Quella a Salerno può essere considerata la sua ultima sfida, la più irreale ed improbabile. Walter Sabatini appartiene infatti alla vecchia scuola calcistica e dirigenziale, quella legata all'intuito, al fremito che scorre quando un determinato calciatore tocca il pallone, scevro dai tanti cari algoritmi dell'epoca contemporanea. Personaggio affascinante e mai banale, Walter ha saputo coniugare spesso fantasia e praticità.
Miglior scopritore di talenti in Italia, opinione personale ma senz'altro condivisibile, e appassionato in particolare di calcio sudamericano, Sabatini non si è mai trincerato dietro silenzi istituzionali, spiegando ogni singola mossa, ogni singola intuizione, ogni singola riflessione dietro le cinquanta sigarette fumate giornalmente. Un'esteta prima che un direttore sportivo, un critico d'arte prestato al calcio.Salerno oggi è forse la sua Itaca, il ritorno a casa, il ricongiungimento con quella provincia nel quale è più semplice fare calcio a suo modo. L'impresa si preannuncia ardua ma nessuna ha intenzione di gettare la spugna. Gli arrivi di Fazio e Perotti, il sogno Diego Costa svanito proprio sul più bello, danno l'idea di un Sabatini agguerrito, incapace di arrendersi all'evidenza del campo e ad una classifica fortemente deficitaria. L'ultima utopica impresa di Walter. Talento e nicotina. Per scrivere forse la sua pagina più bella.
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