Si intitola "Penso quindi gioco" la biografia di Andrea Pirlo, uno dei centrocampisti più forti della storia del calcio italiano. Ecco i suoi segreti.
Casa editrice: Mondadori
Prima edizione: aprile 2013
Numero di pagine: 140
Andrea Pirlo, nato a Brescia nel 1979, è da molti addetti ai lavori considerato il più forte regista di tutti i tempi, e se non il primo comunque tra i migliori.
Talento innato. Leader silenzioso. Pensiero rapido. Intelligenza autoritaria. Allenatore in campo. Maestro. Faro. Regia. Poesia. Calcio. Questo è l'Andrea Pirlo che tutti gli appassionati di calcio hanno ammirato nel corso della sua carriera, che hanno invidiato all'Italia, e che abbiamo l'opportunità di scoprire più da vicino leggendo la sua prima autobiografia, scritta grazie alla preziosa collaborazione del giornalista Alessandro Alciato.
C'è una credenza che continua ad aleggiare intorno a Pirlo, sebbene oggi sembri essersi parzialmente attenuata, ovvero che sia un timido, un taciturno, uno che parla raramente. Forse questa percezione è dovuta anche alla sua espressione facciale, che spesso e volentieri sembra essere sempre la medesima. Niente di più sbagliato di tutto ciò. Infatti, in questo libro Andrea ci vuol mostrare chi è veramente, ci vuol far vedere il suo lato da burlone e da amicone con la battuta sempre pronta, ma al tempo stesso anche quello di persona autoritaria, che sa imporsi anche senza alzare troppo la voce bensì con poche e semplici parole dette nel modo e al momento giusto.
In questo libro, insomma, Pirlo apre il proprio mondo al pubblico dei lettori appassionati di calcio, raccontandosi senza filtri e senza peli sulla lingua, ma sempre con classe ed equilibrio.
Senza entrare troppo nel dettaglio, per non rovinare il gusto della lettura del libro al futuro lettore, vado a presentarvi i principali temi affrontati dal centrocampista bresciano nel racconto della propria storia.
La biografia si apre con un'interessante prefazione di Cesare Prandelli, che nel 2013 rivestiva i panni di Commissario tecnico della Nazionale. In poco più di due pagine, il CT racchiude l'essenza dell'immaginario comune su Pirlo, e qui voglio riportarvi un piccolo estratto: «Andrea Pirlo appartiene a una categoria da proteggere: è il calciatore di tutti. Ogni stadio è il suo stadio, i tifosi lo guardano e vedono un campione trasversale, capace di portarli oltre il concetto di tifo per una sola squadra di club. Vedono l'Italia».
Dopo la prefazione, Andrea inizia a raccontarsi, partendo da un momento particolare della sua vita, ovvero il rifiuto al rinnovo con il Milan. Esatto, proprio dal momento in cui Andrea dice di no al "Signor Bic", ovvero Adriano Galliani. Pirlo gli attribuisce questo bizzarro soprannome perché, dopo dieci anni di Milan, Galliani lo ha salutato ricompensandolo con un semplice "grazie" e una penna, di Cartier e con lo stemma del Milan, ma pur sempre una banale penna.
Andrea, messo ai margini del progetto tecnico del Milan, decide di cambiare aria. La sua nuova tappa sarà la Juventus. Prima di parlare della sua nuova avventura (al momento dell'uscita di questo libro, Pirlo stava per terminare la sua seconda stagione in bianconero), Pirlo ripercorre tutte le tappe della sua incredibile carriera calcistica, che lo hanno portato ad essere considerato tra i più grandi di sempre.
Allegri racconta l'Allegriade - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
Le regole di Massimiliano Allegri, tecnico della Juventus, raccontate nella sua biografia, tra Cristiano Ronaldo e i "polli di allevamento".
Andrea inizia a tirare i primi calci al Flero, ovvero la squadra del suo paese natio, per poi passare alla Voluntas Brescia e successivamente al Brescia, dove iniziano le prime difficoltà. No, non sto parlando di difficoltà legate al rettangolo verde di gioco, lì Andrea se la cava bene, incredibilmente bene. È proprio la sua bravura con il pallone tra i piedi che gli provoca le prime invidie da parte dei propri compagni di squadra e dei loro rispettivi genitori. Fin dall'adolescenza, pertanto, Pirlo deve convivere con l'etichetta di predestinato, e non sempre è una cosa semplice, soprattutto quando sei soltanto un ragazzo senza esperienza alle spalle. Dalle parole, emerge chiaramente tutto il senso di rivalsa di Andrea contro tutti coloro che gli hanno remato contro durante quel periodo della sua vita, un po' come se volesse dire loro: «Avete visto dove sono arrivato? Io ce l'ho fatta! E voi?».
