondo e terzo set 6-1 6-2.
Dopo aver festeggiato innaffiando tutti con l'idrante se ne ritorna solitario verso lo spogliatoio, si siede da solo in un angolo su un gradino, sigaretta in mano e sguardo nel vuoto. Perché per il Palpa la gioia dura poco.
Di lì a poche settimane stacca il cellulare, e ormai stanco fa perdere le tracce di sé.
Il Palpa, il più grande talento inespresso del tennis mondiale
A più di trent'anni da quell'incontro Paolo Bertolucci conferma: «eravamo rimasti colpiti dal suo talento, ma già al raduno si vedeva che era un ribelle, capita così coi talenti, solo che non ne volle proprio sapere. Mi è dispiaciuto molto perché era un pezzo raro, stilisticamente era perfetto. Da lì, credo di averlo rivisto una volta sola, tanti anni dopo, sapevo che stava passando dei problemi. Eravamo a Verona, ai campionati italiani, mattina presto, al bar io presi un caffè, lui un Campari».
Il giornalista sportivo Rino Tommasi l'ha definito «il più grande talento inespresso del tennis mondiale», un titolo simile a quello del libro scritto da Palpacelli insieme al giornalista sportivo Federico Ferrero "Il Palpa – Il più forte di tutti" (Rizzoli, 2019), in cui si confessa, raccontando di quel destino che l'ha portato a essere un tossicodipendente invece di un grande tennista.
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Che fa oggi Il Palpa?
«Ho gettato una carriera, non la vita», dichiarò il Palpa.
Un carattere che ne ha segnato il destino, condito da qualche eccesso di troppo che gli ha condizionato inesorabilmente la carriera, perché a volte il talento non basta quando si è un tutt'uno tra genio e sregolatezza.
Oggi, all'età di 52 anni Roberto vive a Pescara con la compagna e il figlio, gioca ancora a tennis confrontandosi con ragazzi che hanno 30 anni di meno, e ancora adesso vince, con una semplicità disarmante, tra una boccata di sigaretta e un boccale di birra.
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