Pirlo continua l'autobiografia parlando della sua progressiva ascesa nel calcio dei professionisti con la maglia del Brescia, poi con quella dell'Inter che, peraltro, era la squadra per cui tifava fin da ragazzino. La parentesi con la società neroazzurra, tuttavia, non va così bene, e pertanto viene mandato alla Reggina, dove ha l'occasione di crescere nel calcio dei grandi. Successivamente, dopo un breve ritorno al passato con le maglie di Inter e Brescia, ecco che inizia la storia con quella del Milan, con la quale Andrea Pirlo diventerà l'Andrea Pirlo che noi tutti conosciamo.
Dieci anni di rossonero, dieci anni di vittorie e trofei alzati al cielo, ma anche di sconfitte, una delle quali pesantissima. Sì, Andrea si riferisce proprio a quel Milan-Liverpool del 2005 in finale di Champions League ad Istanbul, dove all'intervallo i rossoneri si trovavano avanti di tre reti, ma poi sono stati raggiunti sul 3-3 nel secondo tempo, ed infine sono stati sconfitti alla lotteria dei calci di rigore. Una batosta senza precedenti, che ha provocato ad Andrea un senso di vuoto incolmabile, e che anche al momento dell'uscita del libro nel 2013 ricorda con grande amarezza.
In quei dieci anni, Andrea ha raggiunto vette altissime, a tal punto da suscitare l'interesse dei club più grandi del mondo, tra tutti il Barcellona, il Real Madrid ed anche il Chelsea. Senza peli sulla lingua, Andrea dice che in cuor suo aveva accettato quelle proposte, ma per motivi estranei a lui non sono mai giunte in porto. Il calciatore bresciano non nasconde, perciò, che qualche rimpianto nella sua carriera c'è.
Pasolini e Bertolucci, dal set cinematografico al campo da calcio - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
Parma, 1975. Da una parte c'è Pier Paolo Pasolini, dall'altra Bernardo Bertolucci. Due registi uniti dal cinema, ovviamente, dall'amicizia e infine anche dal calcio.
Nel libro, poi, Andrea parla di molti episodi della sua vita fuori dal campo, in particolare dell'amicizia speciale con Alessandro Nesta, degli scherzi a Gattuso, degli aneddoti legati alla Nazionale e soprattutto al Mondiale del 2006, degli allenatori e dei presidenti che ha incrociato nell'arco della sua carriera.
Il libro, come ho detto in precedenza, è uscito nell'aprile del 2013, ovvero quando Andrea stava per concludere il suo secondo anno alla Juventus. La sua avventura in bianconero sarebbe durata fino al 2015, anno in cui sfiorò il triplete perdendo la finale di Champions League contro il Barcellona, proprio all'Olympiastadion di Berlino dove nove anni prima aveva vinto il mondiale con l'Italia. Concluderà la sua carriera il 6 novembre 2017, disputando le sue ultime stagioni oltreoceano con la maglia del New York City.
C'è infine un ultimo e curioso aneddoto legato al libro. Per certi versi è un po' come se Pirlo nel 2013 abbia sbagliato la predizione del proprio futuro. All'inizio del capitolo 9, infatti, utilizza queste parole: «Non punterei nemmeno un centesimo su un mio futuro da allenatore. È un lavoro che non mi entusiasma, prevede troppi pensieri e uno stile di vita esageratamente simile a quello dei calciatori. Ho già dato. Rivoglio indietro, almeno in parte, una parvenza di vita privata». Ad oggi Pirlo, invece, è un allenatore, contrariamente a ciò che lui pensava di sé stesso quasi dieci anni fa. Dopo la sua prima esperienza sulla panchina della Juventus, durata solo un anno (stagione 2020-2021) ma comunque condita da una qualificazione in Champions League e dalla vittoria di due trofei (la Supercoppa Italia e la Coppa Italia), Pirlo ha deciso di ripartire dal Karagumruk, squadra della Super Lig turca di cui al momento è allenatore.
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